Sette giorni dopo stavamo già guardando qualche casa dove poterci trasferire, più o meno vicina all'università dove avrei studiato e alla biblioteca in cui Alison avrebbe lavorato. Studiare non faceva per lei e poi stare tra i libri vecchi e usati le piaceva tanto.
«Questa è carina. Ha quasi tutto, mancano solo alcuni elettrodomestici, ma possiamo anche comprarli dopo, che dici?» le dissi guardando una rivista di un'agenzia immobiliare. Ci diede un'occhiata, poi sorrise.
«Non ci credo ancora che lo stiamo facendo davvero.» mi disse e fui felice che ne fosse contenta.
«Nemmeno io. È un sogno che si avvera. Il nostro sogno.» le dissi per poi baciarla sulla guancia.
«Già... comunque questa è perfetta per noi.» mi disse, guardandola ancora.
«Chiamo l'agente immobiliare allora così andiamo a farci una visita e vediamo se anche dal vivo è così bella.» le dissi e presi in mano il telefono per contattarlo.
Dopo qualche minuto avevamo un appuntamento proprio per quella sera.Era come aveva detto lei: non ci credevo che stessimo veramente facendo quel passo insieme. Ed il bello era che non avevo alcun tipo di risentimento. Volevo farlo, con lei. Per il semplice fatto che vedevo un futuro per noi. Non lo avevo mai visto in vita mia e sapevo che quando lo si percepisce da una persona, quella persona, è quella giusta.
Nel pomeriggio andai a casa dopo aver lavorato per una delle ultime volte al negozio di mio zio, dove stavo già insegnando a Moira il lavoro del bibliotecario. Un'umile e faticoso impiego che richiedeva precisione, ordine, memoria e metodicità, tutte caratteristiche che avevo sempre avuto.
Lei mi aveva sorpreso perché sotto quella strana aura a cui l'avevo sempre vista, si nascondeva una donna intelligente e sveglia, che imparava in fretta e sembrava davvero voler mantenere la parola di cambiare in meglio per sua figlia, ma anche per se stessa.
Infondo sua figlia era Alison, non poteva essere da meno, proprio l'albero da cui è caduto quel frutto stupendo, ovvero la mia ragazza.Nella mia stanza iniziai a raccogliere le mie cose e chiuderle in alcuni scatoloni, rigorosamente contrassegnati da un adesivo con il contenuto scritto, in modo da non diventare matto una volta riaperti.
Man mano che mettevo via le cose mi convincevo sempre di più che fosse la cosa giusta da fare e che con una come Alison al mio fianco non mi sarei mai pentito.Senza accorgermene si fecero le cinque e mezza e in meno di trenta minuti avrei dovuto essere a casa di Alison per andare a prenderla in modo da essere puntuali all'appuntamento con il signor Haley, l'agente immobiliare.
Era stato molto cordiale al telefono e non appena fummo davanti alla casa per illustrarcela, non perse occasione per presentarsi anche alla mia ragazza.
«Buonasera, sono John Haley, oggi vi mostrerò questa casa per vedere cosa ne pensate, per la parte burocratica ci penseremo quando avrò una risposta, va bene?» disse cordiale ed educato.
Annuimmo entrambi e poi entrammo dentro una delle casette a schiera su due piani che era in vendita.
Si apriva in un ingresso discreto, né troppo grande né troppo piccolo. Aveva un piccolo armadio dove riporre giacche e scarpe, poi attraverso un corridoio si accedeva al salotto con un divano color crema e una tivù di medie dimensioni, c'erano molte finestre, la cucina era luminosa e sufficiente per quello che l'avremmo usata, poi da una rampa di scale si arrivava al piano di sopra che aveva uno studio, una camera da letto e un bagno. Inoltre dalla nostra stanza si usciva su un balcone attraverso una porta finestra a scorrimento da cui si poteva vedere tutta la città.Alison si era stupita di ogni stanza, aveva provato il letto, il divano e tutto e sembrava contentissima.
Anche a me piaceva parecchio e poi il prezzo era abbastanza moderato per una casa di quelle dimensioni in una bella zona come quella.
Non restava che firmare i documenti e sarebbe stata nostra, già da quella sera.
«Sei sicura?» le chiesi quando John ci lasciò del tempo da soli per discuterne.
«Me lo hai chiesto quando abbiamo fatto l'amore. E io ti ho detto che volevo che tu fossi la mia prima volta. Beh, ora voglio che tu sia il primo con cui vivrò. Il primo con cui litigherò per il fondo di caffè nella caffettiera. Il primo che aspetterò tutti i giorni che ritorni dall'università. Quindi si, sono sicura, e tu?» mi disse, sorridendo.
«Certo che lo sono. Allora firmiamo?» le chiesi per l'ultima volta.
«Firmiamo.» disse decisa mentre mi stringeva la mano.E così la piccola casetta fu nostra. Non restava altro che trasferirvici e iniziare la nostra vita insieme lì.
Sinceramente? Non vedevo l'ora!Alice Stok
🔸🔸🔸
STAI LEGGENDO
La curva del sorriso
RomanceUna stupida lettera. Lei aveva già deciso tutto. Se solo io avessi saputo per quale assurdo motivo lei lo voleva fare, l'avrei fermata. Da quando se n'era andata, tutto aveva perso senso. Tutto era vuoto e silenzioso. Era semplicemente andata a mori...