11. Assenza e schiaffi

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Da quel giorno era passata ormai una settimana e di Alison non avevo avuto molte notizie. Quando ero andato a trovarla non mi aveva aperto e incontrando sua madre nel pianerottolo mi aveva detto che forse dormiva. Era strano che dopo che le avessi quasi confessato i miei sentimenti fosse sparita. Forse avevo sbagliato a dirglielo.
Però era ancora più strano il fatto che non mi rispondesse al telefono. Né ai messaggi né alle chiamate. Così avevo deciso di lasciarle un po' di spazio, per riprendersi dalla malattia e per... riflettere? Non lo sapevo nemmeno io.

Fatto peggiore che si univa a questa assenza temporanea della pazzia di Alison nella mia vita, era mio zio. Non riuscivo più a guardarlo in faccia e ogni volta che tentava di parlarmi gli rispondevo male e gli intimavo di non disturbarmi. Non poteva sapere perché ce l'avessi con lui.
Ma non l'avrebbe passata liscia in ogni caso.
Quel giorno in fatti a cena c'era la sua fidanzata Ginevra e sarebbe stato un ottimo momento per intavolare un bel discorso.
«Ma tu sapevi che il mio ragazzo qui ha una fanciulla?» disse Phil dandomi una pacca sulla spalla a cui dovetti rispondere con un sorriso tirato.
«Veramente? Sono felice per te tesoro! E come si chiama la fortunata? Dovresti portarla qui un giorno così vedrei quanto è bella...» esclamò Ginevra entusiasta come al solito mentre avrei solo voluto spaccare qualcosa in quel momento.
«Si è davvero molto bella. E si chiama Alison. È bionda, ha gli occhi castani, un piercing al naso e un sorriso stupendo. È bella da morire. Però non ha una famiglia molto unita. Ha solo la madre, Moira, che non le da più di tante attenzioni a dir la verità.» in quel momento spostai lo sguardo su Phil che al nome Moira sembrò irrigidirsi.
«Povera ragazza, ma se la invitassi qui avrebbe di sicuro compagnia no?» mi disse Ginevra che purtroppo non aveva capito la mia provocazione.
«No. Cioè... volevo dire che è ancora presto. Insomma si conoscono da poco, lascia loro il tempo di... frequentarsi.» disse lui, arrampicandosi palesemente sugli specchi.
«Perché, zio? Mi hai detto tu di volerla conoscere, proprio la mattina in cui ti ho parlato di Alison. Hai cambiato idea? O è per un'altra ragione con un nome ben preciso? E...»
«Ora basta, Nathan! Scusa amore devo parlargli un momento in privato, vieni, figliolo.» disse rivolto alla sua compagna che forse aveva percepito la tensione tra di noi.
Una volta da soli in camera mia sfoderai le armi.
«Vuoi forse spiegarmi di...» non feci in tempo a finire la frase che mi colpì la faccia con uno schiaffo. Girai la testa dall'altra parte e sentii la guancia formicolare, ma mi trattenni dal restituirgli il colpo.
«È stato molto tempo fa, okay? E si, sono andato a letto con Moira per un periodo, ma non ho fatto nulla a sua figlia, quindi non vedo il motivo per cui tu debba essere arrabbiato con me, Nathan.» mi disse a bassa voce, ma dura.
«Non direi. Eri ubriaco! Non te lo ricordi ma lei si! L'avete sbattuta fuori dalla stanza e lei ha dovuto sentirvi orgasmare per tutta la notte! È un ottimo motivo per essere incazzato con te!» esclamai cercando di non urlare. A quel punto volò un altro schiaffo. Che fu seguito però da un mio pugno. Dritto sul naso. E successivamente da un urlo di Ginevra che aveva visto quasi tutta la discussione.
Lo aiutò ad alzarsi e gli portò del ghiaccio in modo che smettesse di sanguinare.
«Ma ti pare? Alzare le mani su tuo zio! Non ti hanno insegnato a usare le parole e non la violenza?!» mi sgridò lei mentre lo aiutava a premere il freddo sul naso di Phil.
«Tesoro lascia stare. Me lo sono meritato.» disse lui, guardandomi negli occhi.
«Già.» dissi soltanto, poi mi voltai e me ne andai fuori di casa.

Presi il cellulare e impostai una canzone con le cuffiette al massimo. Don't stop me now dei Queen. Poi iniziai a correre e sapevo benissimo dove stavo andando: da Alison.
L'unica che potesse farmi passare la rabbia con un solo sorriso.

Alice Stok
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La curva del sorrisoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora