La prima tappa del nostro viaggio era l'ospedale in cui lei doveva ritirare i risultati del test di paternità che aveva fatto tempo prima.
«Vado a ritirare i documenti, puoi aspettarmi qua se vuoi.» mi disse e io annuii.
Passai il corridoio d'entrata per raggiungere la sala d'attesa e mentre camminavo, vidi una stanza con una grande porta finestra trasparente. Dentro c'era un letto e una ragazza con dei capelli rossi e lunghi era distesa sopra, mentre dormiva, attaccata a una serie di cavi e flebo.
Era Eloise! Dopo che ero andato via dall'ospedale non l'avevo più sentita e mi sentivo in colpa per non averla mai ringraziata per essermi stata vicino.
Chiesi se potessi entrare e mi diedero il permesso dopo che ebbi insistito da vero rompi scatole.
Mi sedetti sulla sedia vicino al suo letto e la osservai. Era pallida e provata dalla malattia. Le sue numerose lentiggini erano sbiadite e due occhiaie viola la facevano sembrare ancora più malata.
Dopo qualche minuto in cui la guardai dormire, aprì gli occhi molto piano e sorrise.
«Nathan... che ci fai qui?» mi chiese con la voce rauca. Sembrava tanto stanca.
«Sono venuto a trovarti. Ero qui di passaggio con la mia ragazza e ti ho visto. Devo ricambiare il favore dato che mi sei stata vicina sempre. Come te la passi? I farmaci fanno effetto?» le risposi, sorridendo a mia volta.
«Alison? Come mai? Sta male?» mi chiese subito preoccupata.
«No, no, ha fatto dei test di paternità perché vuole trovare suo padre e siamo venuti a prenderli.» la rassicurai e lei si tranquillizzò.
«Ah bene. Posso conoscerla? Me ne hai parlato tanto e vorrei vederla almeno una volta...» mi disse con un tono strano, sembrava rassegnata.
«Certo che puoi. Ma perché dici almeno una volta? Le cure non funzionano?» a quel punto ero io preoccupato.
«Nathan, non pensare a me, io starò bene. Voglio solo dare un volto alla ragazza dei tuoi racconti, tutto qua.» mi disse, facendo un debole sorriso. Poi mi accorsi che era affannata e aveva parlato per meno di cinque minuti.
«Va bene, ti credo. Però... posso farti una domanda?» le chiesi.
«Spara.» rispose mentre tirava su la testiera del letto con il telecomando.
«Se tu stessi per morire... me lo diresti?» la guardavo negli occhi per capire se dicesse la verità.
«Certo, ma non temere, starò tra i vivi ancora per molto. Davvero, stai tranquillo. Se succede qualcosa ti chiamo.» mi disse, appoggiando la mano sulla mia.
«Promettilo.» le dissi porgendole il mignolo.
«Lo prometto.» sorride debolmente e io cercai di farmi andare bene la sua risposta.
Poi sentii bussare alla porta finestra e mi girai, c'era Alison con delle carte in mano che mi chiamava.
Allora ne approfittai per farla entrare e presentarla ad Eloise.
«Questa è la ragazza che mi ha salvato. E questa è la ragazza che amo. Alison, Eloise voleva conoscerti.» le dissi sorridendo e lei si illuminò.
«Piacere di conoscerti. Ti sono davvero grata per quello che hai fatto per Nathan.» le disse, prendendole la mano.
«Figurati, non ho fatto niente. Piuttosto sono io contenta di vederti finalmente. Il tuo ragazzo mi ha parlato tanto di te. Pensa che ha addirittura pianto davanti a me! Sembrava una femminuccia!» scherzò lei facendoci ridere entrambi.
«Davvero? Pensavo che fossi uno duro, Nathan! Invece mi dovrò ricredere!» mi prese in girò Alison. Continuai a ridere, mentre la mia ragazza mi stringeva un braccio al collo affettuosamente.
«Lui è un duro, con il cuore morbido. È un combattente e non si è arreso alla luce che ha visto. È tornato indietro solo per te, Alison. Lui ti ama e ti conviene tenertelo ben stretto, perché è un ragazzo d'oro. Vi auguro un lungo futuro insieme, davvero. Però ora sono stanca e credo che l'infermiera vi sbatterà fuori a calci se non ve ne andate subito.» ci disse e strinse la mia mano più forte che poté e fece lo stesso con Alison.
Poi dovemmo uscire dalla stranza, ma Eloise trattenne la mia ragazza ancora per un attimo.
Le vidi parlare, la rossa aveva le lacrime agli occhi e vidi solo Alison asciugarsi il viso di sfuggita.
Forse avevo capito quello che le aveva detto, ma volevo pensare solo che l'avrei rivista un'altra volta, dopo che fossi tornato dalla ricerca del padre di Ali.«Andiamo?» le chiesi quando uscì, senza chiederle cosa le aveva detto la mia amica.
«Sì, andiamo.» disse, sforzando un sorriso e poi uscimmo dall'ospedale.Da quel momento iniziai a pregare per Eloise. Doveva restare anche lei e non cedere alla luce. Doveva farlo per me.
Alice Stok
🔸🔸🔸
STAI LEGGENDO
La curva del sorriso
RomantizmUna stupida lettera. Lei aveva già deciso tutto. Se solo io avessi saputo per quale assurdo motivo lei lo voleva fare, l'avrei fermata. Da quando se n'era andata, tutto aveva perso senso. Tutto era vuoto e silenzioso. Era semplicemente andata a mori...