Quando ormai si erano fatte le otto di sera, dopo aver cenato insieme a mia madre, eravamo dovuti tornare a casa. Era stata una giornata estremamente pesante, ma l'avevamo superata e tutti i nodi al pettine si erano sciolti.
Così eravamo in viaggio e stavamo ascoltando delle canzoni tranquille nella mia macchina.
Poi ad un tratto prese il mio cellulare e cambiò musica.
Mise Bohemian Rapsody dei Queen e iniziò a cantarla ridendo alla mia faccia confusa.
«È stata una giornata così strana che concluderla con questo pezzo altrettanto fuori dal normale, è perfetto! Dai, canta con me... Mama! Just killed a man... put a gun against his head... pulled my trigger, now he's dead... Mama!» intonò la canzone e io la seguii con le parole che sapevo ormai a memoria.
La adoravo, era la mia preferita dei Queen e quella più ricca di significato secondo me.
Era veramente un peccato che fosse un peccato che una leggenda come Freddie Mercury avesse lasciato il mondo dei vivi così presto.
Lo ammiravo talmente tanto che, nel giorno in cui era morto, ascoltavo tutto il tempo le loro canzoni a ripetizione, sperando che dal paradiso dove si trovava sicuramente, fosse orgoglioso di me.Una volta arrivati, Alison mi invitò a dormire da lei e accettai.
Ci distendemmo sul letto ancora vestiti, perché nessuno dei due, a quanto pareva, aveva voglia di cambiarsi.
«Posso chiederti una cosa?» iniziai, rompendo il pacifico silenzio.
«Dimmi.» disse senza muoversi dalla sua posizione.
Era distesa con la testa sul mio petto ed entrambi fissavamo il vuoto.
Dalla finestra entrava la luce della luna, mista a quella dei lampioni sulla strada.
«Verresti a vivere con me?» sparai la domanda, non con poca difficoltà.
Non era una cosa semplice da chiedere all'età che avevamo.
Però ero tenace e ci volevo provare.
«Con tuo zio intendi?» mi chiese confusa.
«No... solo con me. Nel senso che compriamo una casa insieme e ci andiamo a vivere. Che ne dici? Non devi rispondermi ora, puoi pensarci e soprattutto non sei obbligata a farlo solo per me.» le spiegai.
«Non ci devo pensare: la mia risposta è sì. E sono davvero contenta che tu me l'abbia chiesto.» disse lei, sollevandosi sui gomiti e guardandomi in faccia.
Le sorrisi, ma in quel momento i suoi occhi si fecero più intensi. Voleva qualcosa da me. E io lo volevo da lei.Iniziò a baciarmi, prima piano, poi con più passione. Con le mani cercai di sfilarle la maglietta e me lo lasciò fare, rivelando un bel reggiseno bianco di pizzo che conteneva il suo seno perfetto.
Arrossì notando che la stavo guardando intensamente, poi fu lei a sfilarmi la maglia.
Tracciò il contorno dei miei muscoli con le sue ditine inesperte, dandomi un brivido che partiva dal punto che per primo si accendeva di desiderio in situazioni del genere.
Capovolsi poi la situazione, finendo sopra di lei.
Con lo sguardo le domandai se potevo sfilarle la gonna. Acconsentì mordendosi il labbro.
La guardai di nuovo e lei annuì ancora.
Tornai a guardarla mentre mi slacciavo i pantaloni con una mano sola.
«Sei sicura?» le chiesi.
«Sì. Voglio che tu sia la mia prima volta.» rispose decisa. La baciai.
«Ti amo.» sussurrai sulle sue labbra.
«Ti amo.» bisbigliò.Non fu la prima, ma la volta più bella della mia vita.
Alice Stok
🔸🔸🔸
STAI LEGGENDO
La curva del sorriso
RomansaUna stupida lettera. Lei aveva già deciso tutto. Se solo io avessi saputo per quale assurdo motivo lei lo voleva fare, l'avrei fermata. Da quando se n'era andata, tutto aveva perso senso. Tutto era vuoto e silenzioso. Era semplicemente andata a mori...