13. E chi lo ha detto?

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Mi svegliai nella stessa posizione in cui mi ero addormentato, ma Alison non c'era. Sentii subito rumori venire dalla cucina e mi venne da sorridere. Chissà cosa combina.... pensai mentre mi alzavo.
Entrai in cucina e trovai la ragazza di cui ero follemente innamorato che tentava di preparare la colazione. Sul fuoco si stava quasi bruciando una crěpe, la caffettiera borbottava e lei era imbrattata dalla testa ai piedi di farina e vari ingredienti. Scoppiai a ridere e il contenitore di zucchero a velo che aveva in mano cadde sul bancone della cucina facendo un dolce polverone.
«Nathan! Sei pazzo! Ora mi tocca pulire tutti questo casin...» prima che potesse arrabbiarsi la sorpresi con un bacio, appena la nube si dissolse. Lei ricambiò senza esitare e poi mi diede uno schiaffo sul petto per "dimostrarmi" che era ancora arrabbiata. Ma non ci riuscì perché scoppiò a ridere anche lei e per qualche secondo memorizzai quel suono melodioso nella mia mente.
«Buongiorno anche a te comunque!» le dissi ridacchiando. Lei fece una smorfia, ma poi si accorse che la padella stava andando a fuoco e urlò:
«Merda!» cercando un modo per prendere la padella, ma sembrava essere confusa su come fare. Così afferrai una manopola per sicurezza e la misi sotto l'acqua fredda, senza troppa grazia, provocando un sacco di fumo. Mi affrettai anche ad aprire la finestra in modo che uscisse la nube scura e che non scattasse l'allarme per nulla.
Poi mi girai verso Alison come per dirle che era tutto sotto controllo, ma sembrava ancora in trance. Esattamente come era rimasta qualche secondo prima.
«Ehi, è tutto apposto, stai bene?» le chiesi appoggiandole le mani sulle spalle e tentando di risvegliarla.
«S-sì... sc-scusa mi capita ogni tanto di rimanere così... quando sono nel panico. E la colazione? I-io volevo farti una sorpresa e... ho rovinato tutto e...»
«Stai tranquilla, non ti scusare. Ora ti aiuto io, okay? No, non piangere, Ali, è tutto apposto...» le dissi mentre la stringevo a me e lei si rifugiava tra le mie braccia. Non capivo questa reazione alquanto insolita, ma forse si le dispiaceva veramente per aver bruciato la crêpe e lei era semplicemente troppo emotiva.
«Okay...» mi rispose quando aveva quasi smessi di piangere. La guardai negli occhi e le sorrisi. Tirò su col nasi e lo fece anche lei.

Mezz'ora dopo eravamo riusciti a cucinare abbastanza crêpes per tutti e due e le stavamo mangiando accompagnate da cioccolato fuso e fragole, come mia aveva insegnato a fare mia madre. Riguardo ad Alison sembrava fosse tornata in sé e che avesse riacquistato vita.
Quando finimmo di mangiare decidemmo di guardare un film, dato che lei non aveva voglia di uscire, nonostante ci fosse una gionata stupenda.
Guardammo un classico dei migliori musical degli anni settanta e ottanta, ovvero Grase. Mi disse che era il suo secondo film preferito perché il primo era Dirty Dancing e che era stato parte della sua infanzia. Lo guardava a ripetizione tutti i weekend con la sua migliore amica Kira. Non la vedeva da anni e avrebbe voluto tanto farlo un giorno. Almeno per farle sapere che era viva e che aveva trovato sua madre. Nei primi anni da quando si erano separate si erano scritte delle email con i loro vecchi computer, ma poi Alison non riuscì più a inviarle dato che le risultava un indirizzo mail non valido. Insomma si erano perse, ma a lei mancava tanto la sua compagna. Era una dei pochi amici che avesse lì, oltre a lei c'erano anche Jason e Isaaq. Nemmeno di loro aveva più saputo nulla.
Magari avrei potuto aiutarla a ricongiungersi con i suoi amici e farle questo regalo, così sarebbe stata contenta.

Dopo quel film ne guardammo un altro che era uno di fantascienza, ovvero Avatar che era anche uno dei miei preferiti e mi ricordava quando stavo a casa con i miei. Potevo sentire l'odore di pop corn dolci, il rumore che faceva il vecchio lettore DVD che mi aveva regalato mio papà per il mio decimo compleanno, ma soprattutto per quale motivo guardavo quel film a nastro: i litigi tra i miei genitori. Erano insopportabili, partivano da una cavolata e arrivavano rinfacciare il passato. Avatar mi aiutava semplicemente a uscire dalla realtà e andare in quel mondo di creature blu che erano sempre unite e di certo non litigavano per cose come chi avesse dovuto portare fuori la spazzatura quel giorno.
Per quello me ne sono andato in un'altra città con mio zio Phil. Per avere pace e nulla di più.

Intanto tra un film e l'altro, un magnifico pranzo preparato da me in persona, si erano fatte le tre del pomeriggio. Senza che ce ne accorgessimo aveva iniziato a piovere.
«Oddio sta diluviando!» esclamò Alison con un grande sorriso dei suoi sul viso.
«E quindi? Non possiamo uscire con questo tempo...» replicai non capendo dove volesse arrivare.
«E chi lo ha detto? Vieni, andiamo!» esclamò prendendomi per il braccio e costringendomi a seguirla.
Sì, era decisamente tornata la mia Alison.

Alice Stok
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La curva del sorrisoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora