Capitolo 10

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Lunedì, mancavano poche settimane al saggio invernale ed ero certa che sarebbero state le settimane più dure mai viste prima, avremmo fatto prove su prove e gli insegnanti avrebbero messo sicuramente a dura prova i nostri nervi apparentemente ben saldi. Dopo aver salutato mio padre con un bacio sulla guancia e avergli augurato una buona giornata esco di casa e mi dirigo alla fermata dell'autobus che mi avrebbe portato poi in accademia. Erano già una ventina di minuti che aspettavo, e dell'autobus non si vedeva neanche l'ombra. Sbuffo sonoramente consapevole che avrei fatto di nuovo tardi, continuavo ad aspettare ascoltando la musica che mi teneva compagnia, vedo una macchina nera fermarsi e poi abbassare il finestrino, era Niccolò. Mi diceva qualcosa ma avendo gli auricolari non avevo assolutamente sentito nulla

-Che hai detto?- gli chiedo togliendo un auricolare

-Passaggio, prendere e arrivare in orario o lasciare e arrivare tardi- dice velocemente, senza rispondere mi avvicino alla sua macchina e sento il rumore della sicura che viene tolta, apro lo sportello e lo guardo prima di salire in auto pensando che sicuramente avrebbe fatto una strada diversa che non avrebbe portato nessuno dei due alle nostre lezioni-se te lo stai chiedendo si, ci andremo in accademia-

-Moriconi con te non si sa mai- dico e poi entro in auto sbattendo la portiera involontariamente

-No ma, distruggimi la macchina, fai pure!- dice sarcastico, guarda dallo specchietto se sopraggiungono altre macchine e quando vede che non arrivava nessuno parte. Il tragitto fu abbastanza silenzioso, riecheggiava solamente la musica a basso volume, guardo l'ora sul cellulare e con mia sorpresa eravamo in largo anticipo poiché erano le 8:15 e le lezioni non sarebbero iniziate prima della 9:00

-Ci fermiamo per fare colazione?- chiedo spezzando il silenzio, lui non rispose e guida per un altro po' prima di fermarsi in un bar. Continuavamo nel nostro silenzio, le uniche parole di Niccolò sono quelle dette al cameriere per prendere la sua ordinazione, così come le mie, lo guardo alzando un sopracciglio mentre osserva distrattamente il cellulare

-Che vuoi Azzurra?- mi chiede non appena si accorge che lo guardavo

-Hai intenzione di restare in silenzio?- gli chiedo, lui in risposta sbuffa e riporta il suo sguardo sul cellulare ignorandomi - sei proprio un gentiluomo- commento ironica e lo vedo fare un risolino, il cameriere porta le nostre ordinazioni e facciamo colazione sempre in silenzio.

Dopo una lunga battaglia su chi dovesse pagare alla fine Niccolò ebbe la meglio, usciamo dal bar e camminiamo dove era parcheggiata l'auto. Era una bella giornata di sole e per essere dicembre si stava bene, stranamente la mia voglia di andare in accademia non era molta, un po' un controsenso visto che poco prima di salire in macchina di Niccolò c'erano tutte le buone intenzioni ma a quanto pare neanche lui aveva così tanta voglia di seguire le lezioni, prendo il cellulare che avevo in tasca per scrivere un messaggio a Maria

Oggi non verrò alle lezioni, ti spiego più tardi

Invio il messaggio e metto il telefono in borsa, guardo Niccolò camminare affianco a me con le mani in tasca, nonostante gli occhiali potevo vedere la sua espressione rilassata

-Hai intenzione di continuare a fissarmi per tutto il tempo?- chiede sorridendo

-No, ma ho una proposta da farti- eravamo arrivati alla macchina, Niccolò preme un pulsante sulla chiave per aprirla e prima di salire mi guarda aspettando che continuassi - poiché mi devi ancora un favore, che ne dici di saltare le lezioni?- inizialmente mi guarda contrariato ma subito sul suo volto compare un sorriso enorme mostrando le sue adorabili fossette

-Andiamo- dice aprendo la portiera e io faccio lo stesso - non sbatterla- dice non appena sto per chiudere la porta, faccio il più piano possibile ma riesco a chiuderla delicatamente con grande successo. Ero felice di essere riuscita nel mio intento, avrei avuto modo di parlare con lui e provare a capire cosa gli stesse succedendo, e soprattutto provare a capire cosa stava succedendo a me. Eravamo in macchina da una mezz'ora circa a causa del traffico che si era venuto a formare, piego la gamba poggiandola sul sediolino, era la mia posizione più comoda quando mi ritrovavo in macchina per più tempo

-Abbassa quella gamba, subito- dice tenendo gli occhi incollati alla strada

-Mi scusi principessa ma no, sono più comoda così- rispondo con tono divertito

-Azzù so serio, abbassa quella gamba- voleva sembrare serio ma il tono scherzoso prese il sopravvento

-Dove stiamo andando?- gli chiedo ignorando le sue proteste riguardo il fatto che dovessi abbassare la gamba

-In un posto- mi risponde secco -te lo ripeto per l'ultima volta togli la gamba da li- mettendo così fine alla conversazione. Sbuffo sonoramente e decido di dargli ascolto, di certo non avrei voluto un Niccolò isterico dare di matto perché avevo sporcato la sua amata macchina.

Ci trovavamo davanti ad un edificio, a giudicare dall'esterno era molto trasandato, Niccolò mi fece cenno di seguirlo e io abbastanza intimidita lo seguivo. L'interno era messo leggermente meglio ma nonostante questo i muri grigi lo rendevano un posto abbastanza triste, scendiamo delle scale che portavano al piano inferiore e subito inizio a pensare che Niccolò mi avrebbe lasciata li e sarebbe scappato, si ferma di scatto e io distratta da quello che mi circondava sbatto contro la sua schiena. Con un colpo secco apre un piccolo sportello in plastica rigida facendomi sobbalzare a causa del rumore, prende una chiave dall'interno e lo richiude, camminiamo lungo un corridoio e ci fermiamo davanti una porta Niccolò inserisce la chiave nella toppa e successivamente la apre. Non appena entriamo questa stanza enorme era diversa, si vedeva che era stata ristrutturata da poco: era enorme e somigliava ad una specie di studio di registrazione. Vicino la parete sulla destra c'era un pianoforte nero lucido, a seguire varie mensole dove c'erano dischi e raccoglitori, poco distante dal pianoforte un microfono con delle cuffie e vedendoli deduco che Niccolò sapeva anche cantare oltre che suonare. Sulla sinistra invece c'era un divano in tessuto grigio scuro con sopra dei cuscini, avanti al divano un tavolino in vetro con sopra degli spartiti. Non era molto pieno di oggetti, era pieno delle cose che più piacevano a Niccolò

-Esattamente dove siamo?- dico continuando a guardarmi intorno

-Benvenuta nel mio rifugio personale-

Spazio autrice:
Scusatemi se aggiorno in ritardo ma oggi ho avuto abbastanza da fare. Spero che il capitolo vi piaccia come è venuto fuori.

Vi faccio una piccola domanda, più che domanda: se foste Azzurra quale canzone vi fate suonare da Niccolò? Fatemelo sapere nei commenti, e ovviamente anche cosa pensate del capitolo

Un bacio, Anna.

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