Capitolo 27

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Collaborazione, giorno uno.
Probabilmente mio padre aveva ragione, avrei dovuto lasciarmi andare. Avrei dovuto dare una seconda possibilità a Niccolò e soprattutto a me stessa. Pensavo e ripensavo mentre percorrevo il tragitto che mi avrebbe portato al nostro "rifugio personale", era stato proprio Niccolò a proporre di vederci li dopo l'accademia troppo ansioso per aspettare qualche giorno. Voleva iniziare da subito, avremmo scambiato le nostre idee e pensato poi insieme di creare qualcosa che possa far sbalordire gli insegnanti e, sempre detto dalla direttrice ci sarebbe stato un'importante casa discografica e varie persone importanti di varie scuole di ballo, quindi se conosco abbastanza Niccolò so che si impegnerebbe al massimo per far si che la casa discografica lo noti. Parcheggio davanti al vecchio palazzo, dopo aver recuperato le mie cose dal bagagliaio e aver controllato tre volte di aver chiuso bene l'auto mi dirigo all'interno del palazzo fino ad arrivare a quella che era l'enorme stanza. Inserisco la chiave nella toppa e già sento un suono dolce provenire dal suo interno segno che Niccolò fosse già arrivato e già aveva preso a suonare qualcosa, già fa di testa sua..iniziamo alla grande, pensai tra me e me. Mi decido a voltare la chiave e aprire la porta senza farlo apposta però non mi accorgo di averla chiusa un po' troppo forte

-La prossima volta più forte altrimenti non si chiude- mormora Niccolò non staccando gli occhi dallo spartito continuando a scrivere delle note

-Se vuoi la richiudo, non ho problemi- rispondo con tono acido andando a chiudermi in bagno per cambiarmi, indosso un leggins nero e su un top sportivo anch'esso nero con una maglia più larga che scende su una spalla. Esco dal bagno riponendo tutto nell'armadietto togliendo poi anche le scarpe rimanendo con i calzini

-Comunque fai con calma eh, tanto abbiamo tempo- continua Niccolò con la sua ironia, decido di non parlargli posizionandomi davanti lo specchio per cercare di sistemare al meglio i capelli - non è educato non rispondere alle persone, così giusto per fartelo sapere- contimuava a parlare da solo poiché non riceveva risposta da me ma dallo specchio potevo notare che si era voltato sedendosi a cavalcioni sullo sgabello del pianoforte e sul suo volto aveva un espressione divertita. Lascio perdere i capelli lasciandoli nella crocchia disordinata, mi siedo per terra iniziando a scaldare di nuovo i muscoli

-Okay, allora cosa hai in mente?- chiedo cercando di mantenere un tono freddo e distaccato. Ci provavo con tutta me stessa, mi sforzavo perché in realtà avrei solo voluto gettargli le braccia al collo e abbracciarlo forte ma ero ancora troppo arrabbiata con lui

-Ho scritto molte cose, devo solo modificare alcuni arrangiamenti. Mi serve sapere se vuoi un melodia lenta o leggermente più movimentata?- mi chiede

-A dire il vero non saprei, sarebbe bello creare qualcosa su entrambi gli arrangiamenti, un qualcosa di diverso ma strabiliante- dico mentre divarico le gambe per fare la spaccata frontale e distendere la schiena poi lateralmente

-Senti un po' qua- dice poi voltandosi verso il piano. Inizia a suonare una melodia lenta e molto rilassante e piacevole all'ascolto, ci penso un po' su ascoltandola e non era niente male -che te ne pare bambolì?-

-È una bella melodia- dico alzandomi poiché avevo finito di scaldare i muscoli - e non chiamarmi mai più bambolina- continuo visibilmente infastidita

-Come vuoi tu bambolina- risponde con un ghighigno sul volto facendomi irritare ancora di più

-Quando hai finito di fare l'idiota patentato che ne pensi di metterci a lavoro?- lo ammonisco incrociando le braccia al petto, lui in risposta ride di gusto e inizia a suonare di nuovo la melodia, cerco di crearci su una coreografia fermandomi di tanto in tanto per disegnare su un foglio i passi che facevo in modo da non dimenticarli una cosa che mi aveva insegnato una delle mie maestre ai tempi delle medie. Ricordo che la scuola mi aveva assegnato il compito di creare una coreografia per una specie di manifestazione, ho sempre avuto una memoria per niente fotografica quindi mi ritrovavo a cambiare i passi ogni secondo e fu così che la mia maestra dell'epoca mi suggerì questo sistema.

Dodici-ULTIMODove le storie prendono vita. Scoprilo ora