xxix.
the heart wants what it wantsFinn
«Che ci fai qui?» si guardò attorno, le gote arrossate e uno sghembo, leggiadro sorriso incurvato sul volto.
«Scendi.»
«Sei ubriaco?» esclamò in un risolino capace di scaldarmi il cuore.
«Forse un po' brillo» fu la mia risposta flebile, in merito alla miriade di emozioni che mi consentivano a malapena di respirare.
«Avanti, scendi.» ripetetti poi in seguito ad una breve pausa costellata da sguardi.La brunetta abbandonò la ringhiera del balcone, sparendo dal mio campo visivo; nel giro di pochi secondi la ritrovai alla soglia, a pochi passi da me mentre abbandonava l'abitazione.
«Cosa c'è?» chiese pacata, facendo uso di quel tono delicato che solo nelle notti più luminose aveva allettato le mie orecchie e colmato il mio cuore.
«Io- in realtà nulla» parlai quasi in un sussurro, perdendomi nelle sue iridi illuminate dalla flebile luce della luna.
«Volevo vederti.» dissi poi, e lei mi sorrise; le sue ciocche brune ondeggiavano quasi ipnoticamente alla brezza di quella sera.Stava di nuovo succedendo, stavamo cadendo in un altro dei nostri intimi silenzi e i nostri sguardi si erano incontrati per l'ennesima volta; il cuore mi martellava nel petto e, in quella quiete notturna, temevo potesse sentirlo.
«Oh, guarda, c'è di nuovo il cigno!» spezzai il silenzio, come il tonfo di un libro scivolato durante la più pigra delle lezioni. Lo sguardo di Millie si posò sul dettaglio indicato dal mio indice, e i suoi occhi si illuminarono.
«Pensavo fosse raro.» sussurrò prima che, con la mano opposta, le afferrassi il polso, trascinandola con me nel luogo dove le stelle erano più visibili; quasi rabbrividii al contatto con la sua pelle soffice, gelida, candida.
«Lo è.» risposi una volta trascinata nel punto nella quale nessun ostacolo, non un albero e non il tetto di una palazzina ostruiva la meravigliosa vista notturna; a gote rosate, mi resi conto che si trattava dello stesso luogo nella quale la sera prima l'avevo trovata in lacrime, frustata dalla pioggia incessante e ghiacciata dal vento.
Io e Millie sembrammo accorgerci dello stesso, imbarazzante, particolare all'unisono. Infatti, i nostri sguardi si posarono in contemporanea verso i nostri avambracci, laddove la mia presa abbracciava la sua pelle; rossi in viso, ci distogliemmo, e solo dopo un paio di secondi la brunetta riuscì a spezzare quel opprimente silenzio costituito da parole non pronunciate:
«Finn...» catturò la mia attenzione, per poi continuare:
«L'altra sera non hai risposto alla mia domanda.»«Eh?» esclamai in un balbettio, nonostante sapessi bene di cosa lei stesse parlando.
«Quella della terrazza. Fino a qualche giorno fa non venivi mai.»
«Sei proprio testarda, eh?» sospirai, provocando un risolino:
«Ma io lo voglio sapere!» esclamò quasi in un capriccio, e bastò a farmi, sebbene per un secondo solo, sorridere; poi mi feci serio, perso nei miei pensieri. Non avrei potuto nasconderglielo per sempre, e dal profondo del mio cuore sentivo di doverle raccontare la verità. Sarebbe stato difficile, ma, probabilmente, avrebbe alleviato il peso che premeva sul mio petto.
Presi un respiro, ed esitai prima di aprir bocca; troppo tardi per ritirarsi, mi ripetetti, alla disperata ricerca di un minimo di incoraggiamento.
«É che... una volta ci venivo, lo sai? Tutte le notti, a volte anche fino all'alba.» deglutii percependo i suoi occhioni magnetici, curiosi, scrutarmi; io non la guardai, non incontrai il suo sguardo. Temevo potesse scorgere un minimo di debolezza, potesse cogliere l'attimo di abbattimento e scovare il mio punto debole. Perché la verità era che, fino a quel momento, avevo vissuto in quel modo: come una bestia in costante allerta, circondata da crudeli predatori. E il più disarmante, il più spietato era proprio lei, con il suo sguardo ambrato e le sue ciocche brune smosse dal vento; Millie era quella che più avrebbe potuto ferirmi.
«Beh, poi è successa una cosa...» anche deglutire era divenuto faticoso adesso, e la voce fuoriusciva strozzata dalla mia gola secca.
«E ho smesso di andarci, pensando mi avrebbe aiutato.»«Finn-»
«Tutto qui.» la interruppi freddamente, oramai voltato di spalle.
Stavo combattendo una guerra con me stesso, io che tanto provavo a proteggere le mie debolezze, segregandole nel più polveroso angolo della mia anima e prepararmi ad ogni attacco, e quella parte che tanto era tentata dal raccontarle ogni singolo particolare ed ogni sensazione che avevo provato, grondante di fiducia per quella ragazza che sin dal primo giorno, dal momento in cui avevo iniziato a negarlo, mi aveva colpito.«Tutto qui?» si lamentò. Ancora una volta avevo sottovalutato la sua cocciutaggine.
Le lame stridettero per l'ultima volta nel più arduo dei colpi; il vincitore sollevò la sua arma a fatica, ma nonostante le tempie fradice di sudore riuscì a sfoderare un trionfale sorriso.
«Ma da quando ci sei tu...» le mie parole per poco non gridate irruppero nella quiete notturna; mi voltai di scatto, ed incontrare il suo sguardo fu un sollievo per me.
«Da quando ci sei tu...» ripetetti un un sussurro, sotto i suoi occhioni scrutatori, spalancati, non minacciosi né infastiditi. Avevo mai riconosciuto quell'espressione sul suo volto?
«Da quando ci sei tu quel posto non mi rende triste. Non ci penso più, ora» le mie parole docili risuonarono melodiose, quasi in armonia con la brezza di quella sera. Così spontanee che non mi resi neppure conto di ciò che stavo dicendo. E solo esse, in quel momento, sembrarono sussurrare nella notte quieta e giungere alle orecchie della brunetta, che schiuse le labbra ed affannò appena mentre il suo sguardo magnetico si perdeva in un paio di pozzi profondi:
«Perché adesso penso a te.»
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where the lanters end up [fillie]
Fanfic"Ci amiamo di notte perché il giorno è troppo futile, troppo chiassoso per lasciar udire le flebili voci delle anime gemelle nascoste sotto un milione di maschere." Finn Wolfhard è cambiato: non è più lo stesso di due anni fa, e adesso i suoi occhi...