xxxiii.
falling apartMillie
«Avanti amico, adesso devo davvero offrirti sigarette per tutto il mese!» si lamentò, all'angolo opposto, un ragazzo della quale non riuscivo a scorgere il viso. E la risposta che seguì la sua affermazione mi pietrificò;
«Sta' zitto, ho smesso con quella roba.» risuonò stridula, inappropriata la voce di Finn in quel contesto, e in un brivido mi attraversò la schiena; avevo dimenticato la sua natura da ragazzaccio, e udirlo parlare in quella maniera mi ricordò, in un modo o nell'altro, dei primi giorni in cui avevamo iniziato a rivolgerci la parola. Mi sarei così fidata di lui, a quei tempi?
«Non ti sarai mica innamorato?» ancora voci, borbottii. Non avrei dovuto trovarmi in quel luogo, eppure la tentazione fu troppa; non riuscii a schiodare i piedi da terra.
«Mi avete proprio rotto il cazzo.» ribatté gelido, tanto che fu difficile immaginare il suo volto mentre pronunciava quelle parole. E quelle stesse parole mi si scagliarono contro come scheggie di ghiaccio, graffiarono la mia pelle, mi pugnalarono allo stomaco. Stavano parlando di me?
«Cosa te la prendi a fare? Non hai nemmeno perso la scommessa.» parlò ancora la ragazza, il quale volto mi era ignoto; fu in quel momento che mi cadde il mondo addosso.
Mi ci volle un momento o due. Poi, trattenere ancora i libri tra le dita divenne difficile.
E annaspavo, aggrappandomi a rimasugli di speranze annegate.
La mia vista era divenuta sfocata, e i miei occhi, rossi, si erano velati; sembrava quasi di essere in apnea, trascinata da una corrente di insicurezze che, angoscianti, mi spingevano con violenza al suolo.I volumi dalle copertine consumate si scontrarono al pavimento con un tonfo; bastò ad attirare l'attenzione di Finn e i suoi amici che si voltarono di scatto.
«Cosa...» fece appena in tempo a sussurrare il corvino prima che, oppressa da una miriade di sentimenti sconosciuti, non mi dessi alla fuga.
E furono subito inseguimenti costellati da affanni, rincorse interrotte dai singhiozzi; abbandonai la scuola nonostante la pioggia, e per poco non scivolai sull'asfalto bagnato mentre correvo senza meta.
Le udii, le urla di Finn risuonare nei corridoi e adesso nel cortile. I suoi implori, i suoi "posso spiegare" che mi scivolavano addosso come acqua sporca.
E sporca mi sentivo; perché per quanto potessero le gocce scivolare lasciavano la traccia sulla mia pelle. Io, che per la prima volta mi ero sentita tradita.
Io, che tanto mi ero sentita presa in giro.Ed io che, in quel momento, mi ero promessa di non cascare mai più nel tranello dell'amore, in una tale idiozia di quelle che si raccontano solamente nelle favole.
Perché avevo capito che per me non ci sarebbe mai stato un lieto fine.I passi fugaci di Finn mi inseguivano lungo il marciapiede, e la sua voce, il suo affanno mi perseguitava. Decisi di accelerare, perché non avrei potuto più sopportare la sua presenza. Lui fece lo stesso; non mi ero voltata una sola volta, ma riuscivo ad immaginare il suo volto pallido e i suoi ricci appiattiti dalla pioggia contrastare con il cielo grigio di quella mattina.
E ancora un affanno, due affanni, tre affanni. Per quanto potessimo essere lontani, mi sembrava quasi di sentirlo sul mio collo.
Le gambe dolevano, e presto cedettero: caddi a peso morto sull'asfalto, le ginocchia arrossate, i piedi gelati. Per un attimo pensai che quel tonfo fosse il rumore delle mie ossa scontrare il suolo, poi, mi voltai.
Dov'era Finn?
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where the lanters end up [fillie]
Fanfiction"Ci amiamo di notte perché il giorno è troppo futile, troppo chiassoso per lasciar udire le flebili voci delle anime gemelle nascoste sotto un milione di maschere." Finn Wolfhard è cambiato: non è più lo stesso di due anni fa, e adesso i suoi occhi...