La città

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La mia città è splendida, di notte.
Quando passo sotto i lampioni che sfrigolano e sento il vento che schiaffeggia le mie guance, riesco finalmente a essere quello che sono.
Un viandante: colui che non sa quando è partito, ne quando tornerà.
Adoro far strisciare le suole sull'asfalto dei grandi marciapiedi, che mi appaiono infiniti e al tempo stesso maledettamente empi.
Passeggiando tra le crepe e le buche di questo storico ammasso di vite, spero, pregando intensamente il cielo, di incontrarti.
Magari avresti fretta e, con un triste sussulto, mi sfrecceresti accanto senza neanche poter pensare di guardarmi, lasciandomi solo intuire dalla scia dei tuoi capelli neri e dal profumo evanescente che, in realtà, ti senti morire e vorresti tornare a casa.
Non mi resterebbe altro che prenderti con gentilezza, per dare respiro alle tue iridi cristalline, e farti alzare lo sguardo, facendoti vedere come il silenzio della notte è un tesoro più prezioso del diamante di cui ti vorresti fregiare.
Oppure, potresti venirmi incontro con fare altezzoso, ostentando una ricchezza che non mi appartiene, con un nuovo accessorio scintillante e quelle calze che lasciano sognare quelli come me.
Io, però, da nomade malinconico, non lascerei mai che l'aura della tua maschera dorata mi intimidisca e ti darei prova di come un cervello può essere elegante anche coperto di stracci e senza capelli dorati.
O ancora, calpesteresti il mio bel marciapiede vacuo appesa al braccio di chissà quale omone dallo spessore di un foglio di carta, graffiandomi l'umore, gettandomi in un mare di odio e rancore, circondato da coralli taglienti di ignoranza e apparenza.
Probabilmente, non t'incontrerò mai, in questo mio viaggio infinito nel ventre del buio.
Nel frattempo però, potrei sempre incontrare qualche vecchia conoscenza, di quelle che ti mettono davanti ad un altro te stesso, diverso, vecchio o nuovo che sia, consegnandoti un gran carico di panico.
Potrei forse incontrare qualche mio compagno che, coinvolto nei stupidi drammi che la vita, di tanto in tanto, ci regala, tenga basso lo sguardo, senza chiedere aiuto a chi tende la mano ancor prima che sia richiesto.
Magari potrei vedere mia madre finalmente scappare, liberarsi dalle catene che la vita stessa gli ha lasciato, andare via in cerca di quei momenti che ha sempre sognato in tutti quei suoi libri, ma che credo di avergli squarciato, senza potermene rendere conto.
Magari, infine, potrebbe inseguirmi mio padre con lo stesso tram che desidero non prendere mai, gridandomi che dovrei camminare più velocemente o sognare con più forza.

Io intanto, continuo a mettere i piedi in fila, uno dietro all'altro, posseduti dal ritmo di una canzone che non ho mai ascoltato.
Sperando di cadere in una buca, trovando il tuo corpo e magari, anche la tua coscienza.

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