Flusso II

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Non voglio guardare il mondo da questo punto di vista.
Non voglio dover guardare costantemente tutto in un ottica di guadagno o  perdita.
Non voglio essere vincolato nell'agire, del tipo "se devo fare una cosa, la devo fare perché ho qualcosa in ritorno, soprattutto quando si parla di persone."
Se io mi sento in dovere di fare qualcosa, non posso essere costretto a prevederne le conseguenze: se mi sento in dover di farti un regalo, te lo faccio.
Perché allora tra umani si mette sempre davanti il proprio tornaconto, anche e soprattutto per giustificarsi?
Non servono motivazioni alle nostre sensazioni o emozioni o, perlomeno, non siamo in dovere di darne a nessuno.
"Non voglio più parlare con te, per carità, ma avrò i miei buoni motivi e anche se non ce l'avessi, non puoi chiedermi spiegazioni."
O almeno, questo è quello che dovremmo fare tutti.
L'essere umano è un composto di numerosi e complessissimi pensieri che hanno pienamente diritto a rimanere lì dove sono per preservarli, per evitare, con un esempio più banale possibile, di diventare tutti bianchi o neri.
Probabilmente, sto solo motivandomi, infondo.
È la verità, sto cercando solo un pretesto per fare dei cambiamenti, spostare delle carte in tavola.
Parole grosse da parte dell'incorruttibile Riccardo, lo stesso che giurava e giura a se stesso di non cambiare mai.
Ma se ho dei problemi con una persona, perché devono involvere tutte le mie altre relazioni?
Perché fanno tutte parte di una singola enorme matassa di fili dove tagliare il punto sbagliato porta allo sgomitolamento totale?
Perché se parlo con X sono costretto a renderne conto ad A, B, C, D, eccetera?

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