Capitolo 11

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Apro gli occhi lentamente , è ancora buio .

Mi sarò svegliata si e no cinque volte, per colpa degl'incubi e dei rumori provenienti dall'esterno. è difficile stare tranquilli in momenti del genere.

Provo a tranquillizzarmi ma è tutto inutile.

 Basta.

Mi sono stufata, io qui non ci starò un minuto di più.

Mi alzo frettolosamente , guardandomi sempre dietro le spalle,  e comincio a prendere la mia roba.

 Io non sono costretta a rimanere qui , se vuole prendermi ed uccidermi che lo faccia , non ho niente da perdere. La paura si fa sentire mischiata al coraggio ma la rinchiudo in un angolo. Non posso stare per altre ore così. Magari giorni. Sebastian è sempre fuori ormai, non ho nessuna certezza che stia con me nei prossimi due giorni.

 Chiudo la cerniera della borsa e scendo le scale continuando a girarmi di qua e di la, come se fossi perseguitata.

Chiamo un taxi e il più vicino è a due isolati da qui. Ma non dove diamine sono??

 Prendo google maps e esco di casa senza lasciare nessun biglietto o messaggio per Sebastian. Che stia fuori per i fattacci suoi, non deve interessargli se me ne vado!

Il vento gelido colpisce il mio collo senza alcuna sciarpa, alzo più che posso il giubbino e mi incammino seguendo il navigatore del mio telefono.

La strada è buia e devo ammettere che mi spaventa camminare da sola in questa strada , dove una macchina passa una volta si e cento no. Sono nella parte nord di Manhattan ed è inquietante tutta questa campagna alle mie spalle.

Vorrei stare a casa mia , sotto le coperte, a parlare al telefono con Haz di cazzate o del mio abbigliamento non adatto alle feste per lei.

Ma sono qui, da sola, in mezzo alla campagna, nella parte nord di Manhattan , con il vento gelido e un temporale imminente.

E questo per chi? Per colpa di una gallina maledetta e di quel verme di Caleb , ma anche per colpa di Sebastian che se ne sta fregando alla grande  di me ; ma è anche colpa mia , non dovevo mettermi nei guai minacciando Sasha. È colpa mia se è morto mio padre ed in questo momento mia madre si trova in una clinica psichiatrica. È colpa mia di esser nata , a quest'ora nessuno mi avrebbe rapita e i miei genitori sarebbero stati felici e contenti con mio fratello. Anche se papà aveva il cancro poteva curarsi ma con la mia scomparsa si è abbattuto e ha preferito non continuare le cure. La risposta è semplice. La colpa è mia. E basta. È solo mia.

Sento delle gocce scagliarsi sulla mia pelle , mi fermo e chiudo gli occhi col viso rivolto verso il cielo.

Amo e odio la pioggia, non posso dire di amarla perché mi fa pensare a tutto quello che mi è accaduto ma non posso dire di odiarla perché mi affascina.

Sento i tuoni che urlano nel cielo disperati e aprendo gli occhi vedo i fulmini scagliarsi furiosi.

 Tutto questo mi rappresenta, il temporale mi rappresenta; mi vedo io che urlo disperata come un tuono e comincio a prendere a pugni qualsiasi cosa che io abbia sottomano, arrabbiata come un lampo, e dopo la pioggia ; potrete pensare alle lacrime , ma io invece penso a quel momento in cui ti fermi a guardare il vuoto riflettendo sulle proprie colpe. La mia unica colpa. Essere una piaga che ha rovinato tutta la famiglia.

Ricomincio a camminare e credo di esser abbastanza vicina alla mia "meta".

Alla fine della strada vedo un taxi e sospiro, è il mio.

-Never Say Never-  " Mai dire Mai" (In Revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora