XIX

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Mia si era chiesta che cosa ci facessero li Sam Wilson e il capitano Steve Rogers e poi, nel giro di pochi secondi, aveva trovato la risposta.

Sapeva che Sam doveva andare a Boston, in accademia, per tenere una delle lezioni del suo corso.

E quindi, la vera domanda era: che cosa ci faceva Steve Rogers con lui?
Mi si augurava che non fosse li per chiedere davvero ai suoi commilitoni perché avevano deciso di chiamarla overhead. Lo sperava, forse, perché - pur non essendone cosciente - desiderava che lui fossi li per lei.

Aveva finito di parlare dei supereroi ai bambini e dopo averli congedati con il suo solito saluto da vicecomandante, raggiunse i due uomini che la stavano aspettando fuori dalla porta.

Steve era appoggiato al muro, le braccia incrociate al petto e lo sguardo fisso su alcune fotografie poste nell'altra parete.

Non appena la vide; Sam la strinse in uno dei suoi soliti abbracci che Mia ricambiò molto volentieri. Lo facevano sempre, anche se si erano visti qualche giorno prima. Mia amava gli abbracci di Sam, erano così fraterni e confortevoli che le si scaldava il cuore.

Dopo aver sciolto quell'abbraccio, Sam la guardò e alzò le spalle dopo aver notato l'espressione corrucciata di Mia. Quella domanda le vagava nella testa e aveva una voglia matta di sapere quale fosse la risposta.

"Tra qualche minuto inizia il corso" - disse Sam dopo aver guardato l'orologio al suo polso -"ci vediamo dopo?"

Mia lo guardò e poi spostò i suoi occhi nocciola sulla figura di Steve. Il capitano non disse nulla, si limitò a fare un mezzo sorriso.

"Veniamo anche noi" - Mia guardò Sam e poi dopo di nuovo Steve -"giusto capitano?"

"No" - quasi urlò Sam. L'agente Torres cominciava seriamente a non capire più nulla di quello che stava succedendo. Wilson sorrise -"parlerò di una delle mie missione, voi sapete già tutto, è inutile che veniate"

Mia era concentrata ad ascoltare ciò che aveva da dire il suo amico che non si accorse che alle sue spalle Steve fece l'occhiolino a Sam. Era una stupida scusa quella, e lei l'aveva capito.
Wilson le fece cenno con la testa e a lei venne un idea.

Sam li salutò e si diresse verso la sala in cui si tenevano solitamente le riunioni.
Mia guardò il capitano e quando si girò per vedere se Wilson fosse ancora li, lui era già sparito.

Mia si decise a far fare un giro dell'accademia a Steve, così, dopo averglielo proposto lui accettò subito.

Lei gli fece vedere alcune delle stanze in cui passava più tempo quando era solamente un cadetto. Passarono poi davanti alle aule in cui si tenevano riunioni o lezioni. Steve la ascoltava mentre parlava e raccontava tanti aneddoti di quando era solo una ragazzina di diciotto anni.

Mia di tanto in tanto si voltava a vedere se il capitano ci fosse ancora e, ogni volta, lui era li, pronto ad ascoltarla parlare ancora. Lei sorrideva e riprendeva i discorsi.

"Chi è?"

Lei si voltò quando Steve le fece quella domanda. Il capitano si era appena fermato davanti ad un piccolo tavolino in legno, coperto da una tovaglia di stoffa bianca che lei riconobbe subito. Sopra di esso c'era posta una fotografia e alcune piccole cose che appartenevano alla donna ritratta nella foto.

"Annabelle Marin" - disse lei. Steve notò subito il cambiamento del tono di voce e si domandò chi fosse quella donna per crearle tanto scompiglio. Ma in fondo aveva già capito. -"era mia madre"

"Mi dispiace" - disse solo lui

Mia alzò le spalle -"è passato tanto tempo" - continuò, cercando di cacciare via le lacrime

𝑶𝒗𝒆𝒓𝒉𝒆𝒂𝒅 || Marvel Story ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora