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Evidentemente, tornare dal parco sotto quella leggera pioggia non gli aveva fatto bene.
Jimin aveva la febbre, ed era bloccato a letto da quella mattina.

Avrebbe stressato Taehyung o Jungkook, se fossero stati lì, ma nè loro nè gli altri tre hyung erano a scuola quel giorno.
Un loro vecchio compagno del liceo, Yeo Changgu, aveva dato una festa per celebrare la quasi fine dell'anno, e li aveva invitati tutti.
Ma ovviamente Jimin non era potuto andare.

Forse però era meglio così.
Non gli sarebbe piaciuto più di tanto passare tutta la sera tra la confusione che sicuramente ci sarebbe stata.
L'unica cosa che gli dispiaceva era che così non aveva nessuno a fargli compagnia.
Erano dovuti partire presto, perchè Changgu non abitava nelle vicinanze.
Jin e Hoseok si erano offerti di rimanere con lui, ma non voleva guastargli la serata, e alla fine avevano ceduto ed erano andati anche loro.

Quindi, in quel momento, Jimin se ne stava rannicchiato sotto le coperte, a cercare di addormentarsi.

In un primo momento aveva pensato di chiamare Jinyoung, ma poi si era ricordato che non stessero più insieme.
Benchè fossero rimasti amici, non gli sembrava un'ottima idea.

Chissà se il ragazzo dai capelli verdi si era preoccupato per lui non vedendolo.

Con tutti quei pensieri, quasi riuscì ad addormentarsi, ma chiaramente il suo telefono squillò proprio in quel momento.
Grugnì spazientito, levandosi le coperte di dosso e afferrando il telefono dal comodino.
"Chi diamine sarà adesso..." borbottò, cercando di adattare gli occhi alla luminosità del cellulare.

Quando vide che il mittente della chiamata fosse sua madre, si mise a sedere immediatamente, nonostante la fitta di dolore che gli attraversò la testa.
Sua madre non lo chiamava moltospesso, perciò doveva essere successo qualcosa.

"Pronto?" disse, con voce stanca.
"Ehi, tesoro, va tutto bene? Mi sembri strano" rispose sua madre e, strano ma vero, la sua voce sembrava addirittura più esausta e affranta di quella del figlio.
Questo non fece altro che allarmarlo ancora di più. "Ho solo qualche linea di febbre, non preoccuparti... Tu piuttosto, cos'hai?"
Jimin sentì sua madre sospirare dall'altro capo del telefono: "Senti, Jiminie, devo dirti una cosa..."
Lui rimase in silenzio, e la donna lo prese come un invito a continuare a parlare: "Vedi, papà-" ma Jimin non la lasciò finire, gridando preoccupato:" Cosa?! Che gli è successo? Sta bene, vero?"

Non ci fu risposta per qualche istante.

"Ecco, non esattamente..."
Col cuore in gola, Jimin aspettò solo che continuasse a parlare.
"Purtroppo, papà è stato colpito alla spalla, circa due giorni fa. La ferita in sè non è poi così grave, ma ha perso molto sangue. Ho aspettato a chiamarti, in realtà non volevo nemmeno farlo, e non lo avrei fatto se la situazione fosse migliorata, ma sfortunatamente non lo è. Tuo padre è molto debole al momento, e forse il proiettile che lo ha colpito era infettato da qualcosa".
"O-oh" Jimin sentì già la propria voce incrinarsi. "Vuoi che venga da voi?"
"No, tesoro, non se la situazione non peggiorerà. Siamo a Gwangju, la sua base è qui, e ancora ti manca un mese di scuola. Ti chiamerò non appena avrò degli aggiornamenti, mh?"
"V-va bene" mormorò, con la vista che si stava facendo appannata.
"Oh, amore mio, non piangere. Papà è forte, lo sai bene anche tu. Se la caverà, vedrai. Pensa positivo e smetti di piangere, sei così bello quando sorridi" lo rassicurò, e dalla sua voce Jimin sentì che stesse sorridendo.
Annuì, anche se lei non poteva vederlo:" D'accordo. Ora però torna da papà. Digli che gli voglio bene".
"Anche lui te ne vuole, e anche io. Riposati, tesoro".
"Ciao, mamma".

Chiuse la chiamata, ma purtroppo non riuscì a fare ciò che gli aveva detto sua madre, perchè scoppiò in un pianto disperato.
Raccolse le ginocchia al petto e vi appoggiò sopra la testa, singhiozzando rumorosamente.
Sentiva gli occhi bruciare e le lacrime rigargli copiosamente le guance, mentre un nodo alla gola gli rendeva difficile anche respirare.
La sua testa pulsava a ritmo con il suo cuore, adesso dal battito estremamente accelerato.

Aveva paura.
Un' estrema paura che suo padre non ce l'avrebbe fatta.

Era una persona forte, lo era sempre stato, ma ormai l'età si faceva sentire anche per lui.
Non voleva pensare al peggio, sapeva che sarebbe solo riuscito a mettersi paura da solo, ma non potè impedire alla sua testa di farlo.

Si immaginò come sarebbe stato se suo padre fosse morto.
Che ne sarebbe stato del suo eroe?
La sua colonna portante, colui che gli aveva insegnato tutto.
Che avrebbe fatto senza di lui?

Ma no, non doveva pensarci.
Anche se probabilmente non avrebbe fatto altro.

Si alzò dal letto barcollando, cercando di asciugarsi le lacrime come meglio poteva.
Era in condizioni pietose e lo sapeva, ma c'era un unico posto in cui forse in quel momento avrebbe potuto trovare consolazione.

***

Venne svegliato improvvisamente da un frenetico bussare alla porta.
Con un lamento lanciò uno sguardo all'orologio, credendo che fosse notte fonda.
Invece erano poco più delle sei e mezzo di pomeriggio, e fuori dalla finestra si vedeva ancora che fosse giorno.

E lui che aveva pensato di poter dormire dal pomeriggio alla mattina seguente senza interruzioni.

Jinyoung non c'era, era fuori con un ragazzo con dei capelli che lui trovava improponibili, e di cui ancora non aveva capito il nome.
Con gli occhi socchiusi lanciò uno sguardo alla stanza, avvistando sul comodino di Jinyoung le chiavi della camera.
Incredibile, se le era dimenticate di nuovo.
Era la terza volta in quella settimana, e fu quasi tentato di non andare ad aprire la porta, così da dargli una lezione.
Sicuramente era lui a bussare così insistentemente alla porta, ma quella volta gliene avrebbe dette quattro.

Si alzò dal letto contro voglia, prendendosi il suo tempo per andare ad aprire, stiracchiandosi e producendo una serie di scricchiolii.
Si passò una mano tra i capelli verdi e sbadigliò, ma nel percorso dal letto alla porta, quel bussare fastidioso si arrestò, e lui fece per tornare indietro.
Ma, prima che potesse anche solo voltarsi, altri colpi risuonarono nella camera e, sbuffando, arrivò finalmente alla porta.
La aprì, aspettandosi di vedere Jinyoung.

Ma spalancò gli occhi con sorpresa.

Davanti a lui c'era un ragazzo con i capelli argentati, sparati in ogni direzione, gli occhi rossi e lucidi e le guance- anch'esse rosse- rigate di lacrime.
Una mano era portata a tentare di asciugarsi un occhio, anche se il pianto non si fermava, mentre l'altra era ancora sospesa a mezz'aria, nell'intento di bussare.
Il ragazzo incontrò lo sguardo con il suo, sgranando gli occhi.

Non era solo un ragazzo qualsiasi.
Era Jimin.



spazio autrice:
yo guyz com'è andata la fine della scuola?
e, se avete gli esami, come stanno andando?

scusate se vi ho fatto aspettare tanto, non ho mai voglia di trascrivere i capitoli, chiedo venia
un bacio <3

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