Capitolo IX

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BETTY'S POV
Era passata una settimana dal nostro ritrovo con Jug e le cose andavano per il meglio: noi quattro diventammo ben presto ottimi amici gli uni con gli altri.

Quella mattina iniziava a fare freddo e il cielo era grigio, pieno di nuvole spesse e pesanti di acqua che da lì a breve sarebbe scesa su di noi. Ma comunque mi preparai per quel giorno di scuola. Stavo già iniziando a pregare qualsiasi santo di non far piovere finché non fossi arrivata a scuola, ma non servì a niente, perché appena misi un piede fuori da casa le gocce, dapprima poche più sempre di più, mi bagnarono gli abiti. Così aprì l'ombrello ed iniziai ad incamminarmi a passo spedito per arrivare prima. Purtroppo però pioveva di traverso e l'ombrello servì a poco.
Arrivai al pelo a scuola, entrai nel bagno e mi osservai: ero completamente fradicia, i pantaloni erano diventati blu scuro a causa dell'acqua e i capelli erano zuppi come fossi appena uscita dalla doccia. Presi della carta e provai ad assorbire la maggior parte dell'acqua, raccolsi momentaneamente i capelli in una crocchia disordinata e andai in classe.
Appena vi entrai, notai che l'unico posto disponibile era vicino a Jughead, così senza pensarci troppo mi sedetti di fianco a lui. Appena si accorse della mia presenza ci scambiammo un sorriso.
Era passata circa metà lezione senza che io ci capissi assolutamente nulla. In matematica non ero proprio portata: arrancavo anche nelle cose più facili e basilari, figuriamoci in disequazioni e sistemi.
Mentre ero completamente persa nel mio mondo, una mano mi sfiorò il ginocchio, così mi voltai verso sinistra.

-che c'è?- gli chiesi

-niente solo che ti vedo persa. Non ti piace la matematica vero?- mi sussurrò per non farsi scoprire dal professore

-da cosa lo intuisci?- risposi facendo un sorriso ironico

Lui ridacchiò silenziosamente mentre io continuavo a fissare con indifferenza i numeri scritti sulla lavagna.

-per tua fortuna- ricominciò - io me la cavo abbastanza con i numeri. Se ti servisse posso aiutarti.

Rimasi sorpresa dalla sua richiesta e ci pensai: di solito ero io che aiutavo gli altri non il contrario, ma iniziavo a covare seri dubbi che, se non mi fossi fatta aiutare, sarei stata rimandata. Quindi accettai la sua proposta nell'esatto istante in cui suonò la campanella.
L'ora successiva ero impegnata con il giornalino della scuola, il Blue and Gold. Mentre stavo uscendo dall'aula mi venne un'idea. Ma quando mi girai questa stava per andarsene via.

-Jug aspetta

Lui si fermò e si girò aspettando continuassi

-ti piace ancora scrivere?

Era una passione che aveva fin da bambino e speravo con tutto il cuore non gli fosse passata.

-si, anzi scrivo ancora a volte, quando ho tempo

Sorrisi di istinto e gli proposi la mia idea

-senti, qui a scuola c'è il giornalino della scuola, il Blue and Gold. Io ci lavoro, scrivo annunci riguardanti le partite e le gare, i laboratori, gli avvisi e anche cose successe al di fuori delle mura scolastiche. E mi stavo chiedendo se ti piacerebbe lavorarci con me. Allora ci stai?

Lessi subito nei suoi occhi approvazione ma per sfidarmi di sicuro fece finta di pensarci a lungo finché, vedendo la mia espressione impaziente, cedette.

-ovvio che ci sto Betty

-perfetto se vuoi possiamo iniziare anche ora- comunicai entusiasta e gli dissi di seguirmi mentre mi dirigevo nell'aula apposita.

-allora gli argomenti di questa settimana sono: la partita di football e quella di basket, un articolo sul nuovo laboratorio di informatica e uno sul ballo d'Inverno che si celebrerà tra qualche mese

Lui prese una copia della scaletta, decidemmo come dividerci i ruoli e ci mettemmo al lavoro.

Le due ore passarono velocemente ed in effetti non avevamo ancora finito ed essendo giovedì, il settimanale doveva essere pronto per il giorno dopo.

-cazzo e adesso come facciamo?- chiesi esasperata passandomi una mano sui capelli

-potremmo vederci stasera- azzardò lui - anche a casa mia, tanto oggi mio padre non c'è.

Finì la frase con gli occhi bassi, sapevo che si vergognava del padre, ma io non avevo paura di FP, lo conoscevo da sempre.

-d'accordo, alle 21 va bene?

-certo, più che bene- mi sorrise

Annuì e feci per andarmene quando mi bloccò per il polso, mi portò verso di lui e mi abbracciò. In quel esatto momento, sentì una strana sensazione allo stomaco che stava andando in visibilio. Mi staccai ed arrossì prima di girarmi ed andarmene definitivamente.

Mentre tornavo a casa continuavo a rimuginare sulla sensazione che quel abbraccio mi aveva procurato. Subito pensai ad una cotta ma l'idea venne subito respinta: io non potevo avere una cotta per il mio migliore amico e non dovevo.

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