Capitolo 1

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 Villa Agreste dall'esterno sembrava un castello per quanto era grande; un muro di 4 metri circondava il giardino esterno della villa, telecamere di sorveglianza sorvegliavano il perimetro, a prova di quanto tenesse alla propria sicurezza e privacy Gabriel Agreste.
Il suv attraversò il cancello posto sul lato sud della villa; davanti al portone di ingresso, una donna dall'aria severa li attendeva. Aveva i capelli neri con una ciocca rossa che le scendeva sulla fronte ed indossava un paio di occhiali da vista che coprivano i suoi occhi azzurri. «Benvenuto signorino Agreste.» Abbozzò un leggero sorriso. «Plagg...»
«Lieto di rivederti, Nathalie.» Adrien salutò la donna con un cenno del capo.
«Vedo che gli anni ti hanno resa più solare e scherzosa di quanto non fossi prima» scherzò Plagg.
Nathalie Sancoeur gli scoccò un'occhiataccia. Era la direttrice dell'azienda che gestiva il marchio Agreste in Europa: prima della nascita di Adrien, i coniugi Agreste si erano trasferiti in America, così Gabriel aveva affidato tale compito alla persona più fidata che conosceva. Negli anni, la donna aveva dimostrato che la fiducia dello stilista era stata ben riposta, consentendo alla casa di moda di occupare un posto di rilievo tra le principali aziende europee. Di tanto in tanto, Nathalie si recava a New York per incontrare la famiglia Agreste e sviluppando un sincero affetto nei confronti del giovane Adrien, una delle poche persone in grado di sciogliere la "lady di ghiaccio", come era stata soprannominata da Plagg. Quando Gabriel si era stabilito di nuovo a Parigi, in seguito della morte di Emilie, Nathalie continuò a svolgere il suo compito con estrema professionalità, occupandosi anche di gestire gli affari internazionali e di svariate necessità dello stesso stilista.
«Venite, ho fatto preparare le vostre camere» disse la donna, con tono serio.
«Simpatica come sempre, eh» sussurrò Plagg, mentre varcavano la soglia di casa.
Adrien represse un sorriso. «Non farti sentire o sarebbe capace di incenerirti con uno sguardo.» Entrato in quella casa, notò subito quanto lo stile di arredamento e i colori dell'ambiente rispecchiassero perfettamente la figura di Gabriel Agreste che lui ricordava: poco mobilio, colori pallidi e spenti e una sensazione di freddezza che dava quasi i brividi.
Sensazione che fu in parte cancellata dal'accoglienza calorosa che i pochi domestici della villa riservarono a lui e al suo amico Plagg: tutti coloro che avevano lavorato per la famiglia Agreste in America fino alla prematura dipartita della signora Emilie si trovavano lì.
L'entusiasmo durò pochi attimi: l'euforia dei domestici e soprattutto di Plagg fu spezzata in un attimo da due parole che tuonarono nell'enorme salone d'ingresso.
«Benvenuto, Adrien.» Sulla cima delle scale, un'imponente figura apparve: fisico snello e slanciato, occhi blu, sguardo glaciale, capelli corti tra il grigio e il biondo e postura eretta. Gabriel Agreste.
Il silenzio che cadde in quel momento nel salone era inquietante; nessuno aveva il coraggio di prendere parola per evitare di ricevere da Gabriel una di quelle occhiate capaci di far nebulizzare all'istante qualunque persona.
Adrien era l'unico che non sembrava per niente intimorito dalla presenza del padre: mantenendo lo sguardo alto, la postura eretta e l'espressione fredda, imitando in tutto e per tutto Gabriel, salì lentamente le scale, avvicinandosi al grande stilista. «Salute padre.» Si fissarono negli occhi; nessuno dei due sembrava avere l'intenzione di abbassare lo sguardo in quella che era una sorta di gara di orgoglio.
Ad interrompere quell'infinito silenzio tombale ci pensò come al solito Plagg, il quale, con la sua consueta dirompenza, affiancò Adrien rivolgendosi al padrone di casa. «Gabriel!» I domestici impallidirono. «Ti trovo bene, sei in gran forma, complimenti.» Aveva una spettacolare faccia di bronzo.
«Plagg...» Gabriel non distolse lo sguardo dagli occhi smeraldini del figlio, gli stessi occhi di Emilie. «Confido che in questi anni tu ti sia preso cura di mio figlio al meglio delle tue possibilità e anche oltre.»
«Sissignore! Lo puoi notare anche da solo: guarda che fusto che è diventato tuo figlio e guarda che eleganza e portamento. Mi sento un po' come Michelangelo e la sua pietà.» Plagg si portò il pollice sul petto con aria fiera, mentre dietro di lui si avvertivano le risatine dei domestici, accompagnate da diversi commenti tra cui: "È sempre il solito".
Ignorando del tutto i commenti di Plagg, Gabriel girò i tacchi, avviandosi verso il suo studio, mentre Nathalie fece segno ai domestici di riprendere le normali attività. Lo stilista si fermò proprio sull'uscio della porta, senza voltarsi. «Mi aspetto il massimo impegno nelle attività scolastiche e in quelle extra. Inutile che ti rammenti anche i tuoi impegni in qualità di modello di punta del marchio Agreste.» 
«Farò il massimo per non deluderti» rispose Adrien, con un tono molto simile a quello del padre.
Gabriel si congedò entrando nel suo studio. Nathalie, nel frattempo, invitò Plagg a raggiungere la camera da letto preparata per lui richiamando l'attenzione di una delle domestiche in modo che potesse accompagnarlo. Plagg fece un piccolo gesto con il capo, che Adrien interpretò come un "ci vediamo dopo" e si avviò.
«Signorino Adrien, la accompagno nella sua camera. Prego mi segua» disse Nathalie con il suo solito tono impostato.
Entrato nella sua nuova camera, Adrien avvertì una forte sensazione di deja-vu: quella stanza era arredata allo stesso modo di quella che aveva a New York. Al piano superiore vi era un'immensa libreria, stracolma di volumi, cofanetti e CD musicali. Al piano inferiore, un enorme letto con coperte in seta, una scrivania sulla quale erano posati tre schermi collegati al computer posto nell'apposito compartimento, un grande divano bianco di fronte ad un tavolino in vetro con dietro un televisore di 50 pollici ed, infine, un tavolino di calcio balilla. In un angolo vi era una postazione con vari attrezzi ginnici tra cui un tappeto per la corsa, due panche orizzontali di cui una dotata di bilanciere, diversi manubri di vario peso ed una parete per il free climbing. Adrien poteva così allenarsi in vista della missione che avrebbe affrontato, sebbene, nel corso degli anni negli States, avesse fatto sfoggio di abilità fuori dal comune, senza il bisogno del minimo allenamento: altissima resistenza aerobica, forza e velocità ben superiori alla media e riflessi felini.
Adrien sentì bussare alla porta: riconobbe subito i modi irruenti del suo amico, e si fiondò ad aprire la porta senza nemmeno chiedere chi fosse. Come previsto, infatti, si ritrovò davanti Plagg, raggiante in volto.
«Fammi indovinare: vuoi propormi di andare a fare scorta di Camembert» disse Adrien con una leggera nota di esasperazione.
«No, mio caro.» Plagg entrò nella stanza baldanzoso. «Fortunatamente la nostra sergente di ferro ha già provveduto a riempire la mia dispensa personale con formaggio di prima scelta.»
«Allora perché tanta felicità?»
«Guarda qui!» Agitò un piccolo volantino.
Adrien lo afferrò al volo. «È la pubblicità di una pasticceria."Pasticceria Dupain-Cheng"
«Non di una pasticceria qualunque. La migliore pasticceria di tutta Parigi. Fanno anche dei lievitati sublimi.»
«Come fai a sapere che è la migliore past...» si bloccò per un attimo, ricordandosi in quel preciso istante le passioni che aveva Plagg in America: «Ah già, non rispondere. Ora ricordo quel dannato programma che seguivi sulle migliori pasticcerie di tutte le principali città europee. D'accordo; in effetti avevo voglia di un buon croissant. Dammi 5 minuti per mettermi qualcosa di più comodo e andiamo.»

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