Capitolo 16

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Il congegno innescò una reazione a catena: ogni ordigno esplose, provocando un boato udibile a kilometri di distanza.
L'esplosione fece collassare parte del terrazzo e dell'ultimo piano, mentre i piani inferiori furono avvolti in un furioso incendio che minacciò di propagarsi anche nel resto della struttura.
Giornalisti e curiosi impallidirono di fronte a quello spettacolo, alcuni enfatizzando il loro spavento con urla e pianti.
Gli stessi agenti di polizia e forze speciali restarono allibiti: in particolare, Raincomprix sentì le gambe cedergli al pensiero che l'amata figlia si trovasse all'interno di quell'inferno. Aveva da poco rassicurato la moglie, dicendole di avere la situazione sotto controllo, ma nemmeno lui credeva alle sue stesse parole.
Cercando di rimanere quanto più lucido possibile, ordinò l'immediato intervento dei vigili del fuoco e diede il via libera, sotto il consenso del ministro degli interni, per un'irruzione nell'albergo, nella speranza di salvare quante più persone possibile.

Chat si risvegliò schiacciato da piccoli detriti e dal divano rosso della camera di Chloè: il suo costume era in parte lacerato e bagnato dall'acqua della piscina del terrazzo, riversatasi nell'appartamento a seguito del collasso del soffitto.
Non appena aveva visto quel cilindro nella mano di Papillon, aveva subito intuito che si trattasse del dispositivo ad innesco; era stato rapido e soprattutto fortunato a balzare in un angolo della stanza, uno dei meno esposti all'esplosione.
Lo strato protettivo del costume aveva fatto il resto, difendendolo dal violento impatto.
Si rialzò da terra, scrollandosi di dossi i detriti: iniziò a tossire a causa del fumo e si appoggiò a uno dei pochi muri rimasti in piedi, a causa di un fastidioso capogiro.
Il suo visore, rotto durante l'esplosione, non poteva più garantirgli una visione chiara del luogo, e quindi dovette fare affidamento sulla sua vista, continuando ad indossarlo per celare il suo volto.
«Adrien! Adrien mi ricevi?» strillò una voce nell'auricolare. «Adrien!»
Ci volle qualche secondo al ragazzo per realizzare la fonte di quel richiamo. «Plagg?»
L'uomo tirò un sospiro di sollievo. «Grazie al cielo stai bene. Dimmi la tua posizione.»
Tra un colpo di tosse e l'altro, Chat rispose: «Sono ancora nell'attico. Ho perso i sensi e mi sono risvegliato solo ora.»
«L'angolo a ovest dell'hotel è deserto. Mi troverai lì ad aspettarti. Esci da quell'inferno.»
«C'è un problema, Plagg.» asserì Chat, ripresosi dallo stordimento, nonostante le fitte che avvertiva al torace. «Nello scontro, l'arco si è rotto. Non posso usare il rampino.»
«Ho con me la balestra.» replicò Plagg. «Ci penso io. Tu fatti trovare pronto.»
Chat chiuse la conversazione e scrutò l'ambiente, alla ricerca di un modo per uscire da quel cerchio di fiamme.
Di Papillon nessuna traccia. Non era chiaro come ci fosse riuscito, ma era fuggito.
L'incappucciato saltò su alcuni mobili rovesciati, raggiungendo il condotto dell'ascensore, forse l'unico posto non infestato dal fuoco.
Utilizzando la corda che lui stesso aveva fissato, si calò, raggiungendo il piano dove, poco prima, si era introdotto con Ladybug.
La scena che gli si parò davanti era straziante: gran parte degli ostaggi erano feriti, la loro pelle annerita, alcuni in lacrime e nessuno aveva il coraggio di scendere per le scale, spaventati all'idea di un eventuale crollo.
Si sorprese, poi, nel vedere una ragazza che li confortava e li aiutava a trovare la giusta audacia per alzarsi ed affrontare le loro paure, sostenendoli fino alle uscite di sicurezza. Riconobbe la chioma bionda della giovane: Chloè.
Oltre ad essere orgoglioso delle gesta della sua compagna, Chat fu anche sollevato nel vedere anche suo padre, Gabriel, abbandonare la stanza. Zoppicava e sanguinava da un braccio, ma era vivo. Solo quello contava.
Mentre raggiungeva il lato della struttura indicatogli da Plagg, un urlo straziante attirò la sua attenzione: «Aiutatemi!»
Era una voce femminile, proveniente dal corridoio in cui un muro tramezzo era crollato.
Anche Chloè udì quel richiamo, riconoscendo la voce della madre, ma Chat la bloccò con un gesto della mano. «Penso io a lei. Tu va! Mettiti in salvo.»
«Aiutala, ti prego!» esclamò la ragazza, la voce ancora strozzata dal pianto.
«Te lo prometto. Ora va!»
Facendo affidamento sulla sua abilità nel parkour, Chat si fece strada attraverso il mobilio, le pareti in frantumi e le fiamme.
Raggiunse Audrey, che tentava di liberare il marito da un enorme pilastro, che gli schiacciava gli arti inferiori.
Chat poggiò una mano sulla spalla della donna, invitandola ad allontanarsi da lì. «Penso io a sollevarlo. Lei si tenga pronta a trascinarlo.»
Per la prima volta Audrey non ribatté, ma mostrò, invece, profonda gratitudine con lo sguardo nei confronti dell'incappucciato.
Chat sollevò il pilastro di alcuni centimetri, urlando per lo sforzo.
Lo spazio fu sufficiente affinché Audrey trascinasse Andrè, liberandolo da quella morsa.
Nel frattempo, dalle finestre frantumate, iniziarono ad arrivare getti d'acqua, mentre dalle scale si udivano le voci degli agenti di polizia, alle prese con le operazioni di soccorso.
«Stanno arrivando a prendervi.» disse Chat, rivolto ai coniugi Bourgeois.
Andrè, afflitto da dolori lancinanti alle gambe, indicò un punto alle spalle di Chat. «L-Lady... Ladybug.»
Chat si voltò di scatto, socchiudendo gli occhi a causa della ridotta visuale: non lontano da lui vi era un cumulo di macerie, in un punto dove il soffitto era crollato. Tra i detriti bianchi e neri, riconobbe una mano guantata di rosso.
Come un fulmine, si precipitò a rimuovere ogni singolo frammento, liberando Ladybug. Il volto era coperto dai capelli sfumati di bianco a causa della polvere, così come il suo costume rosso.
Chat portò due dita al collo della ragazza: il battito era debole, ma era viva.
Tirò un sospiro di sollievo, prima di sollevarla da terra con un braccio sotto le gambe e l'altro sotto al busto.
Lasciarla ai soccorritori era fuori discussione per quanto gli riguardava: c'era il rischio che potessero scoprire la sua identità e, nonostante gli screzi avuti con lei, non se la sentiva di permetterlo.
«Plagg!» chiamò all'auricolare.
Non ottenne alcuna risposta dall'altro capo, ma, sulla strada in un vicolo ben appartato, vide una luce proveniente da un laser verde intermittente.
Capendo che si trattava del suo amico si avvicinò al bordo del finestrone, sperando che la sua sagoma nera fosse visibile.
Udì un sibilo fortissimo: una freccia, a cui era fissata una spessa corda, si conficcò nel cornicione proprio sotto la finestra.
Chat si inginocchiò, poggiando sul pavimento Ladybug; estrasse due frecce dalla sua faretra, testandone la resistenza, e si caricò sulle spalle la ragazza, incrociando le braccia di lei al suo collo e le gambe intorno alla vita.
Con le mani libere, poté scendere in strada, tenendosi alle due frecce mentre scorrevano sul cavo.
Plagg sgranò gli occhi nel vedere il suo amico con in spalla Ladybug. «È...»
«È solo svenuta.» precisò Chat.
L'uomo tirò un sospiro di sollievo: per evitare problemi aveva indossato il suo completo militare, compreso il passamontagna nero.
Chat aprì la portiera posteriore dell'auto di Plagg, una berlina a cinque porte, e distese la ragazza sui sedili posteriori.
«Devo chiederti di prenderti cura di lei. Qualcuno potrebbe scoprire la sua identità.»
Plagg assentì. «Andiamo.»

Adrien si lasciò andare sul sedile anteriore dell'auto: si era appena liberato del cappuccio e del suo visore, che teneva stretto nella mano destra, fissandolo senza proferire parola. Era scheggiato sul lato superiore ed era privo della lente sinistra, molto probabilmente caduta sul pavimento dell'attico.
Il ragazzo aveva un'espressione amareggiata, ricca di sconforto, oltre che stressata: «La Rouge & Noir vi vuole morti!» aveva esclamato Papillon.
Quelle parole continuavano a rimbombargli nella testa, cercando di comprenderne tutti i significati. Papillon, dunque, lavorava per loro o con loro: poteva essere coinvolto nella morte di Emilie, poteva anche essere stato proprio l'esecutore.
Ora i bersagli erano Chat Noir e Ladybug. Ne avrebbe parlato con Plagg, ma non in quel momento: doveva prima occuparsi di mettere al sicuro Ladybug e poi precipitarsi all'ospedale per informarsi sulle condizioni del padre, anche lui coinvolto nel piano folle di quel pazzo.
Giunti al covo, Plagg si caricò sulle braccia Ladybug, adagiandola sul tavolo al centro della stanza.
Adrien, invece, ingerì due pillole di antidolorifico, in modo da placare le lancinanti fitte al torace. Quindi, si liberò del costume. «Mi spiace averlo ridotto così.»
Plagg strinse le spalle, mentre preparava il kit medico. «Mi ci vorrà un po' per rimetterlo a nuovo.»
«Tranquillo. Non ho intenzione di saltare da un tetto a un altro per un bel po'.» Adrien infilò l'abito scuro. «Devo andare in ospedale!»
«E lei?» Plagg indicò Ladybug.
«È in buone mani. Io devo pensare a papà.»
Prima che Plagg potesse ribattere, il giovane Agreste scomparve dietro il muro scorrevole.
Indossò il suo lungo soprabito e salì in auto, incurante del fastidioso capogiro che ancora lo stordiva.

L'ospedale Saint Louis era nel caos più totale: tutte le persone coinvolte nell'assedio all'hotel Bourgeois erano state trasportate lì per ricevere le cure adeguate.
Nel tragitto in automobile, Adrien aveva telefonato a Nathalie, in modo da conoscere la struttura dov'era stato condotto il padre, seppur avesse già pensato ad una probabile destinazione.
Si stupì nel sentire la donna parlare con il solito tono freddo e pacato: non una nota di inquietudine fu avvertita dalla sua voce.
Il ragazzo ne fu comunque sollevato: se Nathalie non mostrava segni di preoccupazione, allora il padre stava bene.
L'automobile nera attraversò il cancello d'ingresso dell'ospedale, superando il gruppo di giornalisti e fotografi appostati lì, alla ricerca di notizie.
«Maledetti sciacalli.» Adrien fermò l'auto davanti una scalinata secondaria, dove lo attendeva un membro della security della famiglia Agreste. Uno sguardo all'orologio regalatogli dai Dupain-Cheng lo informò sull'orario: 1:46.
Fu accompagnato ad un ascensore che lo condusse all'ultimo piano dell'edificio.
Il corridoio era ben sorvegliato da alcuni uomini, gli stessi che lo piantonavano nelle sporadiche uscite dopo il rapimento.
Sul fondo, scorse la familiare sagoma di Nathalie, impegnata a parlottare con un uomo alto ed occhialuto, con indosso un camice bianco.
«Signorino Agreste.» annunciò la donna. «Le presento il dottor Muriad; si sta occupando di suo padre.»
Adrien allungò la mano che l'uomo strinse con vigore. «Come sta?»
«Gli esami strumentali escludono commozioni e lesioni interne.» rispose Muriad. «Ha solo un taglio sul braccio destro provocato da una scheggia e ha subito una contusione alla gamba sinistra. Nessuna frattura comunque.»
«È possibile farlo rientrare a casa già stanotte?» intervenne Nathalie, con il solito tono di superiorità, per nulla apprezzato da Adrien.
Il dottore sospirò con rassegnazione, conoscendo già i modi poco cordiali degli Agreste. «Ogni tentativo di trattenerlo sarebbe inutile. Faccio preparare i documenti di dimissione.»
Con un cenno della testa salutò la donna ed il ragazzo, richiamando a sé un'infermiera affinché preparasse le carte per dimettere monsieur Agreste.
«Eri con lui?» chiese Adrien.
Nathalie scosse il capo. «Non ha voluto che lo accompagnassi al party. A capodanno ci sarà la sfilata per la collezione primavera-estate e sa bene quanto suo padre sia maniacale nella cura dei dettagli. Perciò, sono rimasta nel suo studio a ripassare tutta la scaletta.»
«Alla Vigilia di Natale? Da sola?» l'espressione di Adrien si fece sempre più perplessa.
«Ogni anno è così, signorino Adrien. Da quando...» preferì non proseguire, conscia che il ragazzo avesse capito cosa intendesse.
Adrien abbassò lo sguardo, riflettendo su quanto fossero simili lui e Gabriel; sperò con tutto il cuore che, un giorno, sarebbe tornato ad essere la persona della quale la madre Emilie si era innamorata e che, forse, lui non aveva mai conosciuto.
Si voltò e bussò alla porta della camera.

Gabriel era seduto a metà letto, intento ad abbottonarsi la sua camicia blu scuro. Nonostante tutto ciò che era successo, continuava a mostrare un portamento elegante ed altero.
Quando la porta si aprì, lo stilista si girò e cambiò espressione nel vedere il figlio entrare: si alzò pigramente e si avvicinò al giovane tenendosi su un bastone che lo aiutava a camminare in modo più spedito.
«Adrien...» lo cinse con un braccio, gesto che il ragazzo ricambiò con profondo affetto. «È una fortuna che tu abbia deciso di non venire.»
«Come stai, papà?»
Gabriel sfilò gli occhiali che indossava ed iniziò a massaggiare con due dita la parte superiore del naso. «Stanco. Ma mi ritengo fortunato; altri stanno peggio di me.» allungò lo sguardo verso Nathalie, la quale fece un cenno d'assenso.

«Questa Adrien me la paga.» ringhiò Plagg.
Era alquanto imbarazzato nel dover spogliare Ladybug del suo costume affinché potesse prendersi cura di lei e fasciarle le eventuali ferite.
Tramite i suoi strumenti, prototipi che in passato aveva progettato per alcune importanti cliniche private, aveva analizzato il corpo di Ladybug, ma una strana interferenza ne bloccava il funzionamento.
Inoltre, gli fu impossibile trovare un qualsiasi punto da cui aprire il costume rosso, come se questo fosse parte integrante della pelle della ragazza.
«Anche la maschera non viene via!» sbottò dopo aver pizzicato il volto di Ladybug. «Come posso fare?»
Si portò una mano al mento, pensieroso, mentre osservava il corpo disteso sul tavolo: sui lobi della giovane scorse due orecchini rossi a pois neri. «È una follia... Ma devo provarle tutte.»
Delicatamente sfilò i due orecchini.
Il corpo di Ladybug si illuminò di una luce bianca e rossa, mentre dai gioielli si materializzò un piccolo essere rosso fluttuante con antenne, che si poggiò sul tavolo, privo di sensi.
Quando la luce svanì, Plagg guardò la ragazza, con la bocca semiaperta ed espressione assente.
Riconobbe quel profilo delicato, i capelli corvini, i vestiti che quella stessa sera aveva visto indossare da una persona che lui conosceva bene, molto bene: Marinette Dupain-Cheng.


Angolo Autore:
BOOOOOM!
Vi aspettavate questa prima rivelazione? Eh sì, per Plagg non c'era altro modo che scoprire chi in realtà fosse Ladybug affinché potesse aiutarla. Abbiamo potuto apprezzare anche il rapporto difficile tra Adrien e il padre, ma sappiamo tutti che si vogliono tanto bene, solo che fanno fatica ad esternarlo. Con orgoglio, vi dico che ho adorato descrivere la scena di Chloè, perché in fondo io così la vedo: una ragazza viziata e capricciosa, che però tira fuori gli artigli quando è necessario. E lei non si tira certo indietro dal farlo.
Vi anticipo che, ben presto, verranno fuori tante informazioni legate al passato (anche se non vi dico di chi).
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi do appuntamento a Venerdì prossimo con il nuovo capitolo.
A presto.
Nike90Wyatt

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