Capitolo 9

314 31 3
                                    


«Tikki, non ho nulla da mettermi!» ripeté per l'ennesima volta Marinette, con l'intero busto incassato nel suo armadio alla ricerca del giusto outfit da indossare quel giorno. Il pavimento della sua stanza era coperto da magliette, pantaloni e capi di abbigliamento ed accessori di vario genere.
«Marinette, calmati. È solo un'uscita con amici per visitare il Louvre.» considerò Tikki, poggiata a zampette incrociate sul bordo del letto, intenta a seguire ogni movimento della sua portatrice con non tanto velato divertimento.
«Come fai a definirla "solo un'uscita con amici"?» Marinette fissò con sguardo irritato la kwami. «Ci sarà Adrien!»
«E dov'è il problema? Non era quello che aspettavi da mesi?» 
«Devo essere perfetta. Non posso fargli fare brutta figura. È un modello di fama internazionale, una star. Se inciampassi e trascinassi anche lui a terra e gli sporcassi i suoi vestiti costosissimi? O peggio, si facesse male e stroncassi la sua carriera per sempre? Oh Tikki, non posso farcela.» si portò le mani al volto disperata.
Tikki rise divertita a quella scenetta, anche se cercò di non farsi notare: conosceva bene Marinette e sapeva quanto fosse paranoica in vista di un particolare evento importante, che si trattasse di un compito in classe o di un appuntamento con un ragazzo. «Marinette Dupain-Cheng...» disse in tono scherzoso e plateale. «Supereroina impavida e fiera, terrorizzata dallo stare accanto ad un ragazzo biondo dagli occhi verdi.»
Le parole della piccola kwami fecero sbuffare Marinette, ma perlomeno ebbero l'effetto di tranquillizzarla.
"Alla fine è solo un'uscita tra amici." Dopo un paio di tentativi, optò per una semplice maglia di lana rossa a girocollo, pantaloni rosati e scarpe da ginnastica bianche a strisce rosa; infine, legò i capelli in due codini bassi.
Salutò la madre con un bacio sulla guancia, indossò il suo piumino ed uscì di casa, trovando Alya ad aspettarla.
«Ehi ragazza!»
«Pronta a fare colpo sul bel biondino?»
Marinette spalancò i suoi grandi occhi azzurri. «Alya!»
«E dai, non dirmi che non sfrutterai l'occasione per strappargli un'uscita a due.» Alya sogghignò. «È da quando lo conosci praticamente che gli vai dietro e finalmente hai l'opportunità di passare un po' di tempo con lui. Sfruttalo!»
Marinette annuì, anche se con poca convinzione.
Le due amiche raggiunsero in breve tempo il Louvre; nonostante fossero i primi di Dicembre la giornata era soleggiata e non particolarmente fredda.
Adrien e Nino si trovavano già sul posto e, approfittando dell'attesa, avevano provveduto ad acquistare i biglietti per l'ingresso, in modo da guadagnare tempo.
Come un fulmine, Alya gettò le braccia al collo del suo fidanzato scoccandogli un bacio sulle labbra; seppur sorpreso, Nino ricambiò il gesto con affetto e le offrì il braccio.
«Sono proprio una bella coppia.» considerò Adrien, vedendo la coppietta entrare all'interno.
«Già.» Marinette prese a massaggiarsi il braccio sinistro.
Adrien imitò il suo amico e porse anche lui il braccio, abbozzando uno dei suoi rari sorrisi, che ormai erano quasi un'esclusiva di Marinette.
La ragazza scosse la testa, sforzandosi di sembrare il più naturale possibile ed accettò volentieri l'invito.
Man mano che passava del tempo con Adrien, Marinette riusciva a sciogliere sempre più il suo imbarazzo, arrivando anche a parlare senza balbettare.
Notando la confidenza assunta dall'amica in compagnia del modello, la volpe castana di nome Alya ideò un piccolo stratagemma per lasciarli soli. Si voltò verso il suo ragazzo e disse: «Nino, andiamo a vedere la Gioconda.»
«Ma c'è troppa gente. Ci metteremo tutta la gior...» non riuscì a terminare la frase che la fidanzata lo tirò via per un braccio.
«Ci vediamo più tardi, ragazzi!» esclamò Alya, salutando con la mano Marinette e Adrien, i quali la guardavano perplessi.
Entrambi intuirono che quella di Alya era solo una scusa, ma nessuno dei due proferì parola: Marinette si ripromise di fare una bella strigliata alla sua amica a fine giornata, mentre Adrien era tutt'altro che seccato al pensiero di restare un po' di tempo solo con la bella corvina.
Da quel giorno di pioggia in cui lui si era confidato con lei, aveva avuto pochissime occasioni per parlarle: spesso era Chloè ad interromperli, altre volte, invece, era la stessa Marinette a non riuscire a conversare, farfugliando frasi poco comprensibili.
Visitarono insieme diverse sale del museo, ma nessuna di esse colpì Marinette, che, fino ad allora, aveva scarabocchiato un paio di bozzetti, senza però convincerla.
Scoraggiata e stanca si accomodò su una panca in legno, in una sala ricca di dipinti.
«Non avvilirti, Marinette.» Adrien si sedette affianco a lei. «Abbiamo ancora un po' di sale da visitare. Sono sicuro che riusciremo a trovare l'idea giusta per il tuo abito.»
«Posso suggerirvi la sala della Rivoluzione Francese?»
I ragazzi si voltarono.
Alla loro sinistra, videro un uomo elegante, capelli brizzolati; sul volto aveva una vistosa cicatrice sul lato destro, che partiva dal lobo dell'orecchio fino alla curva del mento. Fissava i due ragazzi con i suoi brillanti occhi castani, sorridendo nel vederli perplessi.
Si avvicinò alla panca, dove erano seduti i giovani. «Perdonatemi, non era mia intenzione spaventarvi. Sono Norvich Nursef, il direttore del museo del Louvre. Non capita spesso di vedere giovani della vostra età così interessati alla storia. La sala che vi ho proposto è una delle più visitate.»
Adrien squadrò l'uomo da capo a piedi: aveva un portamento distinto ed anche il suo modo di parlare e di porsi era attinente al suo ruolo. Tuttavia qualcosa non convinceva il biondo modello, probabilmente proprio quello sfregio così evidente lo turbava.
I suoi pensieri si dissolsero in un istante quando, abbassando lo sguardo, trovò gli splendidi occhi azzurri di Marinette, la quale, sorridendo, gli disse: «Mi sembra una buona idea. Andiamo?»
Questa volta fu lei a porgergli la mano a mo' di invito: Adrien, senza nemmeno pensarci come se fosse istintivo, le regalò un gioioso sorriso, spontaneo, come quel giorno di pioggia.
Il suggerimento di Nursef si rivelò provvidenziale: i quadri, le sculture e tutti gli oggetti conservati nelle teche illuminarono la mente di Marinette che iniziò a disegnare con straordinaria concentrazione.
Adrien fissò la ragazza con ammirazione, apprezzandone la dedizione, il talento e la cura dei dettagli: il suo entusiasmo si spense di colpo quando una forte sensazione di disagio lo pervase. Scrutò l'ambiente circostante notando diversi uomini, sparsi per la sala, che era certo di aver visto già in precedenza, quella stessa mattina, nel museo.
Negli anni in cui si era addestrato in America, aveva frequentato quartieri notoriamente poco raccomandabili, sviluppando un invidiabile istinto nell'individuare persone con cattive intenzioni. Inoltre, le parole del direttore risuonavano nella sua testa in quel preciso istante: aveva affermato che quella sala era una di quelle più frequentate, ma in quel momento, era semivuota. Il suo primo pensiero fu Marinette: lui era un potenziale bersaglio di malviventi, essendo un personaggio famoso, ed avrebbe saputo cavarsela in una situazione critica, avendo alle spalle anche la consapevolezza di poter resistere ad un eventuale attacco, ma lei no. Lei andava protetta ad ogni costo.
Compose un messaggio indirizzato a Nino, pregandolo di recarsi in quella sala, limitandosi a scrivere una motivazione approssimata; iniziò, poi, a girare intorno, camminando lentamente e fermandosi, di tanto in tanto, accanto alle opere esposte. Il suo obiettivo era quello di comprendere se i suoi sospetti erano fondati e che lui stesso era il bersaglio.
Sospetti che si rivelarono presto veri: gli uomini, infatti, seguivano ogni suo movimento senza esporsi in maniera eclatante. Fu chiaro ad Adrien che la presenza di Marinette poteva rappresentare uno scomodo imprevisto per loro e che, con ogni probabilità, avrebbero preferito che lui fosse da solo per agire.
Con cautela, attraversò un piccolo atrio, allontanandosi dalla sua compagna, nella speranza che Nino ed Alya la raggiungessero in tempo, e si ritrovò in un corridoio, la cui estremità di fronte a lui era bloccata da due uomini. La sua espressione rimase invariata quando, voltandosi, vide che anche l'altra estremità del corridoio era bloccata da altri due uomini.
Uno di loro attirò l'attenzione del biondo schiarendosi la voce ed aprì il suo cappotto, mostrando la fondina con una pistola inserita. Adrien non accennò a nessuna reazione, anche perché fu colpito immediatamente alle spalle, cadendo a terra privo di sensi.

Marinette era entusiasta del risultato; il suo disegno raffigurava un abito maschile, blu scuro, con una camicia bianca ed un papillon rosso, richiamando i colori della bandiera francese.
Era stata talmente presa dalla sua creazione da non accorgersi nemmeno dell'assenza di Adrien. Si guardò, dunque, in giro ma nella sala non vi era più anima viva.
«Oh no, Tikki!» Si portò le mani alla testa. «Sicuramente si sarà annoiato ed è andato via.»
«Marinette, Adrien non mi sembra il tipo da lasciare qualcuno da solo senza nemmeno avvertire.» disse Tikki per tranquillizzare l'amica.
«Sono un disastro!» sbottò ancora Marinette, come se Tikki avesse parlato al vuoto. «Non so da quanto aspetto un momento per stare un po' sola con lui, senza interruzioni dell'oca bionda, e quando finalmente succede che faccio? Lo ignoro del tutto. Accidenti a me.»
«Perché, invece di autocommiserarti, non vai a cercarlo? Magari si è solo allontanato momentaneamente.» 
Marinette annuì, non del tutto tranquillizzata, ed iniziò la ricerca attraverso quei corridoi stranamente vuoti: Tikki approfittò dell'assenza di persone per volare accanto alla ragazza, pronta comunque a nascondersi in caso di incontri. La giovane Dupain-Cheng vagò per qualche minuto, senza trovare traccia del modello, quando Tikki la chiamò a gran voce, invitandola a guardare alla finestra. «Marinette! Sbrigati, vieni a vedere!»
Marinette guardò attraverso il vetro e vide degli uomini con passamontagna caricare il corpo di Adrien, privo di sensi, su un furgone.
«Dobbiamo fare qualcosa!» 

Tikki, comprese le intenzioni dell'amica, si illuminò e fu risucchiata nell'orecchino sinistro della ragazza che si trasformò così in Ladybug.
Grazie alle sue ali, l'eroina spiccò il volo, ed iniziò a perlustrare le strade nei dintorni, una volta uscita dal museo.
In poco tempo, individuò il furgone che a tutta velocità percorse le strade principali della città, tentando di giungere quanto prima a destinazione: Ladybug ponderò che non era saggio attaccare subito il veicolo durante il tragitto, per non mettere a repentaglio l'incolumità di Adrien; si limitò, quindi, a seguirlo prudentemente, in attesa del momento giusto per intervenire.
L'inseguimento durò diversi minuti: il furgone si fermò in una zona appartata, nella periferia di Parigi.
Una volta parcheggiato, dal mezzo scesero cinque uomini di cui due trascinarono Adrien all'interno del capannone lì presente: Ladybug attese che entrassero tutti, poi si intrufolò  trovando un punto da cui osservare le azioni dei rapitori.
«Fate piano. Il principino non dovrà avere nemmeno un graffio.» disse uno degli uomini, con ogni probabilità il capo del gruppo dato che gli altri seguivano i suoi ordini. Adrien fu legato ai polsi con un laccio stretto, mentre i piedi furono legati alla sedia su cui era stato accomodato.
«Svegliati principino!» ordinò il capo, colpendo Adrien con due schiaffi sul volto. Il modello riprese lentamente conoscenza e rivolse subito lo sguardo sui cinque tizi di fronte a lui, senza mostrare, però, il benché minimo timore. Ritenne opportuno non azzardare una reazione violenta, sebbene fosse conscio di essere in grado di spezzare il laccio che lo costringeva ai polsi, liberandosi, e di avere la meglio sui suoi assalitori; per mantenere segrete le sue straordinarie abilità, decise di non agire.
Ladybug, appollaiata su una trave, progettò un piano d'attacco per stendere i rapitori evitando qualsiasi rischio per Adrien: infilò la mano nella sua pochette e ne estrasse due shuriken rossi a pois neri. Tenendoli tra l'indice e il medio della mano destra, prese bene la mira e li lanciò con violenza verso i due uomini più distanti da lei che, colpiti entrambi all'altezza della spalla, caddero a terra, svenuti.
Gli altri membri del gruppo non ebbero nemmeno il tempo di assumere una posizione di allerta, che Ladybug piombò su di loro, utilizzando il suo yo-yo come rampino appeso ad una trave: tenendo le gambe larghe, assestò due calci diretti sul volto di due rapitori, atterrando, poi, con una capriola.
L'ultimo uomo rimasto in piedi, il capo del gruppo, estrasse la sua pistola, con l'intenzione di puntarla contro Adrien, ma, ancora una volta, Ladybug fu più lesta e legò la mano armata dell'uomo con il suo yo-yo; tirò a sé il filo, trascinando con sé anche l'uomo e, tenendo il braccio teso, lo colpì dritto in volto, mettendolo al tappeto e completando così il suo salvataggio.
Adrien osservò ogni singolo movimento della supereroina: la sua agilità, la sua praticità, la precisione dei suoi movimenti. Doveva ammettere a sé stesso di aver apprezzato tantissimo quello spettacolo, giungendo addirittura alla conclusione che tutte le manifestazioni d'affetto che i parigini le rivolgevano erano pienamente giustificate.
Ladybug si avvicinò alla sedia, cercando di mantenere la compostezza e la fierezza degna del ruolo che svolgeva: in quel momento quel ragazzo era una persona da salvare e non il modello oggetto dei suoi pensieri e lei era Ladybug, l'eroina di Parigi, e non Marinette.
Girò intorno alla sedia, ritrovandosi alle spalle di Adrien; poi, afferrò i polsi del ragazzo e, con un colpo secco, tirò via il laccio, spezzandolo.
Una volta liberate anche le gambe, lo aiutò a rialzarsi, sebbene Adrien non avesse eccessivi problemi nel farlo.
«Stai bene?» chiese Ladybug.
«Sì, grazie.» Adrien si massaggiò i polsi, indolenziti dalla stretta. «Come sapevi che ero qui?»
Ladybug scrollò le spalle. «Pura fortuna. Ero in perlustrazione al Louvre e ho visto questi uomini che ti caricavano sul furgone, per poi partire a tutta velocità. Ho atteso il momento giusto per attaccarli in modo da non farti rischiare di essere ferito.»
Ladybug chiamò, tramite il suo auricolare, il commissario Raincomprix, in modo che mandasse una pattuglia per catturare e, in seguito, interrogare i rapitori. Notò il volto incuriosito di Adrien nel momento in cui si chinò per raccogliere gli shuriken lanciati in precedenza, così decise di fornirgli una spiegazione: «Sono magici. Se colpiscono una persona, la farà addormentare di colpo.» schioccò le dita per enfatizzare le ultime parole. «Ti riporto al Louvre.» Si avvicinò ad Adrien e gli porse la mano, gesto che lui era solito compiere con la sua controparte civile.
Adrien accettò l'invito, ancora impressionato dalla risolutezza della ragazza, la quale lo tirò a sé cingendogli la vita, per poi spiccare il volo in direzione del Louvre.


Angolo Autore:
Salve gente!
Come promesso, ecco pubblicato il nono capitolo, eccezionalmente di Venerdì. Non nascondo che sia uno dei miei preferiti, poiché mette in risalto le abilità di Ladybug, oltre a puntare il focus sulla nostra coppietta.

Detto ciò, vi do appuntamento a Venerdì per il capitolo 10, prima di una piccola pausa dalle pubblicazioni.
Alla prossima.
Nike90Wyatt 

Per Amore e per VendettaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora