Capitolo 28

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Il rombo della moto di Chat si fece sempre più intenso, man mano che si allontanava dal casino di Place du Louvre.
La folla si era riversata verso il lato nord-est rispetto al museo e la polizia stava cercando di riportare l'ordine, in modo da poter esaminare la scena del crimine.
Il lato sud era, quindi, deserto. Proprio dove Chat aveva visto Ladybug volare in picchiata.
Chat sentì urla strazianti provenire da un vicolo ad un centinaio di metri dalla sua posizione. Inchiodò la moto e proseguì di corsa fino a giungere alla fonte di quelle urla.
La scena che si ritrovò davanti lo sconvolse: Papillon in piedi, pistola alla mano puntata verso il corpo disteso di una giovane ragazza sul cui petto era poggiato un esserino rosso con le antenne. Non poté credere ai suoi occhi: Ladybug era in realtà Marinette, la sua Marinette, la ragazza di cui era innamorato.
E Papillon stava per ucciderla.
Anche in quella occasione, la sua parte razionale si spense, lasciando spazio all'istinto puro. Con una velocità sovraumana estrasse una freccia dalla faretra, tese l'arco e scoccò.
La freccia colpì in pieno petto Papillon, trapassandolo da parte a parte. La forza del colpo lo fece barcollare all'indietro e, allargando le braccia, partì un colpo dalla sua pistola; il proiettile rimbalzò sull'asfalto e rotolò lontano da lì.
Il corpo di Papillon si accasciò all'indietro e cadde a terra, morto.
Chat corse subito accanto a Marinette mentre Plagg lo richiamò più volte all'auricolare, spaventato da quello sparo. «Adrien! Stai bene?»
Come risposta ebbe un flebile sussurro: «Marinette.»
Poi lo sconcerto nel ragazzo si trasformò in terrore nel vedere la ferita grondante di sangue. «Plagg!» ringhiò all'auricolare. «Plagg, è ferita! Devo portarla in ospedale.»
«Non essere avventato, Adrien. Cosa direbbero se Chat Noir si recasse in ospedale con una ragazza ferita da un colpo di fucile?»
«Al diavolo! Non lascerò che muoia! Per me possono anche scoprire chi sono, ma almeno lei vivrà.»
«Ho una soluzione migliore.»
Un'automobile si fermò sgommando alle spalle di Chat. Lui si voltò e riconobbe subito la duetto dell'amico. Dal posto di guida scese Angelina. «Carichiamola sull'auto. La porto al covo e la aiuteremo io e Plagg.» disse lei.
Chat respirava affannosamente per lo spavento. «Angelina, non...»
La ragazza poggiò una mano sulla sua spalla. «Fidati di me. Ora sbrigati e aiutami.»
Chat annuì e si caricò il corpo di Marinette sulle braccia, mentre Angelina si occupò di mettere al sicuro Tikki.
Una volta caricata in auto, Angelina mostrò il pollice al suo amico ed effettuò un'inversione a U, sfrecciando via a tutta velocità. «Plagg, il tragitto più breve e veloce per il covo! Sbrigati, fratellone!»
Chat parve calmarsi e si voltò verso il cadavere di Papillon. Era il momento di riaccendere il cervello e fare ciò che andava fatto. La sua missione doveva continuare.
Si chinò, estraendo il suo smartphone, e tolse la maschera all'uomo. Fotografò il suo viso. Poi, privò l'uomo dei guanti ed applicò una pellicola adesiva sui polpastrelli, così da poter prendere le sue impronte digitali. Era necessario conoscere l'identità di quell'uomo: chiunque lo avesse mandato, avrebbe insabbiato tutto ed avrebbe fatto sparire il cadavere, pur di coprire le proprie tracce.
Si rialzò e udì lo schiocco di due pistole caricate alle sue spalle. Si voltò e vide due agenti di polizia puntargli contro le loro armi.
«Alza le mani, Chat Noir!» gli intimò uno dei due agenti.
Lui obbedì. Il suo volto era corrucciato, furioso per la situazione. Non era in vena di combattere, aveva altro a cui pensare.
I due agenti mossero piccoli passi nella sua direzione. Uno dei due abbassò la pistola per afferrare le manette dalla sua cintura. Quel gesto fu fatale per gli agenti.
Chat afferrò il polso di quello più vicino e glielo storse del tutto, mentre colpì con un calcio la pistola dell'altro, sradicandogliela di mano.
Con una gomitata mise ko il primo agente, quindi sguainò la katana e la puntò alla gola dell'altro. «Non provate a seguirmi. Non è aria oggi.»
Spinse con la lama l'agente lontano da sé e si allontanò, salendo in sella alla sua moto.

Auguste Fabre si godè fino all'ultimo secondo la diretta della cerimonia. Almeno finché questa non era stata interrotta per via dell'attentato.
Si trovava nello studio di casa sua: una stanza arredata secondo uno stile di altri tempi, con mobilio in legno, numerose librerie e lunghi tappeti di colore scuro. Dietro la scrivania, campeggiava sulla parete un enorme stemma. Aveva la forma di uno scudo e, sulla superficie, erano disegnate due rose incrociate, una rossa ed una nera. Lo stemma originale della Rouge & Noir, di cui lui era il fondatore.
Fabre era un uomo di sessant'anni, capelli scuri corti, stempiati sulla fronte, grandi occhi neri e volto lungo e spigoloso. Fin da giovane aveva sviluppato un malsano fascino per l'occulto, che lo condusse ad una vera e propria ossessione. Vent'anni prima aveva fondato quel gruppo, concedendo favori ai membri che ne facevano parte in cambio di cospicui finanziamenti per le spedizioni alla ricerca di antichi tesori e reliquie.
Grazie alle ricchezze accumulate nel tempo, riuscì a diventare il proprietario della principale emittente televisiva francese. Aveva un grande potere nelle sue mani: i media erano un mezzo di pressione di gran lunga più efficace del denaro, capace di influenzare l'opinione pubblica con un semplice schiocco delle dita.
Ma non gli bastava. Voleva più potere.
E fu per questo che, quando si imbatté nella storia dei Miraculous, la sua brama lo spinse a concepire un piano per ottenerli.
Convinse uno dei suoi migliori uomini, Noel Norren, a coinvolgere un brillante professore di antiche civiltà. Norren fu anche in grado di entrare nel gruppo che partì per la spedizione in Tibet e, al momento giusto, avrebbe dovuto rubare i gioielli. Ma qualcosa andò storto e Fabre fu costretto ad abbandonare i suoi piani. Almeno finché a Parigi non apparve Ladybug, portatrice del Miraculous che lui riteneva perduto. Da allora, ideò un nuovo machiavellico piano per sottrarre l'oggetto dei suoi desideri.
La follia di Papillon era l'ideale specchietto per le allodole per il suo lavoro nell'ombra. Erano tutti burattini nelle sue mani, compreso Norren, ucciso perché sapeva troppo e mascherando il suo omicidio con un tentativo di uccidere Ladybug. A quello ci avrebbe pensato colui che credeva di manovrare il tutto, ignaro di essere stato manipolato fin dal principio: Gabriel Agreste.

Dopo aver sistemato la moto nel garage, Adrien si precipitò nel rifugio.
Si guardò intorno con agitazione. Non vedendo nessuno, si ricordò della camera che Plagg aveva allestito per le emergenze, su suggerimento di Angelina. Un modo per mantenere l'ambiente asettico.
Fissò la porta sconsolato. Per un secondo, ebbe l'impulso di entrare: voleva sapere le condizioni di Marinette. Ritenne, però, opportuno non disturbare Plagg ed Angelina. Sicuramente stavano facendo del loro meglio per salvarla; le conoscenze di Plagg, unite agli studi medici di Angelina si stavano rivelando fondamentali.
L'attesa era snervante ed alimentava la sua collera. Decise, quindi, di sedersi alla scrivania ed effettuare lui stesso le ricerche su quel volto e quelle impronte raccolte dall'uomo ucciso. Solo in quel momento si rese conto di ciò che aveva fatto: aveva ucciso un uomo. Un colpo preciso al petto lo aveva strappato alla vita.
Non aveva mai ucciso prima d'ora ed aveva promesso a Plagg che non l'avrebbe mai fatto. Aveva rotto quella promessa.
Ma per Marinette ne valeva la pena. Avrebbe fatto di tutto per lei.
Scacciò via questi pensieri e si concentrò sulla ricerca. L'uomo si chiamava Ahmed Madjen, algerino di 36 anni. Era un ex militare, facente parte della divisione dei tiratori scelti: un cecchino pressoché infallibile.
"Dunque l'obiettivo era veramente Nursef e non Ladybug." pensò mentre osservava il fascicolo di Madjer.
Molte cose non gli tornavano. Innanzitutto il fatto che quell'uomo vestisse i panni di Papillon: poteva essere lo stesso di Natale? O la Rouge & Noir aveva diversi mercenari al suo servizio?
Per non parlare di Noel Norren: aveva una nuova identità, ma lo avevano eliminato ugualmente. Forse sapeva troppo. Forse anche il nome di chi manovrava i fili.
Troppi dubbi. Ne avrebbe dovuto discutere con Plagg ed Angelina o, magari, chiedere anche a Fu, tornato a Londra in basso profilo dopo l'aggressione.
L'anziano uomo aveva raccontato di essere stato aggredito da un uomo ed una donna, entrambi col volto coperto da un passamontagna. Solo la donna aveva parlato, con voce metallica ed impostata; lui, invece, si era limitato alle percosse. Gli avevano intimato di rivelargli a chi avesse affidato il Miraculous, ma Fu aveva taciuto tutto il tempo e nemmeno le minacce erano servite a fargli aprire la bocca.
La porta della camera si aprì.
Adrien balzò in piedi e si fiondò accanto a Plagg ed Angelina, appena usciti. Lo sguardo del ragazzo parlò per lui.
Plagg gli sorrise ed annuì.
Marinette era salva.

Adrien rimase seduto per diverse ore in quella camera, di fianco al letto dove giaceva Marinette. Indossava una felpa grigia con il cappuccio ed, in mano, aveva il suo visore pronto ad indossarlo qualora la ragazza si fosse svegliata. Avrebbe voluto dirle tutto, non avere più segreti con lei, ma doveva tacere. Almeno fin quando la Rouge & Noir non sarebbe stata sterminata.
Marinette dormiva seraficamente, sotto l'effetto dell'anestetico.
Angelina era stata magistrale: aveva poca esperienza sul campo, avendo assistito a pochi interventi cui aveva preso anche parte. Aveva il timore di sbagliare e causare gravi conseguenze per Marinette, ma Plagg l'aveva aiutata e, soprattutto, sostenuta per il tutto il tempo. Così era riuscita ad estrarre il proiettile, ad arginare l'emorragia e ricucire la ferita.
In quel momento di crisi, Angelina l'aveva sentito più vicino che mai, anche più di quando la sua identità era Nicolas Santiago. Aveva ritrovato suo fratello, ma avrebbe tenuto per sé quella bellissima sensazione. Almeno per ora.
Adrien continuò per tutto il tempo ad accarezzare la mano di Marinette. Il silenzio di quella stanza era intervallato dai bip del monitor cardiaco.
La mano della ragazza sussultò ed Adrien infilò il cappuccio della felpa ed il visore, attivando, poi, il modificatore vocale, attaccato alla sua cintura.
Marinette spalancò i suoi bellissimi occhi azzurri e girò subito il capo verso il ragazzo. «C-Chat...»
«Sta calma.» lui le accarezzò il capo.
«Dove mi trovo?» chiese lei in un sussurro.
«Sei nel mio rifugio. Angelina ti ha operato e rimosso il proiettile. Il potere del Miraculous ti ha protetto da conseguenze più gravi. Ora hai bisogno di riposo.»
«Cosa... Cosa è successo?»
«Quanto ricordi?»
Lei mosse la testa a destra e sinistra. «Ricordo di aver combattuto con quel tipo. Aveva una maschera grigia... Corrispondeva alla descrizione che mi hai fatto di Papillon. Mi ricordo di un dolore atroce al fianco, poi il buio.» alzò una mano e vide che non era guantata. Non aveva più il costume. Spalancò gli occhi e fissò Chat, con un'espressione terrorizzata.
Chat le afferrò teneramente la mano. «La tua trasformazione era già terminata quando sono arrivato lì. Nessun altro ti ha vista.»
«Dov'è Tikki?» chiese lei rassegnata.
«È nell'altra stanza con Angelina ed il mio partner. Aveva bisogno di recuperare le energie e le abbiamo portato dei biscotti, su sua richiesta.»
Marinette rilassò il volto, ma assunse un'aria triste. «Immagino tu sappia chi sono io. Il mio vero nome.»
«Marinette Dupain-Cheng.» rispose Chat, sorridendo. «Studentessa del liceo François-Dupont e figlia dei proprietari della miglior pasticceria di Parigi.»
«Sei ben informato, vedo.» sorrise anche lei. «Sei deluso?»
«Da cosa?» domandò lui confuso.
«Dallo scoprire che l'impavida eroina di Parigi è in realtà una semplice liceale, molto goffa e pasticciona. Tutt'altro che infallibile.»
Chat scosse il capo. «Solo una persona straordinaria poteva essere degna di indossare quegli orecchini.»
Vedendo l'espressione ancora turbata della ragazza, Chat incalzò: «A cosa pensi?»
«Papillon conosce la mia identità.» replicò lei.
Chat sospirò e si alzò dalla sedia dando le spalle al lettino. «Non è più un problema. È morto.»
Marinette sussultò.
«Gli ho piantato una freccia in petto prima che potesse spararti.» spiegò Chat. «Era la prima volta che uccidevo qualcuno. Ma lo rifarei per salvarti.» la sua voce si incrinò.
Marinette chiuse gli occhi e si portò un braccio alla fronte scuotendo la testa. «Non so se valgo tutto questo, Chat.»
«Infatti.» si voltò per guardarla. «Vali molto di più.»
Mentre si avviava verso la porta aggiunse: «Riposati. Appena calato il buio ti riporterò a casa così i tuoi genitori non sospetteranno nulla.»
«Chat!» esclamò lei richiamando la sua attenzione.
Chat si voltò e annuì.
«Nadja Chamack.» dichiarò Marinette. «È lei che ha insistito affinché andassi alla cerimonia. Fatti dire tutto quello che sa. Tu solo puoi farlo.» infine sorrise. «Grazie. Per tutto.»

Gabriel entrò nel suo studio, camminando con aria impassibile.
La stanza era spoglia ed incolore: pochi manichini sparsi in giro, un paio di quadri d'autore fissati sulle pareti ed una scrivania in legno pregiato, posta sul lato opposto rispetto alla finestra. Su di essa, erano poggiati diversi quaderni ricchi di bozzetti ed un computer di ultima generazione.
Alle spalle, torreggiava un enorme dipinto, raffigurante un ritratto in stile mosaico di Emilie Agreste: i colori dominanti delle decorazioni erano l'oro come i suoi fluenti capelli e il verde come i suoi occhi.
Gabriel si fermò proprio dinnanzi al ritratto della defunta moglie, sfiorandone la superficie con i polpastrelli della mano. Le sue dita si fermarono in un punto preciso ed esercitarono una lieve pressione sul piano. Quel gesto fece scattare un meccanismo e il dipinto scorse di lato, rivelando una stanza segreta celata dietro di esso.
Lo stilista entrò a piccoli passi, richiudendo la parete scorrevole alle sue spalle, premendo un pulsante posto sul muro accanto.
La stanza, illuminata da potenti luci al neon bianche, era più piccola rispetto allo studio adiacente: al centro campeggiava un bancone in acciaio, sul quale risaltavano numerosi contenitori di fialette, contenenti liquido rossastro. Accanto ad essi, una grande valigia nera.
Ai lati, vi erano due teche in vetro, contenenti armi di vario genere, da fuoco e non; infine, sul fondo, un enorme finestrone di forma circolare donava una visuale perfetta sull'hotel Bourgeois, in ristrutturazione in seguito all'esplosione e al conseguente incendio.
Sul volto di Gabriel si disegnò un ghigno malefico, mentre apriva la valigia: ne estrasse una maschera grigia, la maschera di Papillon. All'interno della valigia vi era il resto del costume, lacerato in alcuni punti, dopo essere stato coinvolto nell'esplosione di Natale.
La parete scorrevole si aprì nuovamente. Sull'uscio comparve la sagoma di Nathalie.
«Ebbene?» chiese Gabriel.
Lei scosse il capo, mantenendo il silenzio.
Furioso, Gabriel colpì il bancone con un pugno. «Mediocre!»
Nathalie continuò a rimanere impassibile postura eretta e fiera e le mani incrociate dietro la schiena.
«Voglio sapere cos'è successo.» grugnì Gabriel.
«Madjen ha ucciso Nursef e ha colpito Ladybug al fianco.»
«Non lo pago per uccidere persone a caso!» sferrò un altro pugno sul bancone. «Doveva uccidere solo Ladybug.» sospirò, cercando di calmarsi; quindi aggiunse: «Dov'è ora Madjer?»
Nathalie scosse nuovamente il capo. «È morto. Hanno trovato il cadavere in un vicolo a pochi isolati dal Louvre.»
Gabriel trasalì. «Morto?»
Lei annuì. «Trafitto al petto da una freccia nera.»
«Chat Noir...» mormorò lui, portandosi una mano al mento. «E Ladybug?»
«Sembra sparita. Accanto al cadavere di Madjer hanno trovato tracce di sangue che non appartenevano a lui; probabilmente lei lo ha affrontato dopo l'agguato al Louvre.»
«E poi è intervenuto Chat Noir. Interessante.» si interruppe per riflettere.
«A cosa pensi?» chiese Nathalie.
«Chat Noir non ha mai ucciso nessuno finora. Perché farlo con Madjer?»
«Lo avrà ucciso per sbaglio.»
«Impossibile. Chat è un arciere formidabile; se la freccia era nel petto di Madjer, quello era il suo bersaglio.»
«Una vendetta personale?» considerò lei. «L'ha pur sempre visto nei panni di Papillon.»
«Io credo l'abbia fatto per salvare Ladybug. Credo che conosca la sua identità e che sia una persona alla quale lui tiene molto. Ho studiato bene Chat. Non avrebbe mai ucciso se non costretto dagli eventi. E questo ci darà sicuramente un vantaggio.»
«Come intendi agire?»
Gabriel strinse i pugni, riassumendo lo stesso ghigno malefico di pochi minuti prima. «Ladybug sarà comunque fuorigioco, quindi procediamo come prestabilito. La gente crederà che Papillon sia morto e si sentirà al sicuro. E, a quel punto, colpiremo.» si voltò verso Nathalie. «Dì agli uomini di tenersi pronti. Io chiamerò Nadja; ci vuole un servizio con i controfiocchi.»
«E Chat Noir?»
«Non mi preoccupa. L'ho già battuto una volta e, da domani, sarò più forte che mai grazie a questi.» indicò le fialette sul bancone.
Lo sguardo di Gabriel si fece molto più intenso e fulminante. «Domani, l'intera città brucerà.»



Angolo Autore:
Salve bella gente!
Quante rivelazioni in questo capitolo! Spero che abbiate retto l'urto. Ormai tutti i nodi stanno venendo al pettine ed ognuno dei personaggi sarà coinvolto in verità sconvolgenti che lasceranno spazio ad azioni sciagurate ed altre ben congeniate.
Quando ho iniziato a scrivere questa storia ero ben convinto a mantenere lo stessa struttura di base della serie e quindi che Papillon fosse in realtà Gabriel, ma ho cercato comunque di fare in modo che non fosse così scontato. Anche la decisione che fosse Adrien il primo a scoprire dell'identità segreta di Marinette era stata presa fin dal principio.
Io ora vi lascio alle vostre riflessioni (e credo ce ne saranno diverse) e vi do appuntamento per il prossimo Sabato. Come sempre, vi ringrazio di cuore per essere arrivati fin qui.
A presto.
Nike90Wyatt

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