Adrien rientrò nel covo al tramonto. Aveva da poco salutato Katami, con la quale aveva trascorso un simpatico e piacevole pomeriggio.
Erano ormai diverse settimane che avevano quest'abitudine dopo le consuete lezioni di scherma e l'avvento della primavera aveva favorito le ricorrenze di quelle uscite.
Adrien non disprezzava la compagnia della ragazza nipponica: aveva scoperto che lei apparteneva ad una dinastia di campionesse di scherma, iniziando da sua bisnonna, passando per sua nonna, sua madre, fino ad arrivare a lei. Ora era lei ad avere l'onere di partecipare e, soprattutto, vincere le competizioni mondiali. Per tenere alto il nome della famiglia.
Oltre a ciò, Adrien ammirava il suo sapere essere un'ottima ascoltatrice e gradiva il condividere con lei la passione per quello sport.
Valutando la sua personalità, notò numerose similitudini con sé stesso: entrambi erano poco inclini a socializzare con altri, non prima di averli inquadrati a dovere; erano spesso freddi ed impassibili di fronte alle avversità ed ambedue avevano difficoltà nel rapporto con l'unico genitore rimasto. Mentre per Adrien si trattava del padre, Katami aveva solo la madre.
Durante la loro conoscenza, ad Adrien non sfuggì il crescente interesse che lei mostrava nei suoi confronti e non si disturbava nemmeno a nasconderlo. Era nella sua natura essere chiara e risoluta. Ma per lui esisteva sempre e solo una persona, ben diversa da Katami, sebbene lui avesse compiuto il madornale errore di allontanarla.
Plagg era seduto alla scrivania intento ad esaminare minuziosamente ogni singolo frame del video trasmesso alla Vigilia di Natale; ci lavorava da mesi, essendo convinto di trovare anche un singolo dettaglio che li aiutasse a scovare Papillon. Era strano che non si facesse vivo da allora, dopo aver dichiarato i suoi obiettivi e nonostante il ritorno sugli schermi di Ladybug.
Angelina, invece, sedeva su una poltroncina, ripassando uno dei libri di medicina.
«Ci sono novità?» esordì Adrien.
Plagg annuì. «Non ci sono più dubbi ormai.» indicò lo schermo. «Le immagini del video sono finte. Fotomontaggi ben fatti. L'unica parte vera è quella che riguarda il sindaco.»
«Quindi chiunque degli invitati può essere Papillon.»
Angelina chiuse il libro e, interessata alla conversazione, si avvicinò a loro. «Sempre se si trovava già dentro.»
«Ho controllato le telecamere di sicurezza nei pressi dell'hotel. In ventiquattro ore il numero di coloro che sono entrati e usciti corrisponde perfettamente a quello dell'ora dell'attacco. Papillon era tra gli invitati.» affermò Plagg.
«Escludendo le donne, gli uomini troppo anziani, i miei compagni e i suoi complici, siamo a nove sospettati.» intervenne Adrien.
«Dieci.» lo corresse Plagg. «Non puoi escludere a priori tuo padre, Adrien.»
Adrien scosse la testa. «Perché dovrebbe farlo, Plagg?»
«Siamo qui per scoprirlo... Ma non commettere l'errore di dare le cose per scontate. Ne va della nostra sopravvivenza.»
Adrien sospirò. Plagg aveva ragione: non poteva escludere suo padre dalla cerchia dei sospettati. Anche se ne ignorava le motivazioni.
Angelina colpì Plagg con il gomito, notando il turbamento del ragazzo e l'uomo decise di cambiare argomento. «Come vanno le cose a scuola? È un po' che non me ne parli.»
Adrien mosse il capo a destra e sinistra. «Sono riuscito a riallacciare i rapporti con gli altri. Anche se non del tutto.»
«Marinette?»
Adrien sbuffò. «Quel tipo, il fratello di Juleka...»
«Luka?» suggerì Plagg.
«Lui... La va a prendere quasi tutti i giorni con quella sua dannatissima moto. Mi sembra un serpente che si avvinghia alla sua preda.»
Era irritato.
«Brutta roba la gelosia.» Angelina ghignò.
«Non sono geloso!» sbottò Adrien. «È solo che non reputo il "serpente rockettaro" la persona giusta per Marinette.»
Angelina lo fissò poco convinta, mentre Plagg prese da un frigo una porzione di formaggio. «Per questo io preferisco il cibo alle donne. È più facile: "Ciao Camembert, io sono Plagg. Piacere."» Addentò una fetta.
«Come fai a mangiare quel formaggio dal tanfo nauseante?» domandò Angelina disgustata.
«Profana!» esclamò Plagg.
Adrien ridacchiò a quella scenetta. «La pensavi diversamente quando facevi il cascamorto con quell'americana. Come si chiamava? Vanessa?»
«Vanessa King. Ed è riduttivo definire "Quell'americana" la segretaria del dipartimento di giustizia.»
«Una persona importante allora.» considerò Angelina.
«Io frequento solo l'elite mia cara.»
Angelina roteò gli occhi al cielo e si rivolse ad Adrien: «E Katami?»
«È una buona amica.» rispose lui.
«Pensi ancora a Marinette.» commentò lei.
«Per favore, non facciamo paragoni!» intervenne Plagg. «Katami non ha nulla a che vedere con Marinette.»
Prima che la conversazione andasse oltre, Adrien aprì la teca col suo costume, pronto ad una serata in missione con Ladybug. I due avevano collaborato spesso nelle ultime settimane e lui aveva iniziato ad usare metodi più ortodossi su imposizione di lei. Purtroppo, le loro ricerche non avevano ancora dato frutti. Nessun indizio sulla Rouge & Noir o su Papillon.
L'auricolare del costume di Chat si illuminò: Ladybug lo stava chiamando.
«Appartamento di Fu.» disse lei. «Ricominciamo da lì.» chiuse subito la chiamata dopo la risposta affermativa di Adrien.
Plagg iniziò a sogghignare, attirando l'attenzione di Angelina e Adrien. «Perché non ci provi con lei? Penso la troveresti molto interessante se la conoscessi meglio. Sicuramente più di Katami.»
Chat era scettico all'idea di dover tornare ad indagare nel centro massaggi di Fu. Alla fine, però, Ladybug lo convinse, non volendo lasciare nulla di intentato.
Scrutarono a lungo ogni singolo centimetro del locale ma non trovarono nulla che non avessero già notato prima. L'unico indizio interessante era il grammofono nel quale Fu teneva custodito il Miraculous, ma, essendo ormai vuoto, non avrebbe svelato granché.
Sconsolata, Ladybug si fermò al centro della stanza a riflettere. Pensò che forse dovevano passare a metodi più diretti, gli stessi che utilizzava Chat prima della loro collaborazione.
Iniziò a camminare in tondo, sotto lo sguardo di lui, ma, nel buio, non badò ad uno dei cuscini poggiati a terra, inciampandovi sopra.
Grazie ai suoi riflessi felini, Chat fu lesto ad afferrarla per la vita, evitandole di cadere a terra. La ragazza non fece in tempo a ringraziarlo che, nel riassumere una posizione dritta, si ritrovò il volto di Chat a pochi centimetri dal suo.
Chat indugiò, fissando quegli occhi azzurri, illuminati dalla luce della luna, proveniente dalla finestra aperta: erano così simili a quelli di Marinette. Differivano solo per una leggera sfumatura più scura, vicino al blu. Non gli fu chiaro il motivo, ma, in quell'istante, vide la sua compagna di classe tra le sue braccia, non Ladybug. Istintivamente, avvicinò le labbra a quelle della ragazza e la baciò.
Ladybug sussultò e lo spinse lontano, premendo con le mani sul petto di lui. Dopo averlo fulminato con lo sguardo alzò la mano destra e gli sferrò uno schiaffo in pieno volto.
Si girò, dunque, di scatto e si avvicinò alla finestra. «Non azzardarti mai più a farlo!»
Balzò giù e scomparve nella notte.
«Adrien? Cos'è stato?» domandò Plagg all'auricolare. «Pronto?»
Chat rimase lì imbambolato per diversi minuti, ignorando i richiami nel suo orecchio. Spense la trasmissione diretta con Plagg ed uscì dal centro massaggi. Non aveva la minima idea di ciò che era appena successo.
Tornato al covo, Adrien si preparò alla sfuriata dell'amico, principalmente per averlo ignorato ed interrotto le comunicazioni.
Plagg, infatti, lo attendeva in piedi al centro della stanza, braccia incrociate e volto imbronciato. «Cos'è successo? Bada che non ci muoviamo da qui finché non mi dirai tutto. Cos'era quello schiocco? Cos'è che non dovrai mai più fare?»
«Lasciami respirare, Plagg.»
Plagg afferrò il ragazzo per un braccio. «Eh no, mio caro! Qui dipendiamo tutti da voi, quindi ora mi dici tutto. Tutto!»
Adrien scrollò le spalle e si liberò del cappuccio. Sul volto aveva un evidente segno rosso della forma di una mano. «L'ho baciata.» disse indicando il segno. «E lei mi ha mollato uno schiaffo. Non chiedermi perché l'ho fatto; non lo so nemmeno io.»
Si voltò e vide Plagg che lo fissava con occhi spalancati, le guance gonfie ed una strana espressione sul volto. Improvvisamente le spalle dell'uomo iniziarono a tremare.
Infine cedette e scoppiò a ridere. Talmente tanto da lacrimare.
«Io adoro quella ragazza!» dichiarò tra una risata e l'altra.
Innervosito e, soprattutto, confuso dalla situazione Adrien grugnì e lasciò il covo. Aveva bisogno di un buon sonno per rimettere in ordine i suoi pensieri.
Prima che lasciasse la stanza, sentì Plagg riferirgli: «Meno male che domani non hai scuola o avresti dovuto dare spiegazioni per quel segno.»
Si avvicinava la data del diciottesimo compleanno di Marinette. I genitori le avevano proposto vari locali dove festeggiarlo, ad alcuni avevano anche fatto un sopralluogo insieme, ma la giovane era confusa a riguardo.
Aveva volontà di festeggiarlo con tutta la sua famiglia e i suoi amici, ma desiderava anche che fosse un posto semplice, intimo, non troppo sfarzoso. Purtroppo la sua casa era troppo piccola.
Entrata in classe, si rese conto che mancavano ancora molti suoi compagni, compresa Alya. Salutò quelli che erano già seduti ai loro banchi, comprese Chloè e Sabrina.
La prima, dopo aver ricambiato il saluto dell'antica rivale, si diresse verso di lei, lasciando a Sabrina il compito di riporre l'occorrente che aveva utilizzato fino ad allora per sistemarsi le unghie, tra l'altro già perfette.
Marinette fu colta di sorpresa da questo gesto, non essendo mai accaduto prima d'ora, ma cercò lo stesso di essere gentile e naturale.
«Dupain-Cheng. Tu compi gli anni il 18 vero?» chiese Chloè.
Marinette annuì. «Un giorno prima di te, Chloè.»
«Lo so, lo so.» replicò la biondina col solito tono di superiorità. Poi, la sua voce si addolcì. «Stavo pensando che potremmo fare un'unica festa all'attico che ho in centro, invitando tutta la classe e anche alcuni membri della scuola che conosciamo e frequentiamo.»
Marinette era una statua di sale. Non riusciva a proferire parola. Chloè, la sua eterna nemica che preferiva invitare qualunque sconosciuto pur di non farle prendere parte ad una sua festa, voleva addirittura condividere un compleanno così importante con lei, dividendo metà della scena.
Chloè aspettava impaziente una sua risposta, mantenendo un'espressione serafica. «Trovo sia piuttosto pratico. Tu non preoccuparti di nulla, organizzo tutto io e penserò anche ai nostri abiti.»
Considerò il silenzio di Marinette come un cenno d'adesione e fece per andarsene, ma la corvina la fermò per un braccio. «Sei sicura di quello che stai dicendo?»
Chloè sorrise divertita. «Certo! Vedrai, sarà una festa indimenticabile.» abbassò lo sguardo divenendo più seria. «Vorrei farmi perdonare per tutte le volte che ti ho esclusa dai miei party col chiaro intento di umiliarti. Ti chiedo scusa. Ho capito che nella vita esistono cose molto più importanti che degli sciocchi dispettucci da bambina viziata. Ti aggiornerò sui preparativi e, per il momento, non dire niente a nessuno.» tornò, dunque, al suo banco, riassumendo la sua solita espressione altezzosa e facendo dondolare la sua lunga chioma bionda. Sedendosi, strizzò l'occhio in direzione di Marinette, lasciando basiti Sabrina e tutti i compagni di classe.
Quando arrivò Alya, Marinette era ancora immobile, pietrificata; l'amica chiese spiegazioni ma lei decise di glissare e di fidarsi di Chloè, acconsentendo alla richiesta di tacere per sorprendere tutti alla festa.
Poco prima dell'arrivo della professoressa Bustier, anche Adrien, giunto lì da poco, guardò di sfuggita Marinette, senza farsi notare.
Quel giorno, Luka non passò a prenderla a causa di un impegno, così Marinette si avviò verso casa pensierosa, ancora scossa dagli avvenimenti di quella mattina. Tenendo lo sguardo basso, non guardò cosa vi era dinnanzi a lei e, inevitabilmente, andò a scontrarsi con una persona. I libri che reggeva in mano le caddero a terra; alzò il capo per scusarsi, ma le parole le morirono in gola quando si ritrovò di fronte Adrien.
«Scusami.» mormorò lui, imbarazzato, mentre il volto di Marinette arrossì.
Non erano stati così vicini dalla notte della Vigilia. Adrien si chinò subito per raccogliere i libri e glieli porse.
«Grazie.» disse lei, abbozzando un sorriso.
Vi fu un lungo scambio di sguardi tra i due senza proferire parola: in esso, per entrambi, si leggeva emozione, malinconia e titubanza. I loro cuori battevano forte, ma nessuno ebbe il coraggio di sciogliere quel ghiaccio, per abbattere quel muro che si era innalzato tra loro.
Marinette abbassò lo sguardo per prima e notò il braccialetto che gli aveva regalato legato al suo polso; un sussulto di gioia si scatenò dentro di lei.
Contemporaneamente, lui vide al collo il medaglione che le aveva regalato a Natale e pensò che, forse, la ragazza provava ancora un po' d'affetto nei suoi confronti.
Si salutarono timidamente ed intrapresero strade opposte, entrambi più ottimisti dopo quell'incontro. Il loro rapporto avrebbe potuto riprendere un nuovo percorso, magari tornare ad essere amici o qualcosa in più. Se solo uno dei due avesse avuto il coraggio di fare il primo passo, invece del silenzio.
Tornata a casa, Marinette fu accolta da Sabine. «Come mai di ritorno così presto? Niente passeggiata rockettara?»
Marinette sorrise imbarazzata. «Aveva un impegno oggi.»
Salì in camera, in attesa del pranzo, e raccontò a Tikki ciò che era successo, emozionatissima e sollevata. «Forse tutto andrà per il meglio. Ormai le mie divergenze con Chloè sono acqua passata e oggi con Adrien...» si interruppe ripensando a quel momento. «Insomma, ho ritrovato nel suo sguardo il ragazzo della Vigilia di Natale e non più la controfigura di Chat Noir alle origini. Sembrava quasi che si fossero scambiati le personalità, ultimamente. Tutto si sta sistemando, Tikki! Sento che alla festa potrò avere una seconda occasione con Adrien.»
Tikki si poggiò sulle sue mani e Marinette le stampò un affettuoso bacio sulla fronte.
«Andrà tutto bene se anche la faccenda di Papillon sarà risolta.» asserì la piccola kwami, riportando la ragazza coi piedi per terra.
Marinette annuì e gettò uno sguardo verso la finestra osservando Parigi. «Papillon avrà quello che si merita.»
La settimana successiva, Chloè fece trovare, come di consuetudine, delle eleganti buste nere con il bordino oro sui banchi dei suoi compagni: era l'invito alla sua sfavillante festa. Alya notò subito che sul banco di Marinette mancava la busta e, furiosa, si lanciò contro la biondina con l'intenzione di dirgliene di tutti i colori.
Chloè la bloccò subito con un mano. «Le festeggiate non hanno bisogno dell'invito.» con tutta tranquillità si avvicinò a Marinette, appena giunta in classe, e annunciò: «Gli inviti per la festa sono da parte mia e di Marinette; festeggeremo il nostro diciottesimo compleanno insieme, nel mio attico.»
Tutti i componenti della classe erano annichiliti, con le bocche spalancate per lo stupore. Chloè e Marinette sorrisero guardando le loro reazioni. La corvina si accomodò al suo banco rivolgendo uno sguardo fugace ad Adrien, il quale contraccambiò.
All'uscita, Marinette discuteva amichevolmente con Chloè, con Alya, Nino e Adrien che li fissavano sbigottiti.
Arrivò, come sempre, rumoroso con la sua bella moto e con quel notevole fascino che lo contraddistingueva, Luka; una volta tolto il casco, si spettinò i capelli e rivolse un largo sorriso in direzione della giovane Dupain-Cheng. «Ciao, Marinette!»
Adrien sbuffò contrariato a quella scena, cosa che non sfuggì all'acuta Alya, la quale ghignò maliziosamente.
Mentre Luka si avvicinò alle ragazze, Chloè dava disposizioni su come si sarebbero evoluti i preparativi; in quel momento, Marinette si sentì trasformata nella povera Sabrina, costretta a dire sì a tutto quello che la bionda capricciosa ordinava.
«Mi raccomando, alle 17:00 dalla sarta per provare i nostri abiti. Questo è l'indirizzo.» disse Chloè perentoria, porgendo a Marinette un piccolo biglietto da visita.
Marinette annuì, quindi si voltò e salutò Luka, il quale osservò incuriosito Chloè. Quest'ultima, stranamente, non fece sgradevoli commenti sul look particolare del giovane rockettaro. Tra i due ci fu un lungo sguardo complice. Marinette ne approfittò per presentarli. «Chloè, lui è Luka, il fratello di Juleka. Luka ti presento...»
«Chloè Bourgeois, la figlia del sindaco.» intervenne Chloè, stringendo la mano al ragazzo. Infilò la mano nella sua borsa e ne estrasse l'invito alla festa, porgendoglielo. «Mi farebbe piacere che intervenissi anche tu.»
«Grazie.» replicò Luka.
Chloè salutò i due, mentre Luka continuava ad osservarla sorridente. Si rivolse, dunque, a Marinette: «Gentile la tua amica.»
«Non è mia amica... O meglio non lo era. In effetti, non so nemmeno come definirla.»
Durante la loro passeggiata in moto, Marinette raccontò come si era evoluto il rapporto tra lei e Chloè, delle innumerevoli litigate fin dal primo giorno in cui si erano conosciute, passando per il loro avvicinamento quel giorno in ospedale, sino ad arrivare a quell'incredibile proposta per il diciottesimo compleanno.
Luka ascoltò con grande interesse il racconto della ragazza. «Che ne dici se ti accompagnassi alla prova degli abiti?» propose, infine.
Marinette assentì. «Promettimi di andar via subito, però. Chloè vuole che nessuno veda i nostri abiti prima del ricevimento.»
«Promesso.»
Passarono più di due ore, prima che Marinette e Chloè uscissero dall'atelier. Luka le aspettò seduto sulla sua moto accanto al marciapiede antistante al negozio: indossava due vistose cuffie sulle orecchie ed ascoltava musica a tutto volume, con una gamba penzoloni e l'altra piantata per terra, gli occhi chiusi per concentrarsi sulla canzone.
Quando riaprì gli occhi, vide le due ragazze parlare con una signora anziana, capelli bianchi, dall'aspetto e vestiti giovanili. Stringeva affettuosamente a sé Marinette per un braccio e la baciava più volte sulla guancia in modo euforico e felice. Luka decise di raggiungerle.
«Luka!» esclamò Marinette. «Lei è mia nonna, Gina Dupain, la madre di mio padre.»
«Piacere Madame.» disse il ragazzo allungando la mano in direzione della donna, la quale, in tutta risposta, lo tirò a sé e lo strinse in un abbraccio. Pur sorpreso, Luka ricambiò il gesto.
Gina guardò oltre la spalla di lui, vedendo la sua moto parcheggiata sull'altro lato della strada. «Io adoro la tua moto. È praticamente la gemella della mia, quella con cui adesso io e la piccola Marinetta andremo a far compere.»
«Scusami tanto, Luka.» mormorò Marinette, chinando il capo ed avviandosi, poi, insieme alla nonna.
Luka scosse il capo ed osservò divertito l'espressione spaventata di Marinette in sella alla moto di Gina che sfrecciò via a tutta velocità.
Anche Chloè ridacchiò.
Luka si rivolse a lei: «Se vuoi, posso accompagnare te a casa.»
Chloè assunse un'aria contrariata. «Sei pazzo! Salire su quella moto che mi stropiccerebbe il vestito e mi rovinerebbe i capelli? Decisamente no!» accorgendosi di aver esagerato, addolcì il tono della voce. «Scusami. Non volevo essere scortese, è solo che...»
Luka la interruppe, per nulla offeso. «Se non ti va di salire in moto possiamo sempre andare a piedi. Non sarebbe male una bella passeggiata. Che ne dice, miss Chloè?»
Chloè esitò per qualche istante, ma infine decise di accettare. «Avviso il mio autista, allora.»
Durante la passeggiata, i due chiacchierarono a lungo toccando vari argomenti.
«Tu e Marinette state insieme, vero?» chiese Chloè a bruciapelo, senza un motivo ben chiaro.
Luka sospirò. «Mi sarebbe piaciuto molto. In questi mesi, ho tentato di conquistarla, stiamo bene insieme ed abbiamo molti interessi in comune. Sebbene sia sempre garbata ed amichevole, è distante, distratta, ha altro per la testa. Anzi, direi un altro nella testa e nel cuore. Non me ne ha mai parlato apertamente, ma credo di averlo capito fin da subito. Credevo di avere qualche chance ma non è così. È la dura realtà e devo farmene una ragione.» si voltò verso Chloè e sorrise.
«So cosa provi.» replicò Chloè, ricambiando il sorriso. «Io ho vissuto una situazione simile. Mi piaceva un ragazzo: ho provato a conquistarlo, ma lui è innamorato di Marinette. E sai qual è la cosa più assurda? Che lui non sa che il suo amore è corrisposto! Si stanno allontanando per orgoglio come due stupidi. È ridicolo, assolutamente ridicolo!»
Luka iniziò a capire, collegando i racconti di Marinette, le sue mezze parole. «Parli di Adrien Agreste, vero?»
Chloè sgranò gli occhi, stupita. «Come hai fatto a capire?»
«Intuito, semplice intuito. Pensi che conoscendo la loro situazione, potremmo fare qualcosa per aiutarli? Voglio bene a Marinette, desidero vederla felice anche se non con me.» nei suoi occhi si leggeva tristezza.
Intenerita da tanta bontà ed altruismo, Chloè gli coprì una mano con la sua. «Non credo sia una buona idea metterci in mezzo, ma forse alla festa potremmo inventarci qualcosa per dar loro una spintarella, fargli abbassare un po' le difese.»
Si scambiarono un'ultima occhiata complice e giunsero accanto alla casa della biondina. Entrambi furono soddisfatti di quel bel pomeriggio trascorso insieme.
Angolo Autore:
Giuro che quando ho scritto questo capitolo, la famosa canzone non era stata ancora resa pubblica, quindi il muro eretto tra i due è tutta farina del mio sacco.
Scherzi a parte, vi confesso che mi sono divertito tantissimo a scrivere la scenetta dello schiaffo con relativa reazione di Plagg. È una delle scene che preferisco di tutta la storia.
Come avrete già intuito, l'evento eccezionale di cui vi ho parlato negli scorsi capitoli era proprio il diciottesimo compleanno di Marinette, al quale si affianca anche quello di Chloè. E ammetto che mi piace molto la coppia biondina-rockettaro, sebbene sono conscio che canonicamente sia difficile se non impossibile che si avveri.
Per il momento vi lascio alle vostre considerazioni, so già che Sabato sarà elettrizzante leggere le reazioni alla sfavillante festa. Saluto i miei cari amici Vanessa e Valerio ai quali dedico questo capitolo.
Alla prossima.
Nike90Wyatt
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Per Amore e per Vendetta
FanfictionUna vendetta non può mai definirsi giustizia, neanche se nasce dal desiderio di onorare la memoria di un amore perduto prematuramente. Un concetto molto comune, vero, antico come antiche sono le leggende che trascinano i personaggi di questa storia...