Capitolo 17

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                                                                                                             New York, 2015

Plagg rientrò dal lavoro poco prima dell'ora di pranzo. Erano già diversi mesi che aveva quest'abitudine e tentava di ridurre sempre più il suo carico di lavoro, delegando a persone fidate compiti importanti.
Il suo obiettivo era uno ed uno soltanto: stare vicino ad Adrien.
L'aveva promesso ad Emilie quando era in vita e, adesso che lei non c'era più, non sarebbe mai venuto meno a quella promessa. A qualunque costo.
Entrando nell'appartamento, fu accolto dalla signora Katy, la governante assunta poco dopo il definitivo trasferimento di Gabriel a Parigi, insieme all'intero staff di domestici: era una donna dall'aria affabile e benevola, molto discreta e gran lavoratrice, sempre pronta a soddisfare qualunque richiesta.
«Mr. Dominus, il pranzo sarà pronto tra mezz'ora.» disse la signora.
«È ancora a lezione?» Plagg indicò con lo sguardo il piano superiore.
«Sì, signore. Credo termineranno a breve.»
Plagg la ringraziò, rivolgendole un sorriso di circostanza e chinando il capo.
Salì, quindi, le scale che conducevano al piano superiore diretto alla camera del suo amico.
Poco prima di raggiungerla, la porta della stanza si aprì: sull'uscio comparve una donna di mezz'età, capelli di lunghezza media biondi, con occhiali da vista poggiati sul naso.
«Arrivederci, Adrien» disse, richiudendo la porta alle sue spalle, mentre assumeva un'evidente aria amareggiata.
Incrociò Plagg nel corridoio. «Oh, salve Mr. Dominus. Non l'avevo notata.»
«Mrs. Bowers.» la salutò Plagg con un mezzo sorriso. «Com'è andata la lezione oggi?»
«Come sempre... Condotta e rendimento sono impeccabili; e dimostra, ogni giorno, di avere un acume fuori dal comune.»
«Ma...?» incalzò Plagg, prevedendo un seguito a quel discorso.
«È come fare lezione ad un robot! Mentre spiego annuisce soltanto. Quando lo interrogo risponde in modo secco ed apatico.»
Plagg sospirò, appoggiando la schiena al muro, con le braccia incrociate.
La Bowers proseguì: «So che la sua perdita è stata molto dolorosa e che sarà impossibile colmare quel vuoto, ma è passato quasi un anno, Mr Dominus.»
Plagg annuì. «Già.»
«È il momento che lui vada avanti. E lo stesso vale per lei.» indicò col dito l'uomo.
«Non farò come suo padre.» replicò Plagg. «Starò sempre al suo fianco.»
Rincuorata da quelle parole, la Bowers si congedò, salutando Plagg con una stretta di mano.

Plagg si fermò davanti alla porta della stanza di Adrien.
Cosa avrebbe dovuto fare?
Lasciarlo in quello stato avrebbe significato privarlo della felicità che Emilie desiderava per lui.
Ma raccontargli la verità dove lo avrebbe condotto?
Avvolto da questi dubbi, bussò alla porta; ottenne il permesso di entrare da una voce pigra ed abulica.
Adrien sedeva sulla poltrona beige accanto alla finestra, dalla quale era possibile scorgere le immense arterie della Grande Mela: il ragazzo aveva uno sguardo assente, in esatta corrispondenza con la descrizione della sua istruttrice privata.
Data l'importanza del personaggio in questione, Emilie Agreste, moglie del grande stilista internazionale, Gabriel Agreste, la notizia del suo omicidio aveva fatto il giro del mondo: il nome della famiglia era sulla bocca di tutti.
Plagg aveva concordato con Gabriel di assumere una persona che si occupasse dell'istruzione di Adrien, dato che il ragazzo non aveva la minima intenzione di frequentare la scuola, sapendo che il motivo della sua sofferenza sarebbe stato spesso oggetto di discussione tra gli studenti. Inoltre, i professori, che già avevano sempre un occhio di riguardo per lui, lo avrebbero trattato con compassione: l'ultima cosa di cui lui aveva bisogno.
«Adrien, a breve è pronto il pranzo.» Plagg si sedette su una sedia davanti all'amico.
Non ottenendo alcuna reazione, proseguì: «La signora Katy vuole una recensione degna di Gordon Ramsey sul pranzo. Tieni pronte le tue papille gustative.»
Nessuna risposta.
Plagg si guardò intorno, notando sulla scrivania il libro di matematica, la materia preferita di Adrien ed iniziò a sfogliarlo. «Lo sai che lo studio di funzione mi è fondamentale per la creazione degli algoritmi? La Bowers mi ha detto che...»
«Io sono un robot.» mormorò Adrien, con tono gracchiante.
Plagg lo fissò con stupore ed un pizzico di divertimento. «Hai un ottimo udito.»
«Plagg...» sussurrò Adrien. «Perché?»
Plagg scosse la testa. «Adrien, dobbiamo cercare di andare avanti. Lei non vorrebbe vederti così.»
Sul volto di Adrien iniziarono a scendere delle lacrime. «Non ci riesco.» la voce si fece sempre più strozzata dal pianto. «Perché anche papà mi ha abbandonato?»
Sfruttando le ruote della sedia, Plagg si avvicinò al ragazzo e gli strinse una mano sulla spalla. Non riusciva più a vederlo in quello stato: sapeva benissimo che raccontargli quello che sapeva avrebbe cambiato tutto.
Ma doveva farlo.
«Adrien, devo dirti una cosa riguardo Emilie. È giusto che tu lo sappia.» disse, ottenendo una piccola reazione da parte del ragazzo. «Circa sedici anni fa, ho avuto un incidente e ho perso la memoria. Ricordavo solo il mio nome: Plagg.»
Adrien si sfregò le guance bagnate dalle lacrime, assumendo un'aria sorpresa. «Non me l'avevi mai detto.»
Plagg si alzò dalla sedia e si avvicinò alla finestra, con le mani infilate nelle tasche dei suoi pantaloni scuri. «Non avresti mai dovuto saperlo, infatti.»
«Perché?» 
«Perché fu Emilie a deciderlo.»
Adrien osservava l'amico con aria confusa, la bocca semiaperta e le mani tremolanti.
Plagg si voltò nella sua direzione e proseguì: «Lei e Gabriel furono le prime persone che vidi quando mi risvegliai. Mi dissero che il mio nome completo era Plagg Dominus, ma non hanno mai fornito dettagli sul mio incidente. "È per la tua sicurezza" mi ripeteva sempre Emilie.» si interruppe, assumendo un'espressione seria e severa. In tanti anni, Adrien avrebbe giurato di non averlo mai visto così. «Col tempo, ho iniziato a rivivere nei sogni alcuni flash: il Tibet, un tempio, l'università di Parigi, un buffo uomo dai marcati tratti orientali... Tutte informazioni che Emilie mi pregò di tenere nascoste.»
«Ma perché? Non riesco a capire.» Adrien scosse la testa.
«Prima che tu nascessi, Emilie era una studiosa di antiche civiltà e spesso organizzava spedizioni di gruppo per trovare reliquie di cui ne studiava la storia. Le spedizioni erano finanziate da un gruppo di filantropi: non rivelavano mai i loro veri nomi. Si nascondevano sempre dietro uno pseudonimo: la Rouge & Noir.»
Adrien era sconvolto: dal racconto dell'uomo, sembrava si stesse parlando di una persona sconosciuta e non della madre. Per un attimo pensò anche che quel racconto era una frottola inventata di sana pianta solo per distrarlo, ma gli sembrò impossibile che la persona che considerava un fratello gli mentisse in quel modo riguardo la madre.
Il racconto di Plagg, intanto, continuava: «Penso che nei miei ricordi siano contenute informazioni. Informazioni vitali che questi tizi volevano a tutti i costi. Ed Emilie questo lo sapeva. Per questo ha pensato di trasferirsi qui in America prima della tua nascita. Per proteggere me e tutta la famiglia. Te compreso.»
«Cosa può esserci di così importante nei tuoi ricordi?»
Plagg strinse le spalle. «Non lo so. So solo che Emilie era terrorizzata da quelle persone. E temo che loro possano...»
Adrien sobbalzò e si alzò dalla sedia, afferrando Plagg per il colletto della camicia.
«Pensi che loro abbiano ucciso la mamma?» urlò a squarciagola. «Rispondi!»
Plagg poggiò le mani su quelle del ragazzo e, con calma olimpica, disse: «Lasciami, Adrien.»
Come risvegliato da un lungo sonno, Adrien restò per qualche secondo imbambolato, e poi lasciò la presa. «Scusami.»
Plagg si sistemò il colletto. «Negli ultimi mesi ho condotto ricerche estenuanti al computer, giorno e notte. E, alla fine, li ho trovati. Tutti i nomi che hanno collaborato con il gruppo Rouge & Noir. E sono tutte persone che conducono affari non propriamente legali. Quindi la risposta è sì, Adrien. Penso che loro siano coinvolti nell'omicidio di tua madre.»
Adrien strinse gli occhi e sul volto si disegnò una smorfia di dolore misto a rabbia. «Perché me lo dici solo ora?»
«Per lo stesso motivo per cui prima mi hai preso per il collo. La tua reazione.»
«Come avrei dovuto reagire?» ringhiò il ragazzo a voce alta. «Mi hanno portato via mia madre!» gettò a terra qualsiasi oggetto presente sulla scrivania, dai libri ai monitor del pc, mentre le guance furono nuovamente rigate dalle lacrime.
«Speravo di raccontarti tutto quando saresti stato pronto.» ribadì Plagg. «E che riuscissi a superare il dolore. Ma non ce la facevo più a vederti in quello stato.»
Adrien si appoggiò con le mani sulla scrivania, le braccia tese e la testa bassa, incassata nelle spalle. Si udivano i suoi singhiozzi: non aveva mai pianto in quel modo, nemmeno appena ricevuta la notizia della morte di Emilie.
Plagg lasciò che l'amico si sfogasse, che tirasse fuori tutto quello che aveva dentro.
Quando parve calmarsi, Adrien rialzò la testa: il suo sguardo era completamente cambiato, non più sofferente ma freddo e carico di rabbia. «Plagg... Quei nomi, li hai ancora?»
Plagg assentì.
Adrien scagliò un pugno sulla scrivania, scavando un piccolo solco. «Voglio trovarli tutti. Scoprire chi di loro ha ucciso mia madre e, soprattutto, perché. Mi aiuterai?»
«Sempre!»

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