Capitolo 13

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Chat era immobile, ancora cosciente, ma incapace di reagire: Ladybug lo aveva sopraffatto con una forza straripante. La sua immagine era lontana anni luce da quella ragazzina spaventata incontrata mesi prima, quando era bastato tirarle una freccia a pochi centimetri dal viso per terrorizzarla.

Chat chiuse gli occhi, pronto ad affrontare le conseguenze delle sue azioni, pronto a guardare Ladybug negli occhi, con il volto scoperto, senza la maschera.

La supereroina non riuscì però a strappare quel visore, poiché due dardi volarono proprio nella sua direzione: fu l'istinto a guidarla in una magistrale schivata, evitando entrambe le frecce.

Guardò nella direzione da cui intuì fossero state sparate, vedendo un uomo vestito in nero, un abbigliamento molto simile a quello di un soldato, con la testa coperta da un passamontagna, mentre imbracciava una balestra.

Ladybug riassunse la sua posa da combattimento, preparandosi ad un altro scontro.

Il misterioso uomo puntò la sua balestra, deciso a sparare un'altra freccia. Chat colse al volo l'occasione: estrasse dalla sua cintura due granate, una fumogena ed una abbagliante e le lanciò entrambe ai piedi di Ladybug, costruendosi un'opportunità per fuggire.

«Sbrigati!» esclamò l'uomo in nero, rivolto a Chat che, claudicante, si alzò in piedi e corse nel modo più veloce possibile verso l'automobile alle spalle di quel tizio.

Prima di entrare nel mezzo, imbracciò il suo arco e scoccò una freccia che si conficcò sul tappo del serbatoio della sua moto, che esplose pochi secondi dopo.

L'auto sfrecciò via a tutta velocità, mentre la coltre di fumo provocata dalla granata si diradò lentamente; Ladybug, furente, strinse i pugni, non riuscendo a capacitarsi di come l'arciere le fosse sfuggito un'altra volta.

«Hai anche gli alleati, gattaccio.» ringhiò a denti stretti. Rimase lì per qualche minuto a rimuginare, con la rabbia che a poco a poco l'abbandonava. Ricordandosi del suo appuntamento con Alya, per mantenere la sua copertura, spiccò il volo, dirigendosi verso il Trocadero.

Adrien si liberò di cappuccio e maschera, tenendo gli occhi fissi su di essa mentre, al suo fianco, Plagg era al volante dell'automobile usata per la fuga; il suo intervento era stato tempestivo, senza di lui la missione sarebbe terminata anzitempo.

«Fortuna che ho dotato il tuo costume di un gps.» disse, concentrato alla guida. «Sono arrivato giusto in tempo. Non capisco perché tu non voglia usare la balestra automatica, ma direi che, in questo caso, la tua scelta è stata provvidenziale.»

«Ho commesso un errore, Plagg.» Adrien sospirò. «L'ho sottovalutata. Non credevo fosse così forte. Mi ha distrutto.»

«Andremo al nuovo covo. Ti curerò e ripulirò; poi dobbiamo letteralmente volare a casa o sarà stato tutto inutile.»

Ferito nel corpo ma soprattutto nell'orgoglio, Adrien annuì.

La scelta di Plagg del nuovo rifugio era stata lunga e meticolosa: l'edificio era composto da tre piani e dotato di un ampio garage in cui potevano essere parcheggiati almeno quattro veicoli.

Al primo piano, accanto all'ingresso con un grande bancone, vi erano diversi laboratori, adibiti alla realizzazione di importanti progetti in ambito scientifico ed industriale; il secondo piano, invece, era destinato agli uffici, anche se un'intera ala era sigillata, adattata come covo segreto per Chat Noir.

All'ultimo piano, vi era l'appartamento in cui Plagg aveva deciso di trasferirsi in modo da avere molta più libertà di movimento senza destare sospetti tra i domestici e Nathalie.

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