Adrien rientrò nella sua stanza, stanco e demoralizzato.
Si era assicurato delle condizioni del padre, accompagnandolo fino in camera ed aiutandolo anche a svestirsi ed indossare il pigiama. Era il momento in cui si trovavano più vicini come padre e figlio, dopo tanti anni vissuti separati.
Adrien decise di non accendere nemmeno la luce, lasciando che la luna illuminasse la sua stanza.
Diede uno sguardo al cellulare, notando la notifica di un messaggio: Plagg lo rassicurava, in modo breve e conciso, di avere la situazione sotto controllo.
Sollevato dal pensiero di poter fare affidamento sulla risolutezza dell'amico, si stese sul letto senza nemmeno spogliarsi del suo abito.
Teneva lo sguardo fisso sul soffitto bianco ma la sua mente era ben lontana.
Al suo arrivo a Parigi, aveva in mente un solo obiettivo ed avrebbe fatto qualunque cosa pur di perseguirlo. Aveva pianificato con Plagg ogni minimo dettaglio ed erano stati anche lungimiranti nel prevedere contromisure ad eventuali intoppi.
Ma non era pronto ad affrontare un nemico ben più potente di un qualsiasi criminale, della Rouge & Noir o di Papillon: il senso di colpa. Quella sensazione di aver fallito e, soprattutto, di aver messo più volte in pericolo le persone a cui teneva.
Non era riuscito ad evitare che Papillon azionasse i detonatori delle bombe e, come risultato, aveva ottenuto che il padre rimanesse ferito e chissà cosa era accaduto ai suoi compagni di classe. Avrebbe voluto informarsi sulle loro condizioni e magari anche su quelle dei genitori di Chloè, che lui stesso aveva aiutato, per poi lasciarli nelle mani delle forze dell'ordine.
La sua mente continuò a vagare, fino a giungere alla persona per cui provava un affetto che si spingeva ben al di là della semplice amicizia: lui ormai ne era consapevole e ne era spaventato.
Nel ripensare a quel fugace bacio che aveva scambiato con Marinette, fu attraversato da un lampo gioioso, una sensazione per lui rara prima di conoscere la bella Dupain-Cheng, contemporaneamente meravigliosa e soave.
Ma non poteva coinvolgerla, non poteva metterla in pericolo ora che aveva la certezza di avere un mirino laser puntato fisso su di lui; già due volte aveva corso pericoli a causa sua e, quella sera, se fosse stata invitata anche lei a quella festa, avrebbe potuto restare ferita o peggio.
Decise, dunque, di intraprendere l'unica strada che avrebbe garantito la sua incolumità, nonostante le sofferenze che avrebbe patito in seguito: allontanarla da lui.
Marinette si risvegliò nel suo letto in tarda mattinata.
Era confusa ed accaldata, ma avvertì una forte sensazione fredda sulla fronte: toccandosi in quel punto, le sue dita accarezzarono un panno bagnato, adagiato sulla testa.
Girò la testa alla sua destra e vide la botola della sua camera spalancata, udendo morbidi passi provenire dalle scale: dall'apertura fece capolino Sabine, la quale reggeva tra le mani una bacinella colma d'acqua.
Sul volto della donna si disegnò un gioioso sorriso nel vedere la figlia sveglia. «Marinette! Tesoro, come ti senti?»
«Stanca.» mormorò tra le coperte Marinette, con il volto rosso. «Assetata e confusa.»
«Ci credo. Stamattina ho notato che non eri ancora sveglia e sono venuta a portarti la colazione. Ma ti ho vista molto rossa in viso e, toccandoti, eri rovente. Hai preso una bella influenza credo.»
«Influenza?» mugugnò la ragazza.
Sabine sorrise e salì le scale del soppalco del letto. Poggiò la bacinella sulla mensola alle spalle del cuscino di Marinette e, dopo averla bagnata e strizzata a dovere, adagiò il panno sulla fronte della corvina, accarezzandole la guancia. «Ora riposati. E mangia qualcosa. Alle tue spalle ho poggiato un paio di croissant di tuo padre. Più tardi, se ti sentirai meglio, scenderai giù da noi.»
«Grazie, mamma.»
Una volta che Sabine richiuse la botola, Marinette chiamò a bassa voce Tikki, la quale uscì dalla casetta delle bambole.
«Cos'è successo?» chiese la ragazza.
«Non ricordi nulla della scorsa notte?»
Marinette sbuffò. «L'ultima cosa che ricordo è quell'enorme boato ed il frastuono dei vetri che si rompevano.» si portò un braccio sugli occhi. «Ricordo anche il sindaco Bourgeois urlare. Ma nient'altro.»
In quel momento, realizzò ciò che era successo e pensò subito agli ostaggi.
«Tikki!» Si alzò a metà letto. «Gli ostaggi! Papillon! Devo sapere come stanno.»
A fatica, Tikki tentò di fermarla. «Marinette, calmati!» gesticolò anche con le zampette per placare l'agitazione della ragazza. «La Chamack ha detto che non ci sono vittime, nel suo programma mattutino. Solo feriti e tanto spavento.»
Marinette tirò un sospiro di sollievo e parve calmarsi. Si guardò, poi, intorno con aria perplessa. «E io come ci sono arrivata qui?»
«Se mi lasci il tempo di spiegare...»Tikki incrociò le braccia.
Marinette portò le mani in avanti a mo' di scuse e lasciò che la kwami le raccontasse: «Il sindaco Bourgeois stava per essere travolto dal soffitto che crollava, ma tu ti sei gettata e l'hai spinto di lato.»
«Finendo per essere schiacciata al posto suo. Ma come sono arrivata nella mia stanza?» intervenne Marinette con impazienza ricevendo uno sguardo fulminante ed ammonitore da Tikki. Abbassò, quindi, la testa, ridacchiando e mormorò: «Scusa. Prosegui pure.»
«Chat ti ha salvata e ti ha portata via di lì.»
«Chat? Chat Noir?»
Tikki annuì. «Ho cercato di restare quanto più cosciente possibile in modo da mantenere attiva la trasformazione e sono riuscita a sentire tutto. Lui e il suo compare ti hanno condotta nel loro rifugio. Poi Chat è andato via, mentre il suo amico ha provveduto a curarti.»
Marinette alzò una manica della sua maglia e vide le fasciature. «Ma... Io pensavo che non fosse possibile rimuovere il costume durante la trasformazione.»
«Infatti è così.» ribatté Tikki. «È stato costretto a sfilarti gli orecchini. A quel punto, ho perso i sensi anch'io.» abbassò il capo. «Perdonami, non resistevo più.»
«Quindi ora quel tale sa la mia identità.» considerò Marinette con aria preoccupata.
«Se non fosse stato per lui e per Chat, a quest'ora tutta Parigi conoscerebbe la tua identità. Direi che un po' di fiducia la meritano, non credi?»
«Non lo so, Tikki.» uggiolò Marinette.
«Fidati di me, allora.»
La ragazza annuì, seppur non del tutto convinta.
Tikki aggiunse: «Dovresti riposare ora. Il siero che ti ha iniettato quell'uomo era molto forte e il tuo organismo ha bisogno di metabolizzarlo.»
Marinette mangiò uno dei croissant e, in breve tempo, cadde nuovamente in un sonno profondo.
Dopo un'intera giornata di riposo, il giorno successivo, Marinette era ristabilita. Il siero aveva svolto il suo compito ed ogni sintomo di febbre era scomparso.
Le restavano sporadiche fitte al petto e dei pizzicori sulle cicatrici su braccia e gambe, oltre ad una frequente sensazione di fame: un effetto collaterale della cura.
La ragazza aveva più volte ripreso l'argomento "identità segreta" con Tikki, la quale continuò a rassicurarla sulla fiducia che riponeva nell'uomo che l'aveva curata: aveva saggiamente taciuto su chi fosse in realtà quell'individuo, glissando sulle domande postole dalla sua portatrice.
Alla fine, Marinette decise di non insistere sulla discussione: se Tikki era certa di poter confidare della parola di quell'uomo, allora poteva farlo anche lei.
Inoltre, era opportuno non aggiungere altri problemi a quelli già esistenti.
Aveva parlato a lungo a telefono con Alya, la quale le raccontò nel dettaglio tutto ciò che era accaduto: «"Nino stava per mettere un lento... Avresti dovuto vedere l'intesa che avevano Kim e Alix; se non fossero impegnati in quelle stupide scommesse ad ogni ora, si accorgerebbero di essere fatti l'una per l'altro. Comunque, ad un certo punto, è andata via la luce: pensavamo fosse una trovata di Chloè per farsi vedere col nuovo abito disegnato dalla madre, di cui si stava vantando per l'intera serata, ma, dalla porta, sono entrati un uomo ed una donna armati e ci hanno trascinato tutti al piano di sotto e chiusi nel bagno. Non so dirti quanto tempo siamo rimasti lì dentro. Ladybug ci ha salvati e ci ha fatto calare per il condotto dell'ascensore. Mentre ci raggruppavamo, c'è stato un boato e tutto intorno ha iniziato a tremare, come se l'intero edificio stesse crollando. Ricordo le urla, il fuoco ed il fumo che ci impediva di respirare. Mi sembra di essere stata lì dentro per ore e ore; prima che arrivassero i soccorsi ci ha aiutati Chloè. Ha aiutato tutti; non so come abbia fatto a mantenere il sangue freddo, ma è stata davvero eroica, devo ammetterlo."»
Era la prima volta che Marinette sentiva Alya parlare con quel tono: affranto, addolorato e crucciato. L'aveva sempre vista come una ragazza spavalda e risoluta, sicura di sé; talvolta anche piuttosto incosciente, quando si gettava a capofitto nel pericolo pur di ottenere qualche scoop relativo alla supereroina di Parigi, ponendo piena fiducia nel fatto che avrebbe risolto la situazione facilmente.
Quella sera, però, Ladybug non era riuscita a bloccare la follia di quel tizio: solo un pizzico di buona sorte ed il provvidenziale aiuto di Chat Noir avevano impedito che ci fossero morti.
Alya ed altri compagni di classe erano usciti incolumi dall'hotel, riportando solo piccoli graffi e tanto spavento. I meno fortunati, invece, avevano leggere ustioni ed infezioni alle vie respiratorie. Per tal motivo, si trovavano ancora in ospedale sotto osservazione e Marinette, in accordo con l'amica, era determinata a far loro visita.
Accompagnata dal padre di Alya, Otis Cesaire, le ragazze giunsero al Saint Louis a metà mattinata, attraversando una Parigi spenta e cupa, priva di quell'aria festiva che caratterizzava sempre quei giorni dell'anno.
Anche in quel momento, gli ingressi erano assediati dai giornalisti, alla ricerca di notizie sulle condizioni del sindaco Bourgeois.
Con qualche fatica e l'aiuto degli agenti appostati lì su ordine del commissario, Marinette ed Alya riuscirono ad entrare nell'edificio.
Max, Nino ed Ivan condividevano la stessa stanza, mentre, in una camera posta sul lato opposto del corridoio, riposavano Rose e Mylene. Le loro condizioni miglioravano velocemente e, in un paio di giorni, sarebbero stati tutti dimessi.
I ragazzi approfittarono di quella piccola rimpatriata, alla quale si aggiunse anche Juleka, per raccontare a Marinette dettagli della festa, tralasciando racconti su ciò che era successo dopo.
La stessa Marinette si lasciò andare a piccoli accenni sulla cena della Vigilia, evitando, però, di far riferimento a quel piccolo bacio scambiato con Adrien, pur arrossendo al solo pensiero.
«Juleka, è ancora valido l'invito per Capodanno sulla barca di tua madre?» chiese Alya.
La ragazza bruna annuì sorridendo. «Certo, e siete tutti invitati. Mia madre ritiene che noi per primi non dobbiamo farci piegare da questi brutti avvenimenti. È rimasta molto delusa dall'annullamento della giornata della musica, quindi è ben felice di festeggiare con tutti noi.»
«I miei genitori possono pensare alla cena.» intervenne Marinette, con entusiasmo.
«E visto che ci sarà anche il fratello di Juleka, avremo anche dell'ottima musica.» commentò Rose.
«Inviteremo proprio tutti?»Max spinse con l'indice i suoi occhiali sul naso.
Le ragazze si scambiarono una rapida occhiata di consenso ed Alya prese parola: «Direi che Chloè si sia guadagnata pienamente un invito ufficiale. E per quanto riguarda Adrien...» aggiunse, ghignando. «Ci penserà Marinette ad invitarlo.»
Marinette sgranò gli occhi ma non riuscì a ribattere dato l'entusiasmo che si scatenò a breve in quella stanza d'ospedale, riscaldando quell'ambiente freddo e malinconico.
Marinette seguì Alya e Juleka nell'atrio al piano terra dell'ospedale, in attesa che il signor Cesaire tornasse per riaccompagnarle a casa.
Nelle due ore trascorse insieme, il gruppo di ragazzi aveva parlato a lungo del piccolo party organizzato sul Liberty, la barca di proprietà di Anarka Couffaine, madre di Juleka.
Le tre ragazze videro passare numerosi familiari e conoscenti delle vittime dell'esplosione: tra loro riconobbero anche una loro compagna di classe, che si apprestava a lasciare l'edificio.
«Sabrina!» strillò Marinette, attirando le attenzioni della rossa, la quale si voltò di scatto.
«Oh, siete voi...»
Aveva il viso pallido e provato per quanto accaduto, ma non aveva subito conseguenze fisiche.
«Come stai?» chiese Marinette, affiancata dalle sue amiche.
Sabrina mosse il capo a destra e sinistra. «Io bene. Ma...» si interruppe, mordendosi il labbro. «Sono preoccupata per Chloè. Da quando suo padre è stato condotto qui, non ha più lasciato l'ospedale. Quando non piange, fissa un punto vuoto dalla finestra e non proferisce parola se non per salutare me o la madre.»
«Suo padre come sta?» domandò Alya.
«Dovrà affrontare un intervento per la ricostruzione dei legamenti delle ginocchia. Ha rischiato di rimanere paralizzato. Se non fosse stato per Chat Noir...»
«Chat Noir?» chiesero in coro le tre ragazze.
Sabrina annuì col capo. «Madame Audrey mi ha detto che è stato lui a liberarlo sollevando la colonna che lo aveva intrappolato. Poi ha tirato fuori dalle macerie Ladybug che, poco prima, si era immolata per salvare il sindaco.»
Vedendo i volti stupiti delle sue compagne, Sabrina commentò: «Anche mio padre ha avuto la stessa reazione. Credo abbia rivalutato quel tizio.»
Marinette si lasciò andare ad un gioioso sorriso, avendo avuto, ormai, la conferma che la fiducia di Tikki era ben riposta.
«Chloè è ancora sopra?» indicò i piani superiori.
«Hai intenzione di andarla a trovare?» Sabrina non nascose un moderato entusiasmo. Al cenno affermativo della corvina, la rossa le si gettò al collo, come a volerla ringraziare del suo interessamento.
«Aspettatemi qui.» disse Marinette rivolta ad Alya e Juleka. «Non ci metterò molto, promesso.»
«Non cambierà mai la nostra Marinette.» sussurrò Alya, vedendo l'amica entrare nell'ascensore. «Sempre pronta ad aiutare tutti.»
«Per questo è la migliore.» Juleka scambiò un sorriso con la castana.
Chloè passeggiava nel corridoio deserto, gettando, di tanto in tanto, un occhio alla stanza dove riposava il padre.
Audrey aveva richiesto ed ottenuto che un intero reparto fosse riservato alle cure del marito; l'ingresso era sorvegliato da tre agenti della scorta personale del sindaco, organizzata dal commissario in seguito all'attacco all'hotel.
La situazione era esattamente come l'aveva descritta Sabrina: Chloè, infatti, alternava momenti di pianto convulso ad attimi di quasi totale assenza. Gli avvenimenti della notte di Natale le sembravano un incubo.
Si sedette su uno dei sediolini del corridoio e guardò verso la porta vetrata che separava un reparto dall'altro. La vide aprirsi.
Chloè balzò in piedi quando vide una sagoma familiare palesarsi sull'uscio.
Gli occhi quasi le uscirono dalle orbite per lo stupore. «Dupain-Cheng?!»
Marinette si avvicinò a piccoli e timidi passi, sfoggiando un leggero sorriso, spontaneo e per nulla ipocrita.
«Cosa ci fai qui?» sbottò Chloè.
Inizialmente, Marinette non rispose, limitandosi ad osservare la sua compagna di classe: indossava ancora il vestito della festa, uno splendido abito lungo nero monospalla, con, in vita, una cintura tempestata di brillanti. I lunghi capelli biondi ed ondulati erano sciolti; solo una piccola ciocca anteriore era tenuta ferma da una spilla a forma di ape. Ciò che più colpì la ragazza corvina fu il volto: era provato ed avvilito, gli occhi arrossati e gonfi a causa dei numerosi pianti, con due vistose occhiaie, dovute alla mancanza di sonno. Era ben lontana dalla consueta perfezione cui tutti erano abituati, ma, nonostante ciò, Chloè manifestava una straordinaria eleganza e raffinatezza, qualità innate.
«Volevo vedere come stavi.» esordì Marinette con sincerità. «Sabrina mi ha raccontato quello che è successo e la situazione di tuo padre.»
Chloè rilassò l'espressione in viso, salvo poi voltare il capo dall'altra parte, ostentando distacco. «Sì, beh... Ora che mi hai vista, puoi pure andare.» sventolò una mano, come se volesse scacciare la giovane Dupain-Cheng.
Marinette, però, non si mosse di un millimetro.
Notando la fermezza della ragazza, Chloè sbuffò: conosceva bene la determinazione e la testardaggine di Marinette, tratti che, senz'altro, possedevano entrambe.
«Che bel vestito.» disse Marinette. «Stai magnificamente.»
«Che scoperta...» ribatté Chloè in modo burbero. «È una creazione di mia madre ed è ovvio che su di me sia la perfezione.» allargò le braccia per enfatizzare le sue parole.
Il sorriso di Marinette si fece ancora più ampio e gioioso, provocando delle perplessità nella biondina.
Il primo obiettivo era stato conseguito: la sola presenza di Marinette era riuscita a scuotere Chloè.
Era il momento di farla reagire, proprio come aveva fatto quella sera: Chloè era stata la vera eroina, non Ladybug.
Marinette appoggiò una mano sul braccio di Chloè, annerito in un punto da un livido. «Dovresti andare a casa a riposare.»
Ancora una volta sul volto di Chloè si disegnò lo stupore.
«Sono certa che anche lui vorrebbe questo.» Marinette indicò con lo sguardo il letto di Andrè.
«Ho avuto paura di perderli.» Chloè abbassò la testa. Gli occhi le divennero lucidi.
Marinette scosse il capo. «Non pensare a questo. Sono vivi. Conta questo. E tanti altri lo sono, per merito tuo.»
Chloè non ebbe il tempo di replicare, poiché Marinette l'abbracciò di colpo: un gesto che le venne direttamente dal cuore.
La biondina ebbe l'istinto di strattonarla via, ma non lo fece. Avvertì la sincerità e l'affettuosità di Marinette, così alzò timidamente le braccia, tenute fino ad allora penzoloni lungo i fianchi, e strinse a sé la corvina.
Marinette, felice di aver risollevato il morale ad una persona con la quale aveva sempre avuto discussioni e litigi, e lieta di essere riuscita ad ottenere la sua fiducia, le sussurrò: «Grazie.»
«Se lo racconti a qualcuno, ti strozzo Marinette Dupain-Cheng. E comunque negherei tutto.» commentò Chloè, sfoggiando, comunque, un volto sereno e compiaciuto.
«Lo so.»
Angolo Autore:
Spero di non avervi fatto commuovere troppo. Anche perché ora non è il momento di fermarsi, c'è tanto da scoprire, tanto su cui indagare. Come spesso ripeto, reputo Chloè uno dei personaggi col maggior potenziale di crescita, sotto il punto di vista caratteriale. Nella storia ho cercato di descrivere il suo processo di maturazione (ricordo che ha quasi 18 anni) e di metterlo in risalto quando necessario. Non vi nascondo che, anche se un po' scontato, è uno dei miei personaggi preferiti e desidero che anche nella serie, in cui questa maturazione ancora non si è vista se non a sprazzi, ci possa essere un momento così tra lei e Marinette.
Per quanto riguarda Adrien, non potevate certo aspettarvi che rendessi le cose così facili. Ma quali conseguenze porterà questa sua decisione? Vi anticipo che non dovrete aspettare molto per saperlo.
Ringrazio tutti voi che siete arrivati fin qui e vi do appuntamento a Venerdì prossimo.
A presto.
Nike90Wyatt
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Per Amore e per Vendetta
FanfictionUna vendetta non può mai definirsi giustizia, neanche se nasce dal desiderio di onorare la memoria di un amore perduto prematuramente. Un concetto molto comune, vero, antico come antiche sono le leggende che trascinano i personaggi di questa storia...