La situazione all'hotel Bourgeois era critica.
Il clima festoso era stato spezzato e, in tutta Parigi, si respirava un'aria di ansia, apprensione, terrore.
Facendo affidamento a tutta la forza di volontà che possedeva, il commissario Raincomprix gestiva le operazioni dall'esterno dell'albergo, tenendosi in continuo contatto con il ministro degli interni francese. Il compito più difficile per lui, però, era tenere a freno le sue emozioni, le sue paure legate alla sfera personale: lì dentro, insieme a tanti altri ostaggi, c'era anche sua figlia, Sabrina, la migliore amica della figlia del sindaco e, quindi, sicuramente a stretto contatto con quel folle che teneva sotto scacco le forze dell'ordine.
Mai, prima d'ora, Raincomprix aveva affrontato una situazione simile; di tanto in tanto, scrutava il cielo e i tetti degli edifici, nella speranza di scorgere la sagoma di Ladybug, colei che avrebbe alzato le probabilità di successo nel contrastare Papillon. Fino ad allora, le speranze erano state vane.
«Aggiornami sulla situazione.» chiese all'agente seduto in uno dei furgoni delle forze speciali, accorse in pochi minuti, una volta compresa la gravità della crisi.
L'agente analizzò al computer i dati mandati dagli operatori che erano addentrati nella struttura, stabilendo quali fossero le zone prese d'assedio. «Abbiamo fatto evacuare l'hotel. Gli ostaggi si trovano agli ultimi due piani: la sala del ristorante ed il superattico, dimora della famiglia Bourgeois.»
«Possibilità di fare irruzione?»
L'agente scosse la testa. «I punti di accesso sono protetti da dispositivi a fotocellula: se dovessero attivarsi, innescherebbero degli esplosivi posti sulle condutture del gas. Gli ultimi piani collasserebbero.»
Il commissario sospirò sconsolato. «La prima mezz'ora è quasi passata...»
«Signore...» l'agente richiamò l'attenzione di Raincomprix. «C'è altro.» tornò a guardare lo schermo, i suoi occhi preannunciavano pessime notizie. «Gli esplosivi sono dotati anche di un congegno per la detonazione a distanza.»
«Questo significa che...»
«Qualcuno, lì dentro, può far esplodere quelle bombe in qualsiasi momento.»
Adrien e Plagg si erano fiondati al loro covo, ben consapevoli che, tra gli ostaggi, ci sarebbe potuto essere anche Gabriel.
Il ragazzo provò più volte a contattarlo tramite cellulare, ma non ottenne alcun risultato.
«Nulla. Non risponde.»
Solo dopo, entrambi lo videro nel video mandato in onda ed ebbero la conferma che anche lui era ostaggio.
Plagg seguì con attenzione la diretta condotta da Nadja Chamack, dopo aver registrato la trasmissione del messaggio di Papillon.
Anche Adrien l'aveva visto e riconobbe subito il luogo dov'era stato filmato. «Sono nella camera di Chloè. Riconosco il suo televisore ed il suo peluche a forma di orso poggiato accanto sullo sfondo.»
«È una trappola per Ladybug, ne sono certo.» commentò Plagg.
«Cos'hai scoperto dalle trasmissioni della polizia?»
«Non possono intervenire. Gli ultimi piani sono imbottiti di esplosivi; un'irruzione farebbe saltare tutto in aria.»
Adrien iniziò a passeggiare nervosamente alle spalle di Plagg, ben attento, invece, a seguire lo svolgersi dei fatti e ad ottenere, tramite i suoi avanzatissimi congegni, informazioni utili: poco dopo essere giunti al covo, aveva programmato uno dei suoi droni da ricognizione cosicché potesse fornirgli una visuale completa sulla struttura e su eventuali falle nel crudele sistema di sicurezza di Papillon.
«Trovato nulla?» chiese Adrien.
«Forse.» Plagg sospirò. «Il condotto dell'ascensore.» indicò con la mano lo schermo del computer, che mostrava nel dettaglio lo scheletro del palazzo, evidenziando in giallo i due condotti degli ascensori. «È l'unico punto di accesso in cui non ci sono sensori o fotocellule.»
«Le porte sono sigillate e l'elettricità è stata staccata. Com'è possibile accedervi?»
«Non avrai intenzione di andare lì, spero.» esclamò Plagg, preoccupato. «Non ti sei ancora perfettamente ristabilito dopo lo scontro con Ladybug.»
Adrien si fermò a fissare l'amico, i suoi occhi erano carichi di determinazione. «C'è mio padre lì dentro, Plagg. Non posso starmene qui a non far nulla.»
«Non puoi sapere a cosa vai incontro.»
«Se non volevi che andassi, allora perché stai raccogliendo tutti quei dati?»
Plagg abbassò il capo. Aveva paura che potesse accadere qualcosa al suo amico, non essendo in piena forma e con la mente offuscata dalla preoccupazione per il padre. «Speravo di poter passare, in qualche modo, queste informazioni a Ladybug. Non voglio che metti a rischio la tua vita in questo modo, Adrien. Stavolta non è il classico riccone da minacciare con la katana. Questo Papillon ha preparato tutto nei minimi dettagli.»
Adrien si avvicinò a Plagg e gli poggiò una mano sulla spalla, quasi a rassicurarlo, ben consapevole che anche lui stesso aveva paura. «Comprendo la tua preoccupazione, Plagg.»
Plagg scosse il capo. «Ladybug non può farcela da sola. Per quanto possa essere forte, ha bisogno di te.» Porse ad Adrien due congegni: un paio di occhiali con la montatura nera, completi di elastico per farli aderire alla testa, e lenti rosse ed una piccola batteria luminosa. «Questi dalli a Ladybug.» indicò gli occhiali. «Hanno le stesse funzioni del tuo visore; le consentiranno una perfetta visione al buio e la possibilità di evitare le fotocellule ad innesco. Questa, invece...» indicò la batteria. «Inseriscila nel pannello che troverai accanto alle porte dell'ascensore, al piano dove vuoi entrare. Daranno una piccola scossa elettrica sufficiente per l'apertura delle porte. Una volta aperte, si richiuderanno solo al successivo riavvio del sistema elettrico.»
Adrien raccolse i due oggetti e sorrise. «Tornerò sano e salvo. E rispedirò Papillon dall'inferno da cui proviene. Te lo prometto, fratello.»
Plagg si alzò in piedi e lo abbracciò. Il ragazzo ricambiò affettuosamente il gesto.
Sciolto l'abbraccio, i due annuirono col capo contemporaneamente. Adrien aprì la teca dov'era conservato il suo costume.
Marinette, sconvolta per quanto visto sullo schermo del suo computer, iniziò a farsi miliardi di domande.
Chi era questo tizio di nome Papillon?
Cosa voleva da lei?
Perché aveva preso in ostaggio così tante persone, pur di incontrarla?
Anche Tikki era piuttosto spaventata, ma cercò di mantenere il sangue freddo: la situazione era drammatica e Marinette aveva bisogno di essere lucida e di ponderare con la massima precisione qualunque mossa. Durante la trasformazione, le due erano connesse magicamente, per cui qualsiasi sensazione o emozione provata da una avrebbe influenzato anche l'altra.
Il tempo scorreva inesorabile e la minaccia di Papillon di uccidere due ostaggi ogni mezz'ora incombeva impietosa.
Perciò, senza ulteriori indugi, Marinette si trasformò in Ladybug e, volando più velocemente possibile, giunse sul tetto del palazzo posto proprio di fronte all'hotel Bourgeois.
La visione che le si parò davanti era inquietante: uno degli edifici più luminosi di Parigi, tanto da far concorrenza alla Tour Eiffel, era spento, buio, illuminato solo dalle luci lampeggianti delle volanti e dalla luna nel cielo.
Cercò di scrutare attraverso i vetri, ma le fu impossibile notare anche il minimo indizio; la sua intenzione era di attaccare di sorpresa i rapitori, evitando, dunque, di attirare l'attenzione atterrando accanto alla polizia. Ma senza conoscere l'ubicazione esatta degli ostaggi, era un'ipotesi da scartare.
Doveva pensare in fretta.
Presa da migliaia di riflessioni, tutte da escludere, non si accorse di un'ombra che le si avvicinò alle spalle.
«Ladybug!»
Lei si voltò di scatto, impugnando il suo yo-yo.
A pochi metri da lei, Chat Noir mosse piccoli passi nella sua direzione: fu sorpresa dal notare che non impugnava nessun arma, né sembrava aver intenzione di combattere.
«Che ci fai qui?» ringhiò la supercoccinella.
Chat non rispose.
Indicò con la testa l'hotel, rivolgendo nuovamente lo sguardo verso di lei.
Ladybug non abbandonò la sua posa da combattimento, ma era confusa: non riusciva a trovare un nesso tra ciò che stava succedendo e l'arciere che aveva al suo fianco.
Stanco di quel silenzio, Chat disse: «La prima mezz'ora è quasi scaduta, Ladybug. Dobbiamo agire.»
«Dobbiamo?» chiese lei, con un velo d'ironia.
Chat le si fece ancora più vicino, guardandola dall'alto in basso visti i diversi centimetri d'altezza che li dividevano. «Non potrai farcela da sola questa volta. Per quanto la cosa non mi aggradi per nulla, dobbiamo collaborare se non vuoi qualche cadavere sulla coscienza.»
Ladybug deglutì, ma tentò di dimostrarsi spavalda. «Detto da te, è alquanto ironico.»
«Stiamo perdendo tempo prezioso!» sbottò Chat. «Ragiona... In due avremmo molte più possibilità di successo; in più, tu non hai la benché minima idea di quello che troverai lì dentro.»
Aveva ragione. «Tu sì?»
Chat annuì. «Ho eseguito una scansione termica dell'edificio: le finestre e le porte di accesso ai piani sono protette da fotocellule e sensori che, appena scattano, faranno saltare in aria gli ultimi due piani, dove sono rinchiusi gli ostaggi.» Ladybug impallidì, mentre Chat proseguì la spiegazione: «L'unico punto di accesso è il condotto dell'ascensore. Da lì, si può raggiungere la sala ristorante e l'attico dei Bourgeois, dove credo si trovi Papillon.»
«Perché lo pensi?»
«È da lì che è stato trasmesso il messaggio: la camera di Chloè Bourgeois, la figlia del sindaco.»
Ladybug chiuse gli occhi, ricordandosi solo in quel momento che, con tutta probabilità, tra gli ostaggi vi erano anche i suoi compagni di classe. «Come hai intenzione di agire?»
«Tu occupati degli ostaggi nel ristorante e degli scagnozzi. Io mi occuperò della famiglia Bourgeois e terrò occupato Papillon fino al tuo arrivo.»
Ladybug assentì, accettando, così, la collaborazione con l'arciere.
«Prendi questi.» Chat le porse gli occhiali. «Ti consentiranno di vedere al buio.»
Ladybug ridacchiò. «Sei pieno di sorprese.»
«Un'ultima cosa.» disse lui, dimostrandosi preoccupato. «Uno di loro ha un detonatore per far saltare tutto in aria. Dovremo agire con prudenza.»
Più determinata che mai, Ladybug impugnò il suo yo-yo e cinse i fianchi di Chat.
«Tieniti forte!» Balzò dal tetto e volò verso l'edificio.
I due ragazzi atterrarono su un balcone del quartultimo piano dell'hotel: avevano aggirato la struttura in volo e scelto quel piano per evitare di attirare l'attenzione, sia della polizia sia dei sequestratori. Chat Noir aprì le porte del balcone utilizzando un chiavistello universale e fece lo stesso con la porta d'ingresso della lussuosa camera.
Usciti nel corridoio, entrambi impugnarono le loro armi: Ladybug stringeva il suo yo-yo, camminando con la schiena leggermente incurvata in avanti; Chat, invece, teneva il suo arco puntato dinnanzi a lui, tenendo una posizione eretta. Erano consapevoli che i sequestratori occupavano gli ultimi due piani, ma la parola d'ordine era "prudenza".
Giunti accanto all'ascensore, Chat divelse il pannello per la prenotazione della cabina e strappò via due fili elettrici, sostituendovi il piccolo congegno di Plagg: come previsto, le porte si aprirono rivelando ai due il lunghissimo condotto in cui scorreva l'ascensore.
Ladybug mosse un passo in avanti, pronta a ripetere lo stesso gesto di poco prima, ma Chat la fermò poggiandole una mano sulla spalla. «Tocca a me stavolta.»
L'arciere si sporse attraverso l'apertura e mirò con l'arco verso l'alto, scoccando una freccia alla quale era legata una spessa corda; agganciò, dunque, l'altra estremità al pavimento, accanto ai piedi di Ladybug e legò due ganci alla corda. «Utilizza questa corda per far fuggire gli ostaggi. Se ho fatto bene i conti, tu puoi trasportare in volo due persone, più altre due legate a questi ganci. È il modo più rapido.»
Ladybug annuì col capo, ammirata dalla risolutezza del suo momentaneo alleato. Doveva ammettere a sé stessa che averlo dalla sua parte in quella situazione era stata una vera fortuna.
Chat agganciò la sua cintura alla corda e cinse la vita di Ladybug con un braccio; con l'altra mano attivò il meccanismo per risalire, giungendo al piano del ristorante.
Dopo aver riutilizzato lo stesso congegno per aprire la porta dell'ascensore, Chat lasciò Ladybug sul tappeto rosso che copriva l'intero pavimento del piano.
«Fa quello che ti riesce meglio, coccinella.» sussurrò lui per incoraggiarla. «Salva quelle persone!»
Girò le spalle per raggiungere l'ultimo piano ma Ladybug lo fermò. «Chat!»
Lui si voltò, mentre lei gli regalò uno dei suoi sorrisi ricchi di solarità. «Buona fortuna, gattaccio.»
«Anche a te.»
Ladybug attraversò il corridoio che conduceva alla sala ristorante: la sua tensione era alle stelle, ma aveva il dovere di restare concentrata. Ne andava della vita degli ostaggi, tra cui vi erano persone care a lei.
Il buio pesto rendeva l'ambiente tetro e spaventoso; per sua fortuna, il visore donatole da Chat Noir le garantiva una perfetta visione chiara del luogo, consentendole di studiare anche un piano d'attacco.
Il primo obiettivo era localizzare gli ostaggi: se fossero stati divisi, mantenere basso il rischio per loro sarebbe risultato molto complicato.
Avrebbe potuto sfruttare il vantaggio del volo, per scrutare meglio la stanza, ma il suo istinto le suggerì, invece, di agire dal basso.
Rotolò, dunque, sotto il primo tavolo che si ritrovò di fronte, evitando di essere notata da due uomini che ispezionavano il corridoio che conduceva alle toilette, dove suppose ci fossero parte degli ostaggi, vista la stretta sorveglianza.
Alzò la tovaglia, cercando di cogliere quanti più dettagli possibile: oltre ai due già visti, altri due uomini giravano in tondo nella stanza, vestiti da camerieri o come inservienti dell'hotel.
Fu abbastanza sicura di aver visto anche due donne ben armate.
Tutti erano ben attenti a tenersi lontano dalle finestre e dal terrazzo esterno, sui cui infissi erano posti i sensori e le fotocellule di cui Chat le aveva raccontato. Se fossero stati spenti, si sarebbero mimetizzati alla perfezione con gli addobbi natalizi o, perlomeno, con i pochi rimasti.
Ladybug strisciò sul tappeto della stanza: essendo rosso, si mimetizzava discretamente e risultava invisibile ad un occhio distratto. Raggiunse, così, un'ottima posizione in un angolo della stanza sotto ad un divanetto in pelle, marroncino chiaro.
Da lì, riuscì a vedere il primo gruppetto di ostaggi: riconobbe alcuni di loro, essendo personalità importanti, ma non vide nessuno dei suoi compagni, sperando con tutto il cuore che fossero rinchiusi nei bagni, come sospettava.
La soluzione migliore che le venne in mente in quel momento fu utilizzare i suoi shuriken come arma in sostituzione dello yo-yo: con essi avrebbe potuto mandare istantaneamente ko chiunque.
Prima di poter muovere un passo, la voce di uno dei sequestratori attirò l'attenzione dei compari. «Il capo ha detto ucciderne due. La prima mezz'ora è andata.»
«Chi uccidiamo?» chiese con tono sadico una delle due donne, mentre passeggiava intorno al tavolo al quale erano appoggiati i poveri ostaggi.
«Prendi uno di loro e uno dei ragazzini dal bagno.» L'uomo indicò prima il tavolo e poi la porta della toilette.
Per Ladybug il tempo di pensare era finito: doveva agire!
Silenziosamente, ma con una certa rapidità, colse di sorpresa alle spalle i due sequestratori più vicini, pugnalandoli entrambi alla schiena con gli shuriken magici, quanto bastava affinché cadessero a terra storditi; scivolò subito sotto ad un tavolo, mentre il rumore provocato dalla caduta dei due catturò l'interesse degli altri.
«Che succede?» urlò la donna.
Ladybug osservò i movimenti dei suoi avversari, aiutandosi anche con l'udito. Attese il momento in cui si trovarono in due molto vicini tra loro e li assalì, colpendoli contemporaneamente con un calcio ed un pugno ben assestati.
Prima che gli altri due riuscissero a reagire, lanciò i due shuriken, atterrandoli entrambi con precisione millimetrica.
Certa della sua superiorità, poteva dedicarsi a quelli che aveva colpito in precedenza, una donna dai capelli corti scuri ed un uomo dal viso truce e capelli castani lunghi legati in un codino.
«Ladybug...» disse la donna a denti stretti. «Era da tempo che aspettavo questo momento.»
«Mi sento lusingata.» rispose con spavalderia la supereroina. «Farò in modo che te lo ricorderai per sempre, allora.»
L'uomo tentò di approfittare di quella piccola distrazione per avvicinarsi agli ostaggi, ma Ladybug fu lesta a lanciare con ferocia il suo yo-yo, che lo colpì in testa, stordendolo.
La donna provò a puntare il mitra contro Ladybug, ma lei riuscì a disarmarla colpendole l'arma con un calcio in rotazione; ormai lo scontro era senza armi e Ladybug aveva un vantaggio enorme nei confronti dei due avversari che, consci delle possibili conseguenze, si arresero.
«Scelta saggia.» Ladybug mise al tappeto anche gli ultimi avversari.
I presenti tirarono tutti un sospiro di sollievo, grati alla loro salvatrice, la quale si affrettò a liberare i restanti ostaggi dai bagni.
Nella speranza che Chat riuscisse a gestire la situazione al piano superiore, almeno fino al suo arrivo, aprì le porte della toilette.
Riconobbe i suoi compagni di classe, provati, impauriti ed alcuni tremanti, ma sollevati per essere scampati ad un enorme pericolo.
Alya fu la più lesta e si fiondò ad abbracciare l'eroina in rosso, senza nascondere le lacrime che avevano consumato il suo mascara. «Grazie, Ladybug. Sapevo che non ci avresti abbandonati.»
Ladybug sorrise ed accarezzò la schiena della sua migliore amica. «Ho bisogno che mi ascoltiate tutti.» sciolse l'abbraccio ed usò un tono perentorio. «Porte e finestre sono inutilizzabili a questo piano. Alcuni di voi useranno la corda nel condotto dell'ascensore per arrivare ad un piano sicuro da cui fuggire. I meno agili verranno con me.»
Guidò il gruppo all'ascensore e gestì le operazioni di aggancio alla corda per la fuga.
Senza farsi sentire da nessuno, alzò gli occhi verso l'alto e sussurrò: «Spero che tu sappia ciò che fai, Chat.»
Chat Noir attraversò con cautela le porte dell'ascensore, camminando nel lungo corridoio posto al centro del lussuoso appartamento della famiglia Bourgeois. Ricordava ogni singolo metro quadro di quel posto: sulla destra vi era un enorme salone, dotato di un grande tavolo, un bancone da bar ed un piccolo ascensore privato che conduceva sul tetto dell'albergo, nella zona piscina; a sinistra, invece, vi erano le camere dei coniugi e quella di Chloè, divisa in due stanze comunicanti, una dedicata al reparto armadio, l'altra all'area svago per la ragazza, dove Chat era convinto di trovare i tre componenti della famiglia.
Procedette all'interno della stanza, tenendo sempre l'arco puntato e voltandosi saltuariamente in modo da non farsi sorprendere alle spalle.
La prima cosa che scorse fu la telecamera utilizzata per la trasmissione del video e, accanto ad essa, ai piedi di uno dei divanetti, vide i Bourgeois, legati insieme con una corda all'altezza della vita.
Il silenzio dell'ambiente era interrotto dagli sporadici singhiozzi di Chloè; dietro alla maschera, Adrien provò tanta tenerezza per la sua compagna di classe. Nonostante i suoi comportamenti infantili, era convinto che valesse molto più di quanto mostrasse agli altri e, in fondo, teneva a lei.
Abbassò lentamente l'arco ed utilizzò la punta della freccia per tranciare la corda.
Risvegliati, solo in quel momento, dal loro stato di semi trance, i Bourgeois guardarono nella sua direzione.
Andrè ebbe un sussulto quando capì chi era. «Tu sei... Chat Noir!»
«Dov'è lui?» domandò Chat, imperturbabile.
«Non lo vediamo da quando abbiamo registrato il video.» intervenne Audrey. «Sei qui per finire il suo lavoro?» chiese, continuando a stringere forte a sé la figlia.
Chat raccolse un cellulare da terra, riconoscendo il dispositivo di Chloè, ed accese la torcia. «Seguitemi. Vi faccio uscire da qui.»
Non avendo molte opzioni, Andrè fece un cenno con la testa alla moglie e si accodarono all'arciere, il quale li condusse al condotto dell'ascensore.
«Legatevi a questi ganci.» Chat indicò la corda. «Scendete di tre piani fino a che non trovate un'altra porta aperta. Ladybug vi aiuterà.»
«C'è anche lei?» domandò Andrè.
Chat annuì col capo.
Audrey e Chloè furono le prime a calarsi, mentre Andrè si fermò accanto a Chat. «Non so perché lo stai facendo ma... Grazie. Se hai intenzione di affrontarlo fa...» si interruppe, fissando un punto oltre la spalla dell'arciere.
Compreso il soggetto che aveva attirato l'attenzione del sindaco, Chat disse: «Penso io a lui. Lei si sbrighi.»
Attese che anche l'ultimo ostaggio fosse al sicuro, poi si voltò lentamente, puntando l'arco di fronte a sé.
All'estremità opposta del corridoio, vide il grande orchestratore di quel caos: un uomo alto e robusto, il cui volto era coperto da una maschera integrale grigia che avvolgeva tutta la testa come un passamontagna, lasciando scoperti solo occhi e bocca. Indossava una giacca ampia, ricca di borchie, di colore viola scuro, tenuta chiusa da una vistosa cintura nera sulla cui fibbia era inciso il disegno di una farfalla.
Sulla schiena campeggiava una spada, mentre, in mano, impugnava una pistola di grosso calibro.
Senza pensarci due volte, Chat scoccò la freccia, ma Papillon la schivò con facilità, spostandosi di lato.
«Speravo in qualcosa di meglio.» commentò sarcastico l'uomo. La sua voce era grave e dura, modificata artificialmente.
Chat estrasse un'altra freccia dalla sua faretra e la puntò verso il suo avversario. «Per te è finita, Papillon! Gli ostaggi sono già liberi.»
Papillon rise con superbia. «Ho raggiunto il mio obiettivo: te e Ladybug sotto lo stesso tetto, così da eliminarvi in un solo colpo.»
«Ti sopravvaluti.»
«Sapevo che saresti venuto anche tu. Ingegnoso quel congegno per le porte dell'ascensore.» commentò Papillon, sorprendendo Chat. «Ho seguito ogni vostro movimento. Oggi, Parigi conoscerà il significato della frase "La caduta degli eroi".»
«Sembri molto sicuro di te.» considerò Chat, avvicinandosi sempre di più, a piccoli passi, all'uomo, che non sembrò interessarsene.
«Se conosci il nemico e te stesso, la tua vittoria è sicura.»
«L'arte della guerra.»
Papillon ripose la pistola nella fondina, senza abbandonare il suo ghigno malefico. «Sei acculturato. Ma non ti servirà a molto!»
Estrasse la spada ed aggredì Chat con un affondo.
L'arciere, sorpreso da quella repentina offesa, agì d'istinto e parò il colpo con il suo arco: la forza, però, fu tale che l'oggetto si spaccò in due e lui cadde a terra all'indietro.
Per sua sfortuna, anche questa volta Plagg aveva avuto ragione: era ancora indebolito dallo scontro avuto con Ladybug pochi giorni prima e prolungare il duello con quell'uomo, che sembrava molto ben addestrato, lo avrebbe condotto ad una rovinosa sconfitta.
Doveva concludere in fretta.
Si rialzò di scatto, accortosi che Papillon stava già sferrando un secondo attacco, e sguainò la sua katana, con la quale riuscì a parare il colpo.
Le lame entrarono in contatto e i due contendenti si affrontarono in una prova di forza, spingendo la loro arma contro l'altra.
Lo scontro fu vinto da Chat che provò a sfruttare la sua grande agilità sferrando un preciso colpo di gomito sulla spalla di Papillon, il quale arretrò di un paio di metri.
Utilizzando il muro come trampolino, Chat si lanciò in aria e sferrò due calci al volo sul petto e sul volto del nemico.
Incurante della piega che stava prendendo quella contesa, Papillon iniziò a ridere. «Pensavo fossi più forte, Chat Noir. Che delusione.»
"Sta cercando di innervosirmi." pensò Chat, puntando la sua katana in posizione da combattimento.
Papillon roteò la sua spada e tentò un altro affondo.
Chat parò anche questo, preparandosi a contrattaccare, ma fu colpito alla tempia da una gomitata fulminea seguita da un montante alla bocca dello stomaco. Arrancò all'indietro, ma Papillon lo afferrò per il collo e gli tirò una poderosa testata, che lo fece crollare al suolo.
«Hai interferito con i miei affari troppo a lungo.» Papillon gli calpestò il polso destro per disarmarlo, prima di colpirlo con un calcio allo stomaco. «La Rouge & Noir vi vuole morti!» un altro colpo. «Ma prima di ucciderti, voglio vederti in faccia.»
Si chinò per togliere il cappuccio; Chat, con l'ultimo briciolo di energia rimasto, gli afferrò il polso e, con un potente movimento addominale, riuscì a sferrargli un calcio alla testa, seguito da un gancio sul mento.
Vedendo l'arciere rialzarsi, seppur a fatica, ed intuita la sua irriducibilità, Papillon perse, per la prima volta, il suo atteggiamento spavaldo, infuriandosi.
«Non mi lascerò battere da un pagliaccio come te.» disse Chat a denti stretti.
Papillon infilò la mano nella giacca, tirandone fuori un cilindro con un pulsante rosso all'estremità.
Premendo il bottone con sadismo, dichiarò: «Hai perso!»
Angolo Autore:
E finalmente siamo giunti al giro di boa della storia. Da qui in poi, non ci sarà un attimo di tregua per voi e per i nostri protagonisti.
Nel frattempo abbiamo fatto la conoscenza dello spietato Papillon, abbiamo visto quanto Plagg tenga davvero ad Adrien, non che ci fosse bisogno di una conferma, e, per la prima volta, Ladybug e Chat Noir hanno collaborato per affrontare il nemico comune. Ora bisogna scoprire cosa accadrà.
Ringraziandovi per essere arrivati fin qui, vi do appuntamento a venerdì prossimo.
A presto.
Nike90Wyatt
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Per Amore e per Vendetta
FanfictionUna vendetta non può mai definirsi giustizia, neanche se nasce dal desiderio di onorare la memoria di un amore perduto prematuramente. Un concetto molto comune, vero, antico come antiche sono le leggende che trascinano i personaggi di questa storia...