Capitolo 16

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Dal capitolo 15
'"Stiamo vicini, non dividiamoci o rischiamo di perdere il contatto" dice lui imitandomi per poi iniziare a proseguire pera stanza principale del Duomo.'

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"Destra libero" gli dico dopo aver controllato la parte destra della stanza.

"Sinistra libero" mi dice poi lui constatando che la stanza, per quanto vasta, è sicura.

"Dunque il piano è libero, non abbiamo sentito alcun suono sospetto proveniente da quello di sopra, quindi dobbiamo presupporre che quel qualcosa  o qualcuno sia di sotto" gli dico girandomi a fronteggiarlo.

"Si è sensato, ma un veloce controllo al piano di sopra lo farei in qualsiasi caso, è meglio non fidarsi" mi dice poi lui in risposta continuando a controllare i vari ingressi.

"Si decisamente. Allora direi di controllare subito sennò potremmo ritrovarci di sotto accerchiati e senza una via d'uscita" gli dico dirigendomi verso il punto da cui siamo arrivati.

"Esatto, sta all'erta " dice lui al mio seguito girandosi di tanto in tanto per accertarsi che nessuno sia dietro di noi.
Arrivati davanti alle scale saliamo a controllare le balconate che si affacciano sulla navata antistante il presbiterio e da lì sopra vediamo due uomini aggirarsi furtivamente tra gli archi laterali.

"Non sono qui" dice l'uomo più alto riferendosi, probabilmente, a noi.

"Si lo vedo, ma sono venuti fino alla stanza prima delle scale, questi non sono i soliti, no. Questi sanno che ci siamo ed è meglio andarcene, torniamo di sotto e avvertiamo il comandante" dice l'altro prendendo a guardarsi intorno e a tornare indietro nel modo meno visibile possibile.

"Buck è la nostra occasione, se li seguiamo ci porteranno dritti da loro" gli dico sussurrando per evitare di farci sentire.

"Si, andiamo forza" mi dice lui mentre, cautamente, inizia la discesa dal posto in cui siamo.

Scese le scale ci dirigiamo velocemente verso la direzione in cui sono andato i due uomini e, una volta raggiunti li seguiamo mantenendo la giusta distanza per non farci scoprire e per non perderli di vista.

"E se ci stessero seguendo?" dice ad un certo punto il ragazzo alto, probabilmente più giovane in confronto all'altro.

"No, nel caso che ci avessero sentiti credo che siano andati ad avvertire i loro compagni che stanno all'esterno" gli risponde poi il complice.

"E non siamo nei casini se loro sono andati a chiamare rinforzi?" gli chiede poi il giovane.

"Abbiamo abbastanza munizioni per poterci difendere e in più la porta non si nota neanche, di che cosa hai paura se non ci possono trovare?" gli porge la domanda poi l'altro.

"Si giusto, hai ragione scusa" gli dice poi il più giovane.

"Rilassati figliolo, so che è la tua prima missione ma non devi preoccuparti di questo" lo rassicura l'altro, evidentemente suo padre, dandogli una pacca sulla spalla e poggiando il palmo dell'altra su un piccolo simbolo quasi invisibile inciso sul muro.
Subito dopo sulla parete di mattoni si intravede una linea che segue la forme di un grosso rettangolo e in seguito la porzione di mattoni interna alla sagoma si sposta prima all'indietro e poi verso sinistra senza rilasciare alcun suono, lasciando vedere dopo di sé un lungo corridoio costellato da porte su entrambe le pareti laterali.

Io e Bucky ci giriamo a guardarci l'un l'altro e, dopo aver aspettato che la porta si richiudesse, avanziamo silenziosamente fino alla parete.
A gesti mi comunica di rimanere sul lato sinistro della porta e, dopo qualche minuto per evitare di essere colti in flagrante, poggia il retro della mano sul simbolo e, come prima, la porta si riapre mostrandoci che non c'è nessuno nel corridoio antistante, cosa più che gradita.
Mantenendo le posizioni, io a destra e Bucky a sinistra, ci addentriamo nel corridoio controllando tutte le stanze che si affacciano su di esso. Una volta constatato che ognuna di esse è vuota e sicura, ci avviciniamo all'ultima porta, situata centralmente al fondo del lungo corridoio.

"Sei pronta?" mi chiede Bucky a bassa voce girandosi a guardarmi negli occhi.

"Si, andiamo" gli dico dopo aver preso un profondo respiro.
Dopo aver annuito scettico alla mia risposta  poggia la mano sulla maniglia e, con la massima cautela da lui posseduta, apre lentamente la porta.
Dallo spiraglio appena visibile traspira una fioca luce proveniente dalla stanza dietro alla porta e, con uno scatto, la oltrepassiamo velocemente.
Rimaniamo semplicemente paralizzati da ciò che ci spetta. Nulla di utile è presente nella stanza, non un attrezzo, un qualche computer o delle persone. Niente di niente. Solo qualche tavolo e delle sedie ma nulla è stato lasciato per testimoniare la loro presenza qui o la loro identità.

"Ma non è possibile" dice Bucky dopo essersi destato dallo shock "doveva essere tutto qui, e poi dove sono quegli uomini? Non possono essere scomparsi abbiamo controllato anche tutte le stanze" continua poi.

"No, non tutte... non questa" gli dico prima di sentire la porta chiudersi con un tonfo dietro di noi.

"Ma che brava, cos'è hai capito il trucchetto?" mi dice l'uomo indicando verso l'alto, dove degli uomini ci tengono sotto tiro pronti a sparare ad un solo accenno di resistenza.

"Rumlow..." ruggisce Bucky dietro di me con tono amareggiato.

"Buona sera soldato, pronto per obbedire?" gli dice lui con un sorrisetto arrogante stampato sulla faccia martoriata.

"Non capisco, tu eri morto" gli dico guardandolo dritto negli occhi per una spiegazione.

"Ingenua come tuo padre vedo, voi non sapete cosa può fare l'H.Y.D.R.A., abbiamo delle risorse che non conoscete neanche e che potrebbero stupirvi quanto spaventarvi" dice lui. Nel mentre che narra il suo monologo porto la mano alla fibbia della cintura e pigio il pulsante per chiamare rinforzi immediati.

"Ora fareste meglio a salutarvi perché non vi vedrete per un bel pezzo, o meglio vi vedrete si, ma non ne sarete coscienti" cogliamo subito il significato delle sue parole. Vuole riportare Buck ad essere la marionetta dell'H.Y.D.R.A. e portarsi dietro anche me.

"Tu non-" inizio a dire ma vengo interrotta.

"No, non importa. Se è l'ultima volta che ti vedo ti voglio salutare come si deve" dice Bucky girandosi verso di me.
Mi porge la mano e, dopo essermi avvicinata, la prendo venendo poi tirata verso il suo corpo in un abbraccio.

"I tavoli" mi sussurra lui nell'abbraccio per poi staccarsi e prendermi il viso tra le mani.

"Non credo che avrò mai più l'occasione per dirtelo e mi sento uno stupido a non averlo fatto prima" mi dice per poi baciarmi. Ma è un bacio che sa di dolore e di addio, un bacio che significa ben altro: anche se non tornassi io sarò là. Si stacca lentamente dalle mie labbra e poggia la sua fronte sulla mia.

"Io ti amo Jin e qualsiasi cosa accada io sarò sempre con te, esattamente qui" dice mettendomi una mano sul cuore, appena sopra al seno.

"Non servirà perché tu ci sarai davvero, e non ti cruciare per non aver agito prima, non ho capito i miei sentimenti per te fino ad ora. Pensavo fosse solo amicizia, una forte amicizia, ma non avrei pensato mai che sarebbe stato amore, perché è così James, io ti amo da sempre e non l'ho mai capito" gli dico portando una mano sul suo petto e mantenendo lo sguardo.
Un ultimo bacio, un ultimo saluto nel caso che uno di noi non ce la facesse e con una mano mi spinge verso i tavoli su cui cado per poi girarli e ripararmici.
Bucky è dietro a una pila di mattoni e  Rumlow rimane davanti alla porta per evitare di essere colpito dai suoi stessi uomini.
Faccio per raggiungere Bucky e lasciargli l'arma che gli era caduta in precedenza quando un frastuono rimbomba per la stanza più forte degli spari e in un attimo la vista mi si oscura.

'Till JamesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora