Capitolo 3

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Esco dall'hotel con il sole che sta tramontando dietro ad alti edifici, facendo assumere al cielo delle sfumature rosa miste all'arancione. Le lacrime non smettono di scorrere sul mio viso mentre incomincio a camminare senza una meta precisa.

Prendo dalla borsa il telefono e inizio a scorrere lo schermo con l'indice sulla sezione rubrica, cercando un nome in particolare. Non appena lo trovo ho un attimo di esitazione, ma subito dopo clicco sopra ad esso e mi avvicino il telefono all'orecchio.

Continuo a camminare, cercando di evitare alcuni passanti che sono di fretta e attraverso la strada giusto in tempo, evitando il semaforo rosso.

<<Hannah?>>.

Mi blocco non appena sento la sua voce.

Alcuni passanti mi spintonano e mi gridano di guardare dove vado, però immancabilmente le lacrime iniziano a ritornare e a rotolare giù dalle mie guance.

<<Hannah, sei davvero tu?>>.

<<Ehi, Viky>>, sussurro con la voce spezzata per colpa delle lacrime.

<<Oh mio Dio, Hannah. Non ci credo! Sei uscita dal coma? Quando? Come stai? Dove sei adesso? Perché non ho saputo niente?>>, chiede a raffica Viktoria dall'altra parte della linea.

<<Viky, ho bisogno di te>>, mormoro mentre tiro su con il naso.

<<Stai piangendo? Sei ferita? Dove diavolo sei?>>, domanda agitata.

<<Dove ti trovi? Così ti raggiungo>>, dico cercando di fermare i tremori che cercano di impadronirsi del mio corpo.

<<Sono alla Juilliard, nel dormitorio delle ragazze>>, ammette dopo un minuto di silenzio.

<<Dammi dieci minuti e arrivo>>, dichiaro prima di riattaccare.

Alzo una mano per fermare un taxi, ma nessuno sembra avermi notato. Scendo dal marciapiede e agito il braccio destro, quando finalmente un autista mi degna della sua attenzione. Salgo velocemente e gli dico la destinazione, il tutto in meno di cinque secondi. Sono ansiosa di rivedere un volto familiare e Viktoria ormai fa parte della mia famiglia. All'inizio non ci sopportavamo e le avevo pure tirato un pugno in faccia dalla rabbia. Sorrido a quel ricordo e chiudo gli occhi. La mia memoria decide di rievocare tutto quello che ho vissuto insieme a quella ragazza, ad esempio quando lei mi aveva interamente spruzzata con uno spray antibatterico o quando mi aveva confessato e mostrato quello che le aveva fatto sua madre. Il ricordo del suo braccio bruciato dall'acido mi perseguiterà a vita.

<<Signorina, siamo arrivati>>, esclama l'autista mentre mi riscuote dai miei pensieri.

Apro gli occhi e pago la corsa, prima di chiudere la portiera alle mie spalle.

Alzo lo sguardo e lo fisso dritto davanti a me, dove si trova la straordinaria struttura della Juilliard. Tre parole lavorate sulla vetrata attirano la mia attenzione.

"The Juilliard School"

"The Juilliard School"

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