Capitolo 1

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<<No, papà. Ti sbagli. Sono passati pochi mesi>>, esclamo dopo un lungo momento di silenzio.

<<Tesoro, siamo a luglio. Sono tre anni che mi hai privato la vista dei tuoi magnifici occhi>>, sussurra mentre alcune lacrime gli solcano le guance.

<<Voglio parlare con il dottore>>, dichiaro alzando la testata del letto con un telecomando elettronico.

<<Okay>>, mormora mio padre uscendo fuori dalla stanza.

<<Non può essere>>, mi ripeto come un mantra. <<Non può essere>>.

<<Hannah>>.

Chiudo gli occhi, sperando che tutto questo sia solo un bruttissimo sogno, ma quando li riapro osservo il Dott. Reed che mi guarda con compassione.

<<Hannah, volevi parlarmi?>>, domanda quest'ultimo.

<<Sì>>, dico schiarendomi la gola. <<Sono sicura di aver visto Chris, il mio ragazzo, prima di svegliarmi>>, incomincio fermandomi un attimo per fare un respiro profondo. <<Non possono essere passati tre anni, dottore. Non possono>>, mormoro cercando di trattenere le lacrime.

<<Hannah, quello che tu hai visto, quello che la tua mente ti ha trasmesso, è stata una conseguenza del trauma cranico che hai subito>>, mi spiega il dottore sedendosi sulla sedia lasciata libera da mio padre.

<<Cosa sta cercando di dirmi?>>, chiedo avendo paura di conoscere già la risposta.

<<È stata un'allucinazione. Quello che hai visto non era reale>>, afferma stringendomi confortevole una mano.

Non mi sono accorta di stare piangendo, fino a quando le lacrime non raggiungono le mie labbra, bagnando le screpolature.

<<Sei stata fortunata. Una settimana fa il tuo cuore ha cessato di battere, andando in arresto cardiaco. Qualcuno da lassù ti vuole molto bene>>, prosegue aggiornandomi su tutto quello che è accaduto. <<Abbiamo fatto tutto il possibile per evitare di mandarti in coma, ma eri in pessime condizioni. Sei viva per miracolo, Hannah>>.

<<Basta. La prego, se ne vada>>, sussurro fissando un punto fisso davanti a me.

<<Hannah...>>.

<<Se ne vada!>>, lo interrompo urlando.

Lo sento alzarsi dalla sedia e raggiungere l'uscio della porta.

<<Mi dispiace>>, ammette prima di lasciare soli me e mio padre.

Stringo i pugni e digrigno i denti dalla rabbia. È tutta colpa sua. È tutta colpa di Rose.

<<Tesoro>>, mormora mio padre appoggiando una mano sopra alla mia.

Immediatamente la distendo, rilassando le dita doloranti.

<<Guardami>>.

Scuoto la testa e chiudo gli occhi, non volendomi mostrare debole davanti a lui.

<<Guardami>>, ripete stringendomi la mano tra le sue.

Faccio un respiro profondo, cercando di trattenere i singhiozzi che vorrebbero fuoriuscire dalla mia bocca e impongo alle lacrime di smettere di scorrere sopra alle mie guance. Apro gli occhi e fisso il mio sguardo su mio padre.

<<Tesoro, parlami>>.

<<Cosa dovrei dire? Ho passato tre anni della mia vita in coma e Chris si è trasferito a Boston. Quante festività ho perso? A quanti momenti o decisioni importanti della nostra famiglia non ho partecipato?>>, domando con un groppo in gola.

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