Capitolo 6

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<<Hannah?>>.

<<Cazzo, è Violet>>, sussurro terrorizzata mentre saltello sul posto nervosa.

<<Cosa facciamo?>>, chiede Viktoria con gli occhi sgranati.

I passi di Violet si avvicinano alla cabina armadio e immediatamente io e Viky decidiamo di nasconderci dietro ai vestiti, sperando che ci coprano abbastanza.

La porta si apre e un fascio di luce entra dentro alla stanza. Vedo distintamente le sue scarpe rosse con il tacco ferme davanti all'uscio e inizio a trattenere il respiro. Viktoria si copre la bocca con una mano, cercando di trattenere una risata e io le lancio un'occhiataccia.

<<Cosa c'è?>>, mima con le labbra.

Metto il dito indice davanti alla bocca, facendole capire di stare in silenzio. Lei annuisce e mi sorride.

<<Che strano. Avevo sentito dei rumori>>, dice Violet confusa mentre richiude dietro di sé la porta.

Rilascio subito il respiro ed esco dal nascondiglio.

Viktoria inizia a ridere.

<<Cosa c'è da ridere?>>, chiedo incrociando le braccia al petto.

<<Dovevi vedere la tua faccia>>, esclama asciugandosi qualche lacrima che le è caduta sulle guance.

<<Ero spaventata, okay?>>, mi difendo alzando la valigia da terra.

<<Va bene. Non dovevo ridere, ma la tua faccia era...>>.

<<Viky!>>.

<<Scusa>>, risponde ricomponendosi.

<<Usciamo da qui>>, dico mentre tiro la valigia dal manico.

Dio, ma quanto pesa?

<<Cosa ci hai messo dentro? I mattoni?>>, domando cercando di fare il meno rumore possibile.

Viktoria apre la porta della cabina armadio e successivamente quella della mia camera, facendomi segno che non c'è nessuno nei paraggi.

<<Ho messo solo le cose essenziali>>, ribatte scostandosi i lunghi capelli dalla spalla che mi arrivano dritti in faccia.

<<Grazie tante>>, sibilo arrancando dietro di lei.

<<Oh, mi sono divertita un mondo a riempirti la valigia>>, ammette sculettando davanti a me.

<<Non intendevo...>>.

<<Ferma>>, mormora facendomi arrestare di colpo.

<<Cosa c'è?>>, domando sottovoce.

<<Ho sentito dei passi>>, risponde avvicinandosi piano alla balaustra delle scale.

La osservo mentre guarda l'ingresso dell'attico e subito dopo mi fa cenno di raggiungerla.

Stringo la mano sul manico della valigia e con tutte le mie forze la spingo sul lungo corridoio.

<<Guarda lì>>, sussurra indicandomi con un dito l'ascensore.

<<Lo vedo. Non sono cieca>>, ribatto irritata.

Non mi sta neanche aiutando a trasportare una valigia che pesa più di me e lei messe insieme.

<<Non stai osservando attentamente. Guarda di nuovo>>, risponde velocemente.

La accontento e sposto lo sguardo sulle ampie porte dell'ascensore metallizzato. In mezzo alla luce del sole, scorgo una figura riflessa.

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