L'interruttore

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Dicembre 2000


"Z, che gli hai fatto?!?"

Louis è arrabbiato come una furia, Harry ha la vista appannata dalle lacrime ma riesce a vedere chiaramente gli occhi di Louis sgranati dalla rabbia. Stringe più forte le gambe contro il petto mentre guarda Louis affrontare Zayn, il suo compagno di classe, che oggi ha deciso di invitare qui per passare un pomeriggio tutti e tre insieme. E stava andando bene, Harry ha trascorso un'ora pensando di essere abituato e fatto per stare con quelli più grandi, ma appena Louis si è allontanato per chiedere a sua mamma di preparare qualche sandwich Zayn lo ha inondato di cattiverie. Gli ha detto che è un moccioso, che Louis è il suo migliore amico e che deve farsi da parte perché è solo un bambino piccolo che ha bisogno ancora della sua mamma. Harry è forte, sa di essere forte, ma il pensiero che Louis non sia davvero il suo migliore amico lo ha fatto scoppiare a piangere ed è così che lo ha trovato Louis quando è entrato in camera qualche secondo fa.

"Io non gli ho fatto niente" risponde aspramente, Zayn, mettendosi a braccia conserte. "Non è colpa mia se Harry è un bambino che piange per qualsiasi cosa. Dovresti uscire con quelli grandi, come me."

"Harry è il mio migliore amico, Zayn" risponde Louis, furioso. "Io non esco con chi fa piangere il mio Harry."

"Allora tieniti pure il tuo Harry, sfigato" sbotta Zayn, afferrando la sua giacca e lo zaino dal letto. "Tanto vivo proprio qui in fondo alla strada, me lo ha detto mia mamma di tornare da solo."

"Bravo, vattene" lo fulmina Louis, ma è solo un attimo, perché ora ha deciso di dedicarsi completamente ad Harry e si sta avvicinando a lui mentre gli parla. Sente la porta chiudersi nel momento esatto in cui scivola giù contro il letto, afferra Harry per le spalle e lo trascina tra le sue braccia. Louis è comunque troppo piccolo per capire cosa significhi il dolore, l'unico dolore vero che ha provato nella sua vita è arrivato quella volta in cui si fece male giocando a calcio. Non sa ancora cosa significhi stare male veramente, per qualcosa di profondo, di interno. Eppure mentre vede Harry piangere sente di cominciare a capire un po' cosa si prova a stare male. Se il suo Harry sta male, di riflesso sta male pure lui. "Ehi, pulce. Va tutto bene. Se n'è andato."

"Mi dispiace" singhiozza Harry, nascondendo la testa nel suo collo. "Non volevo farti litigare con il tuo amico per colpa mia, ma lui mi ha attaccato e mi ha detto che non sei il mio migliore amico, che sei il suo migliore amico e io non ce l'ho fatta a resistere e sono scoppiato a piangere perché io ho solo te e non voglio che lui ti porti via da me."

Louis sospira, stringendolo ancora più forte e lasciandogli un bacio tra i ricci scomposti. "Ma no, Haz. Non dire scemenze. Ho tanti amici a scuola ma nessuno è come te. Tu sei il mio Harry, sei solo tu il mio migliore amico, ora è per sempre. Te lo avevo promesso, ricordi?"

Harry si scioglie in un sorriso quando vede Louis sfiorargli il mignolo con il suo, lo fa sempre quando litigano, quando si lascia prendere dalle insicurezze, quando ha bisogno di ricordare che durerà per tutta la vita. Gli sfiora il mignolo e gli ricorda quella promessa, quel patto. E si sente subito meglio. È il loro gesto, come i baci e le carezze tra i capelli, le dita intrecciate, i sorrisi complici e tante piccole cose che negli ultimi tre anni hanno adottato come abitudini loro.

"Dai, andiamo a letto" lo esorta Louis, alzandosi e trascinandolo in piedi con sé.

"Ma, Liù!" esclama Harry, chiamandolo con quel nomignolo che da quel pomeriggio al parco è diventato loro. "Sono solo le cinque del pomeriggio!"

"Lo so, ma quando sei triste ti piace essere abbracciato sotto le coperte. Così ti passa sempre" gli dice con tono risoluto, allontanandosi un attimo soltanto per abbassare le tapparelle e accendere l'abatjour sul comodino. In un attimo la stanza diventa buia, illuminata solo da una fioca luce arancione e in un attimo sembra una delle loro sere, quelle che passano insieme, giocando alla playstation, guardando i cartoni animati fino ad addormentarsi insieme sotto le coperte abbracciati. "Ecco, ora non sono più le cinque del pomeriggio, sei contento?"

Ed Harry sorride, perché ha sei anni e per tanti versi è insicuro e non si sente mai importante ma Louis lo fa sentire sempre come se fosse l'unica cosa che conta in tutto l'universo. Si trascinano fino al letto di Louis, si immergono sotto le coperte uno di fronte all'altro - occupando ognuno il proprio lato - e Louis lo avvicina prontamente di più a lui, portando il braccio sul suo fianco e la fronte contro la sua.

"Mi dispiace per quello scemo di Zayn" sospira Louis, sollevando l'altra mano per asciugargli il viso bagnato dalle lacrime. "Lui è stato proprio stupido però tu non devi credere a tutto quello che ti dicono gli altri. Lo sai che io ti voglio bene, che non ti cambierei con nessuno al mondo. Io non ti lascerò mai, Harry."

"Mai mai? Anche quando saremo grandi?"

"Quando saremo grandi vivremo insieme" lo informa Louis, senza alcuna esitazione. "Anzi, io non vedo l'ora che diventiamo grandi così ci compriamo una casa grandissima dove possiamo vivere insieme, e giocare a tutte le ore del giorno e stare tutto il tempo che vogliamo alla Play senza i nostri genitori che ci rompono le scatole. Sarà beeellissimo."

Ed Harry è troppo piccolo, a stento sa mettere insieme una frase articolata, ma se fosse un po' più grande e avesse parole migliori per dire ciò che esterna un attimo dopo, le userebbe. Però ha solo sei anni e quindi si esprime come può. "Ho caldo. No, cioè, non è che ho caldo - il mio cuore ha caldo. Quando mi dici cose così, sento proprio caldo dentro."

"Oh" sospira Louis, confuso e a tratti preoccupato per la salute del suo amico. "Ma stai bene, vero?"

Harry sorride, arricciando il naso in un modo buffo. "Sì, sì, sto bene" risponde con il tono di voce vagamente divertito, e anche se Louis dovrebbe sentirsi preso in giro in realtà è soltanto felice di vederlo ridere. Odia davvero tanto Zayn per aver fatto piangere il suo piccolo Harry, ma ogni volta che succede, ogni volta che lo vede piangere, si impegna per trovare un modo per farlo sorridere e si sente subito meglio quando poi succede. E Louis non lo sa cosa gli piace fare, cosa farà da grande, se lavorerà nella gelateria della sua mamma, non sa niente del suo futuro, ma ogni volta che si chiede cosa vuole fare da grande, gli viene in mente solo Harry. Da grande vuole continuare a fare questo, a farlo sorridere. Perché quando Harry sorride di riflesso sorride pure lui, e si sente felice, e la felicità sembra un ottimo piano per il suo futuro.

Harry accompagna le sue parole richiedendo un abbraccio, si rintana contro il petto del suo amico e dopo un attimo sente le sue braccia avvolgerlo dolcemente. Se c'è una cosa che i suoi compagni non sanno è che Harry dorme ancora con quel peluche che la sua mamma gli ha regalato qualche anno fa, perché si sente più al sicuro, perché ha paura del buio e quel peluche lo fa sentire meglio, ma quando dorme con Louis non ne ha bisogno perché ha qualcuno che lo fa sentire decisamente bene in carne ed ossa. Gli basta un suo abbraccio e si sente invincibile, riesce ad addormentarsi subito e crollare in un sonno profondo e sereno senza incubi o fantasmi.

Hanno sei e nove anni, hanno l'età in cui la tristezza ha un interruttore che puoi spegnere e accendere quando vuoi e come pressione ad Harry basta una parola di Louis, un bacio, una abbraccio o una carezza, gli basta veramente poco. E lo sa di essere troppo piccolo per poterlo dire, per poterlo prevedere. Lo sa perché lo può vedere che i grandi sono diversi e non riescono a smettere di essere triste schiacciando un semplice interruttore. Eppure Harry se lo sente nel profondo, che Louis riuscirà sempre a schiacciarlo in un secondo. Anche fra cent'anni.

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