❝i was trying❞

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Capitolo 28.

(Harry's Pov)

Alzai lo sguardo verso la porta dell'aula di biologia, gli alunni continuavano ad entrare ma nessuno di loro era Ivy.

Sbuffai sonoramente quando vidì però entrare Karma e sedersi al mio fianco, posto solitamente occupato, e rivolgermi un sorrisetto arguto.

«Se sei qui per farmi parlare, puoi cambiare posto» feci spallucce e presi a fissare il foglio davanti a me con gli esercizi svolti.

Lei emise uno strano mugolio simile ad una risatina, e scosse la testa guardandomi di sottecchi. «So che sei un osso duro, Styles, ma prima o poi canterai come tutti».

Picchiettai innervosito la punta della penna sul banco, mentre l'insegnante cominciava la sua spiegazione. Per tutto il resto dell'ora evitai Karma come si evita un'escremento per terra. Ogni suo sguardo che cercava d'irritarmi, ogni battutina o risatina, venne fatta scivolare via da me come acqua. Sapevo cosa stava cercando di fare, cercava di stremarmi fino all'ultimo e farmi cantare, come diceva lei.

Ma non lo avrei mai fatto, non le avrei mai dato la soddisfazione di creare scompiglio nelle nostre vite solo per avere qualcosa su cui scrivere.

A fine lezione uscii di corsa dalla classe afferrando il cellulare dalla tasca dei jeans. Digitai il numero di Ivy e le mandai un messaggio:

Piccola, perchè non sei a scuola? Tutto bene? -H

Sospirai premendo il tasto invio e, improvvisamente, andai a finire addosso a qualcuno. Aprii gli occhi chiedendo scusa, quando mi accorsi che era Louis la persona contro la quale mi ero imbattuto.

Rimanemmo in silenzio a guardarci per un'infinità di tempo che parvero ore, anni, ma che in realtà erano solo secondi.

Dopo l'accaduto a Natale, non avevo più avuto modo di parlarci o, almeno, ero io ad evitare che accadesse. Durante gli allenamenti mi allontanavo dalla parte opposta alla sua, sperando che i ragazzi non mi seguissero per provare a farci stare assieme e parlare. La verità era che non riuscivo a stare nella stessa stanza con lui per più di un minuto senza pensare a mia sorella Gemma fra le sue braccia. Senza pensare a tutte le bugie, e a quanto mi sia sentito tradito.

«Harry...» mormoró il mio nome che sentii chiaramente, ma feci finta di niente cercando di superarlo.

Mi afferrò per un braccio costringendomi a guardarlo, feci uno sforzo enorme a non sbraitare in mezzo al corridoio.

«È quasi un mese che mi eviti, prima o poi dovremmo parlare» aggiunse fissandomi negli occhi. Riuscivo a vedere tutto il dispiacere trasparire dai suoi occhi, percepivo il velo di malinconia nella sua voce e, in altre occasioni, lo avrei abbracciato cosi forte.

Avremmo passato la giornata davanti alla tv giocando a Fifa e mangiando schifezze, ma tutto questo non si poteva risolvere con un destro di Ronaldo o una busta di patatine. Un paio di risate non potevano bastare a farmi dimenticare settimane di bugie: era il mio migliore amico e mi aveva tenuto nascosto una cosa del genere.

«Se non vuoi parlare con me, lo capisco, ma Gemma è tua sorella!» esclamò alzando di poco il tono di voce. Sussultai senza volerlo e presi a fissare un punto alle sue spalle.

Sì, Gemma era pur sempre mia sorella e proprio per questo ero deluso da lei. Ci eravamo sempre raccontati tutto, e adesso? Adesso sembravo essere stato il loro ostacolo, quando in fondo non li avrei mai divisi.

La mancanza di fiducia: faceva male.

«Harry!» esclamò nuovamente.

«Louis, non voglio parlarne» scossì la testa portandomi una mano fra i capelli, che tirai appena indietro. Tornai a guardare negli occhi blu del mio migliore amico, ancora quella voragine di amarezza mi colpì dritto in faccia.

DEMONS 》 h.s (#WATTYS2015)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora