.9. Un nodo.

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Barcellona, 
20 Ottobre 1808.

<<Padrone...>> mi sfuggì dalle labbra. Non sono una cortigiana, avrei voluto dire. <<...non possiamo.>>

Alexander sollevò un angolo della bocca e intravidi una nota maliziosa. <<Certo che possiamo, Geneviève.>>

Cercai di allontanarmi ma lui mi teneva stretta, troppo stretta a sé. <<Io non...>>

Piegò il viso sul mio collo e solleticò con la lingua il lobo dell'orecchio, la sua mano stretta sulla schiena e una sulla mia guancia. <<Lo so che non aspetti altro...>> mormorò e io chiusi gli occhi beandomi di quel contatto che mai avevo provato.

<<Sono solo una domestica, padrone. Ce ne sono tante più belle e brave di me.>> tentai, il cuore andava alla velocità della luce e le mani mi iniziarono a sudare.

I suoi capelli mi solleticavano il viso e il collo mentre mi baciava la clavicola. Dovette piegarsi molto per raggiungere la mia altezza, e io in risposta me ne stavo rigida come una statua di legno.

<<Rilassati.>> sussurrò alzando la testa e guardandomi negli occhi.<<Non farà male, te lo prometto.>>

Ingoiai un groppo in gola. Stava realmente accadendo ciò che avevo sentito dire da così tante persone?

Stava davvero accadendo a me?

Il padrone si allontanò e mi prese una mano, con l'altra prese la candela e mi guidò di nuovo su quel divano. Posò la candela su un tavolino lì vicino, ed essa gettò luce sul perimetro. Si posizionò di fronte a me, fece correre una mano dietro la mia schiena e continuò a slacciare il corpetto.

Tre nodi.

Sospirai.

Due nodi.

Lui sospirò.

Un nodo.

Il vestito cadde a terra e io rabbrividii; portai le braccia sul mio corpo nudo nel tentativo di coprirmi.

Il padrone mi sorrise. <<Non vergognarti del tuo corpo.>>

Annuii ma non tolsi le braccia. Ci pensò lui, le prese e me le fece posare di nuovo sul suo petto. Feci correre le mani sulla camicia, accarezzando appena la pelle in mostra. Dovevo toglierla? Non ne avevo idea.

Lui sorrise di nuovo. Aveva capito che non avevo intenzione di fermarmi.

Seguì con lo sguardo la mappa che formavano le lentiggini, poi le sfiorò una ad una, delicatamente, fino a raggiungere le guance. Mi accarezzò le labbra con un dito, poi mi baciò.

Il mio primo bacio.

Stavo dando il mio primo bacio al mio padrone.

Portò una mano dietro al mio collo, mi accarezzò i capelli arricciandoli sulle dita. L'altra mano corse delicatamente lungo la schiena, fino a raggiungere il sedere. Lo accarezzò prima di stringerlo; una sola sua mano bastava per coprirlo tutto.
Sussultai a gemetti sulle sue labbra. Smise di baciarmi e iniziò sul collo, la lingua a solleticarmi i punti più delicati. Scese sul seno lasciando anche lì dei baci umidi, lo strinse fino a farmi gemere di nuovo.

Scese ancora.

Mi baciò la pancia non esattamente piatta, entrambe le mani ad accarezzare ancora il mio sedere.

Scese ancora di più.

Mi fece allargare leggermente le gambe, poi prese a baciarmi l'interno coscia.
Mi vergognavo terribilmente, ma in quel momento non aveva importanza.

Il padrone mi stava facendo provare sensazioni ed emozioni che non pensavo si potessero provare.

Mi abbassò l'intimo, lo fece scendere sulle gambe e poi lo buttò come aveva buttato le sottovesti della cortigiana. Mi fece allargare ancora di più le gambe e ricominciò a baciarmi lì.

Poi raggiunse il mio inguine.

Lo baciò, leccò e giocò con la lingua.

Un altro gemito di piacere mi sfuggì dalle labbra e mi dovetti aggrappare alle sue spalle.
Lo vidi sorridere soddisfatto.

Quando risalì, abbandonò la dolcezza e mi baciò con voracità, stringendo le mie spalle con violenza e questo non fece altro che aumentare la mia eccitazione.

Il padrone sapeva di colline lontane, di acqua fresca e di libertà. E di me.

Mi buttò sul divano e atterrai sulle braccia; con un rapido movimento si tolse la camicia, poi i pantaloni.

Forse solo in quel momento realizzai cosa stava per succedere. 

Si, padrone?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora