.10. Oh, padrone.

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Barcellona, 
20 Ottobre 1808.

<<Lo sai perché mi chiamano padrone, Geneviève?>> disse mentre salì a cavalcioni su di me.

I capelli gli finirono sul viso, la flebile luce della candela illuminava il suo corpo perfetto. Aveva trentacinque anni ma non ne dimostrava più di ventotto.

<<No.>> risposi in un sussurro e sentii il mio corpo irrigidirsi di nuovo.

Volevo davvero tutto questo?

Posò una mano di fianco al mio viso e osservai i muscoli del braccio gonfiarsi mentre si piegava. <<Io sarò il padrone del tuo corpo d'ora in poi. Nessun altro dovrà mai toccarlo all'in fuori di me.>>

Rabbrividii.
Tutte in quella tenuta lo chiamavano padrone, quindi lui aveva fatto ciò che stava facendo a me a tutte le altre domestiche.

Mi sentii tradita. Violata. Solo una delle tante.

E ciò che era ben peggiore era che sua moglie sapeva tutto, ecco perché piangeva.

Sentii le lacrime battere forte dietro le palpebre. Volevo piangere ma ero troppo orgogliosa per farlo davanti a lui, così mi coprii il viso con le mani e mi costrinsi a frenare quell'impulso.

Alexander mi prese i polsi e me li trattenne sulla testa e guardai altrove.
Non volevo guardarlo. Mi disgustava.

<<Cosa ti prende?>>

<<Voglio andare via.>>

Rise. Una risata derisoria che fece montare tanta rabbia nel mio corpo. <<Tu non vai da nessuna parte, Geneviève.>>

<<Smettetela di pronunciare così il mio nome!>> urlai. Il respiro divenne irregolare.

<<Così come?>> disse tranquillo, come se la mia reazione fosse del tutto normale. Si chinò sul mio orecchio. <<Geneviève.>> sussurrò e sentii i brividi lungo tutto il corpo.

Il mio corpo implorava di rimanere mentre la mia mente urlava di scappare via.

<<Il suono del tuo nome eccita te tanto quanto eccita me.>> mormorò e posò di più il bacino sul mio ventre. Sentii la tua eccitazione e iniziai a tremare.

<<Lasciatemi.>> implorai.

Il padrone fece correre lo sguardo sul mio corpo, poi, senza lasciarmi i polsi, mi costrinse ad allargare le gambe e si posizionò lì.

Li lasciò quando prese ad accarezzarmi il seno con delicatezza, accompagnando tali movimenti a dei baci umidi sulle clavicole.

Volevo urlare e prenderlo a pugni, invece intrecciai le mani nei suoi capelli.
Una sua mano scivolò sulla mia gamba, accarezzò l'interno coscia e poi fece dei movimenti leggeri sul mio inguine.

Delicati e lenti. Mi sfuggì un gemito dalle labbra.

Continuando con le dita a torturarmi in basso, mi baciò il ventre passando con la lingua sull'ombelico fin di nuovo ad incontrare con essa il mio inguine.
Lo leccò lentamente, alzando gli occhi ogni tanto per osservare la mia reazione. Con le dita continuava a toccarmi e con la lingua a baciarmi, leccarmi, succhiarmi.

Raggiunse un punto più delicato. <<Oh.>> mi sfuggì dalle labbra e mi maledii per questo.

Una mano salì fino ad incontrare di nuovo il seno, lo accarezzò solleticando il capezzolo.

E io mi trovavo su un altro mondo.

Risalì con la testa e mi baciò con la lingua con voracità. <<È questo che avrai sempre, Geneviève.>> disse sulle mie labbra.

<<Oh, padrone.>> gemetti quando entrò con violenza in me.

Si, padrone?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora