Barcellona,
10 Novembre 1808.Mi fermai appena mi resi conto che io effettivamente conoscevo bene Juan Garçia. Lo conoscevo da quando avevo undici anni, ma la mia mente aveva per qualche motivo eliminato quei ricordi. Giocavamo insieme quando i suoi genitori non c'erano per obbligarlo a fare il signorino, e a me non sorvegliava nessuno.
Lui c'era sempre stato nella mia vita, solo che io non me lo ricordavo. Di lui avevo solo ricordi legati alla vita quotidiana, sprazzi di episodi in cui mi chiedeva di portargli qualcosa da mangiare.
Ma il ricordo che affiorò nella mia mente non era legato a quel periodo. Era qualche anno prima, quando avevo tredici anni e lui quindici.
Juan era stato rimproverato da suo padre, e lui lo ascoltava con la testa china. Io me ne stavo in un angolino con lo sguardo sull'uomo che non perdeva le staffe così facilmente. Avevo rotto un costosissimo vaso, e suo figlio si era preso la colpa al posto mio. Stavamo correndo in casa, cosa che era assolutamente vietata, e avevo urtato con la spalla un mobile instabile con sopra un vaso blu di cristallo: era caduto a terra e si era disintegrato in mille pezzi.
Il signor Garçia si era precipitato per vedere cosa fosse quel rumore e aveva trovato me e Juan vicini al vaso rotto. Con tanta rabbia aveva chiesto chi fosse stato e io avevo iniziato a tremare dalla paura. Ero piccola, ma avevo già ricevuto numerose punizioni.
Juan mi aveva guardato per un istante e subito aveva notato la mia reazione, poi, abbassando lo sguardo e nascondendosi dietro ai capelli, aveva detto di essere stato lui. Suo padre si era infuriato, ma se avesse detto la verità la mia punizione sarebbe stata ben peggiore. Si era sacrificato per me.
Qualche minuto dopo, suo padre era uscito dal salone dove ci trovavamo e io mi ero avvicinata a lui. Aveva ancora lo sguardo basso e le labbra serrate.
<<Perché avete mentito a vostro padre?>> gli avevo chiesto in un sussurro. <<Non meritavate di essere sgridato al posto mio.>>
Lui aveva alzato il viso per guardarmi e avevo visto gli occhi azzurri lucidi di lacrime non versate. <<Un giorno saprai rendermi il gesto.>>
Si era avvicinato ancora un po', mi aveva tolto dall'orecchio un ciuffo di capelli e mi aveva sorriso. E io avevo già dimenticato cosa fosse appena successo.
Lo avevo abbracciato in segno di gratitudine e lui aveva ricambiato il mio gesto stringendomi a sé. Ricordo che avevo sfiorato con le mani i lembi del suo completo da nobile, e lui aveva fatto lo stesso con il fine tessuto del mio vestito. Mi stava accarezzando la schiena dolcemente.
<<Un giorno, presto, accadrà.>> aveva sussurrato sui miei capelli.
Non avevo avuto il tempo di chiedere cosa volesse dire con quelle tre parole, che si era slegato dall'abbraccio e mi aveva dato le spalle.
Il resto del ricordo era confuso.
Ripresi coscienza del presente e strizzai un paio di volte gli occhi. La neve si stava pian piano depositando sugli alberi e la sentivo sui capelli, sulla giacca, sulle guance. Ma non aveva importanza.
Importava solo cosa avevo da dire. Da chiedere.
<<Hai detto che sei qui per due ragioni, Juan Garçia. Qual è la seconda ragione?>>
<<Ora mi dai del tu?>> mi sentii rispondere alle spalle.
Non mi voltai. <<Rispondimi.>>
Non rispose subito, passammo lunghi secondi immersi nel silenzio totale. I nostri respiri erano l'unica dimostrazione che non fossimo due statue.
<<Volevo vederti.>>
Lo aveva detto. Lo aveva detto davvero. Quelle parole che aspettavo di sentire da tanto tempo e neanche lo sapevo.
Eravamo sempre stati innamorati, ma senza saperlo. Almeno, io non ne avevo idea.
<<Un giorno, presto, accadrà.>> recitai le sue parole a memoria. <<Che cosa significa?>>
Sentii i suoi passi, sentii che si stava avvicinando, ma io non avevo il coraggio di voltarmi. Non avevo il coraggio di incontrare quei due pozzi cristallini capaci di rapirmi e buttarmi al largo nel bel mezzo dell'oceano.
Chiusi gli occhi quando sentii una mano sulla spalla. Mi invitò a girarmi con una lieve pressione e io lo accontentai.
Eccoli.
Eccoli quegli occhi che mi toglievano il respiro da ormai nove anni.
Quei ricci biondi sempre disordinati, sempre ribelli, sempre a coprire le emozioni. Ma in quel momento le sue emozioni erano in bella vista. Le aveva esposte per me ed io me ne stavo nutrendo avidamente.
Mai, mai avrei potuto dimenticare quegli occhi.
<<Un giorno, presto, accadrà ciò che aspetto da nove anni, Geneviève Aguilar.>>
In un attimo azzerò le distanze e mi rubò il respiro posando le sue labbra di ghiaccio sulle mie di fuoco.
Un fuoco che bruciava dentro di me in attesa che qualcuno lo facesse uscire. Alexander c'era andato vicino, ma quello... beh, quello era amore. Alexander era desiderio, Juan era passione.
Juan Garçia, mi hai rubato il cuore e io nemmeno lo sapevo.
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Si, padrone?
Historical FictionStoria completa di revisione disponibile su Amazon in formato ebook e cartaceo. Qui presente l'intera storia ma senza la revisione e le parti aggiunte. . Spagna, 1800. Geneviève è una domestica della famiglia Castro, lavora nella loro tenuta da quan...