Barcellona,
10 Novembre 1808.Lo aveva detto davvero.
Aveva detto che voleva sposare Sara Castro, la figlia del mio padrone.
Quante menzogne, quante false promesse. Tutta un'illusione.
Ero stata fregata, di nuovo. Per la seconda volta nel giro di poche ore.
Trattenendo le lacrime salii le scale, mordendo le labbra in attesa di sentire il sapore amaro del sangue. Toccai la maniglia della porta delle mie stanze, quando qualcuno mi abbracciò da dietro.
Troppo turbata e debole, non opposi resistenza quando aprì per me la porta e mi guidò all'interno. Le sue braccia mi strinsero appena, poi poggiò il mento sulla mia testa. Il profumo di tabacco e salvia mi inondò le narici e abbandonai mente e corpo.
<<Non soffrire così.>> mi sussurrò dolcemente.
Di colpo era tornato l'Alexander dolce e premuroso che conoscevo. Non c'era niente di malato in quelle parole, nelle sue braccia, nel tono di voce.
Era di nuovo Alexander Castro, l'uomo che mi aveva fatta provare sensazioni sconosciute e fatto toccare con le mani la luna e le stelle.
<<Non doveva andare così.>>
<<Invece sì. Lui non fa per te, Geneviève.>> mi portò una ciocca di capelli dietro le spalle e osservò le lentiggini. <<Io sono fatto per te. Il mio corpo è fatto per te. Il tuo corpo è mio.>>
Avevo paura di quelle parole, ma non avevano importanza. Niente aveva più importanza. Lui era il mio padrone e dovevo solo farmene una ragione.
<<Ma voi dividete il corpo con altre donne, padrone. Io posseggo un solo cuore e non so più che farmene ora che è rotto.>>
Chiusi gli occhi quando sentii le dita delle mani farsi largo sul corpetto dietro la schiena. Sapevo cosa stava per succedere ma non avevo la forza per oppormi. Avrebbe di nuovo preso il mio corpo. Mi avrebbe ancora una volta rubata la volontà di oppormi a quei magnifici occhi smeraldo.
<<Donalo a me. Dona a me il tuo cuore e ti prometto che ne avrò cura per sempre.>>
Non gli credevo.
Divideva quel corpo che stavo per avere con altre donne. A chi apparteneva allora il suo cuore?
Sciolse l'ultimo nodo del vestito, mi tolse di dosso il grembiule e lo gettò a terra, poi mi fece voltare. <<Donalo a me, Geneviève.>> sussurrò ad un palmo di distanza dal mio viso. Con un dito mi asciugò una lacrima scivolata giù senza controllo.
<<A chi appartiene il vostro cuore?>> chiesi a voce bassa.
Una ciocca di capelli gli finì sul viso. <<A mia moglie. Sarà sempre lei la custode del mio cuore, ma a me piace possederne altri.>>
Volevo abbassare lo sguardo ma c'era qualcosa che me lo impediva, come se farlo avesse significato la resa. Non mi volevo arrendere ancora. Non mi volevo rassegnare ad una vita così.
Nel mio cuore a pezzi c'era ancora un solo nome, e non era quello di Alexander. Come avrei vissuto in quella situazione che mi divorava lo stomaco?
<<Padrone, non posso promettervi che avrete il mio cuore. Ma posso promettervi che non andrò mai via dalla vostra dimora. Posso promettervi di assecondare ogni vostro desiderio e volere, senza opporre resistenza.>> sospirai. <<Ma ad una condizione. Che voi non mi violentate mai più.>>
Alexander sorrise. <<Accetto il tuo volere, mia Geneviève.>>
Mi prese per le spalle e mi portò sul letto facendomi sdraiare su di esso. Mi tolse il vestito già slacciato e lo posò accanto a me, poi si fermò per guardarmi. Mi guardò a fondo, scavò dentro il mio corpo con gli occhi taglienti come lame. E poi si chinò facendo aderire perfettamente le sue curve alle mie.
Mi baciò con estrema calma ed io intrecciai le dita nei capelli lunghi.
Sentii di nuovo quella strana sensazione alla bocca dello stomaco, uno strano calore che si diffuse in tutto il corpo andandosi a depositare nel mio inguine. Il mio corpo non stava aspettando altro se non questo momento.
Ma la mente era altrove.
Era in un giardino bianco, candido e puro. Una distesa di neve che si ergeva davanti agli occhi, in cui una fine non si vedeva.
Una bambina dai capelli rossi si era buttata su di essa, ignorando il freddo che le aveva tinto di rosa le guance piene di lentiggini. La ammirava, la toccava, la percepiva fin dentro le ossa. Era parte di lei, la neve. Così come era parte di lei il bambino dai capelli del colore del sole che la osservava.
<<Noi staremo sempre insieme, non è vero?>>
Il bambino le aveva sorriso. <<Sempre insieme.>>
La bambina aveva voltato il viso verso di lui, seduto sulla neve ma con più grazia. <<È una promessa?>>
<<È una promessa.>>
Faceva male ricordare.
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Si, padrone?
Historical FictionStoria completa di revisione disponibile su Amazon in formato ebook e cartaceo. Qui presente l'intera storia ma senza la revisione e le parti aggiunte. . Spagna, 1800. Geneviève è una domestica della famiglia Castro, lavora nella loro tenuta da quan...