.30. Il capo.

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Barcellona, 
16 Dicembre 1808.

Quando ebbi finito di vomitare anche la mia anima sul pavimento già sudicio del corridoio, l'uomo mi aiutò a rimettermi in piedi e mi guidò in una stanza. Ero un po' restia ad entrare da qualche parte lì dentro con qualcuno, ma infondo ero salita per cercare il capo e l'istinto mi diceva che lo avevo trovato. O meglio, lui aveva trovato me.

L'interno di quella stanza non era minimamente somigliante allo squallore che avevo visto fuori; sembrava quasi un altro luogo, una stanza fuori da quelle mura. Le pareti erano dipinte di marrone chiaro, una grande finestra campeggiava dietro una scrivania imponente al centro della stanza; c'erano persino delle sedie su cui potevano sedere gli ospiti, proprio di fronte alla scrivania.

L'uomo mi fece sedere su una di quelle e mi porse un bicchiere d'acqua che bevvi tutto d'un sorso per tentare di lavar via dalla gola il sapore del vomito. Persino il bicchiere era diverso da quello che avevo visto al piano di sotto, questo era di cristallo.

Il capo si sedette di fronte a me, su una poltrona dietro alla scrivania. <<Va meglio?>>

Annuii. <<Sì, vi ringrazio.>>

Alzò il mento come per studiarmi ed io feci lo stesso: portava i capelli corti ai lati e più lunghi sulla fronte di una tonalità castano chiaro, la barba scura appena accennata, gli occhi a mandorla e le sopracciglia folte. Sedeva con fare elegante su quella poltrona, totalmente a suo agio con l'ambiente e con il suo corpo fasciato a dovere da un abito dall'aria costosa. Non poteva avere più di trentacinque anni.

<<Cosa ci fai nel mio bordello?>> disse e abbandonai i pensieri.

<<Ho bisogno di un posto sicuro per questa notte. Domani mattina andrò via, lo prometto.>> confessai tutto d'un fiato, mentre mi iniziarono a sudare le mani.

Lui incurvò il viso da una parte e continuò a studiarmi. <<Solo per una notte? No, non funziona così qui, ragazzina.>>

Serrai gli occhi e mi preparai a combattere una guerra che sapevo essere già persa in partenza. <<Vi prego, signore, non ho intenzione di restare in città. Voglio scappare via da qui il prima possibile ma lui è ancora la fuori a cercarmi.>> supplicai e mi vergognai di me stessa. Stavo decisamente superando tutti i miei limiti quella notte.

<<Sei una domestica.>> si limitò a dire, e non sembrò essere una domanda.

Abbassai il viso e lasciai che i capelli mi coprissero le gote arrossate. <<Sì, sono scappata via dalla casa in cui lavoro.>>

Sentii un movimento sulla sua sedia e notai che aveva poggiato i gomiti sulla scrivania per avvicinarsi di più a me. Sembrava sorpreso da qualcosa. <<Come hai detto che ti chiami?>>

<<Non ve l'ho detto.>>

Increspò gli occhi. <<Dimmelo ora.>>

<<G...>> mi bloccai quando mi ricordai che Alonso mi aveva cambiato il nome. <<Soledad.>>

Il capo chiuse gli occhi e con un movimento della mano mi fece capire che non se l'era bevuta. <<Il tuo vero nome.>>

Solo in quel momento notai un particolare che non avevo ancora colto.

C'era qualcosa di familiare nei suoi movimenti, nel suo tono calmo e l'eleganza nel portamento. Ma aveva un neo sulla guancia che mi fece tornare tutto alla mente in un baleno.

Conoscevo quell'uomo.

Lo avevo conosciuto nove anni prima, quando i cacciatori di donne mi presero dopo la morte di mia nonna. Lui era quello che aveva insistito per farmi lavorare come serva e non come puttana, perché aveva visto qualcosa in me che non mi consentiva di diventare parte di quel posto.

Ed ora quello stesso uomo stava cercando di ricordare dove mi aveva vista.

Ebbi pochi secondi per decidere cosa fare: se dire la verità e rischiare di essere portata di nuovo dai Castro, oppure mantenere quel falso nome e nascondere la mia identità nella speranza di andar via da lì il prima possibile.

Ma lui tempo prima mi aveva salvata da una fine ben peggiore e continuava a guardarmi con uno sguardo concentrato sulla fisionomia del mio viso e sulle mie parole.

<<Allora?>> incalzò sporgendosi ancora di più.

Presi coraggio facendo un lungo respiro. <<Sono Geneviève Aguilar. Mi avete portata via da casa mia e venduta ai Garçia nove anni fa. In seguito sono stata venduta ai Castro, la famiglia da cui sono fuggita questa notte.>>

La mia dichiarazione mi avrebbe portata alla totale distruzione di me stessa o alla speranza di un futuro migliore. 

Si, padrone?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora