.42. Nel cuore delle tenebre.

238 31 9
                                    

Barcellona, 
19 Marzo 1809.

Oltrepassammo diversi corridoi prima di arrivare davanti ad una porta che in tutti quegli anni al servizio in quella casa non avevo mai vista aperta. Era vietato per noi entrare lì, e questa volta per davvero. Non come era vietato entrare nello studio; lì, su invito del padrone, potevamo accedervi. Ma quella porta c'era stato imposto di non spolverarla nemmeno, figuriamoci aprirla.

Alexander si fermò di fronte ad essa. <<Oltre questa porta ci sono i famosi sotterranei, come li ha chiamati lei, Jonathan.>> disse rivolto al capo. <<Spero che non deluderanno le sue aspettative.>>

Lui alzò il mento. <<Sono sicuro che sapranno sorprendermi.>>

Io non dissi una parola, nemmeno quando il padrone mi guardò a fondo in un modo che mi fece venire i brividi.

Si voltò ed estrasse dalla tasca della vestaglia una vecchia chiave arrugginita e la infilò nella serratura. Essa scattò almeno quattro volte prima di aprirsi, poi la luce inondò le tenebre nascoste sotto alla lunghissima scala di legno.

<<Prima le signore.>> disse Alexander, indicandomi le scale con aria gentile.

Voleva spaventarmi e cercare di indurmi a non proseguire il viaggio, ma io ero più determinata di lui a trovare Juan. Avanzai lentamente sulla scala; i miei piedi facevano scricchiolare il legno vecchio e la polvere presto invase le mie scarpe. Starnutii violentemente e mi dovetti reggere al muro per non ruzzolare di sotto.

<<Tutto bene?>> mi chiese Jonathan, poco dietro di me.

<<Sto bene.>> lo rassicurai.

Quando anche lui posò il piede sulla scala, sentii la voce del padrone un po' allarmata. <<Aspetti, Jonathan. Questa vecchia scala non reggerà il peso di due persone. Aspettiamo che Geneviève raggiunga la fine, poi andrà lei e infine io vi raggiungerò.>>

Mi bloccai nel mezzo, proprio quando la luce del corridoio alle mie spalle finiva e iniziava il buio pesto. Mi voltai verso il capo, un po' spaventata.

Lui mi precedette. <<Non ti preoccupare. Sono qui.>> mi rassicurò con un sorriso. <<Va pure. Sarò lì non appena avrai messo il primo piede sul pavimento. Te lo prometto.>>

Feci un lungo respiro per darmi forza. Quella situazione non mi piaceva per niente. Una sensazione negativa mi attanagliò lo stomaco e smisi di respirare, poi chiusi gli occhi e cercai di calmarmi. Ero troppo vicina alla verità per lasciarmi sopraffare dalla paura.

Mi morsi la lingua, poi continuai ad avanzare lentamente lungo la scala rumorosa e nel cuore delle tenebre. L'odore di muffa e frutta marcia mi invase le narici; camminai totalmente alla ceca toccando il muro accanto a me.

Quando raggiunsi la fine e i miei piedi toccarono il pavimento, percepii un altro strano odore, ma non ci pensai. Faceva freddo lì sotto e avevo i brividi; ero scesa di almeno cinque metri nel terreno. Per fortuna non soffrivo di claustrofobia. Cercai di guardarmi intorno per scorgere qualcosa, un qualunque cosa; un profilo, la forma dei muri, gli scaffali con la frutta marcia di cui sentivo il tanfo. Toccai qualcosa con il piede e subito mi ritrassi: riconobbi una specie di pallina che collegai ad una mela. Mi sentivo vulnerabile e sola in mezzo al silenzio assordante delle pareti.

Mi voltai verso l'inizio delle scale e vidi Jonathan fare il primo passo. Quando cercò di posare anche l'altro, Alexander gli mise una mano sulla spalla, facendolo arrestare.

E il terrore prese il sopravvento.

Si, padrone?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora