.48. Presto sarai mia.

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.Alexander.

Barcellona, 

16 Dicembre 1808.

Juan Garçia svenne. Forse per il dolore, forse per la paura. Fatto sta' che dovetti portarlo di peso all'interno della tenuta, trascinandolo da un piede.

Ero parecchio arrabbiato.

Geneviève aveva osato scappare da me con quel ragazzino maldestro che non le avrebbe potuto dare niente in cambio del suo amore. Niente. Io invece avevo tutto: una casa, denaro, la bellezza. E vedevo come si scioglieva sotto al mio sguardo. Eccome se lo vedevo. Mi bastava guardarla un po' di più per notare subito le guance rosee e un sorrisino imbarazzato. Ed eccitato. E quel ragazzino arrogante aveva cercato di portarmela via.

Era stata una fortuna che avessi sbagliato mira e non era morto sul colpo. In questo modo avevo un'esca perfetta per attirarla di nuovo a me.

Feci curare Juan da Estrelle e da Sol, barattando una notte di sesso con il loro silenzio. Tutte le domestiche nella mia tenuta si scioglievano dinanzi ad ogni mia richiesta, e a me piaceva possederle. Ma Geneviève era diversa. Lei si era lasciata sedurre ma, al contrario di tutte le altre, aveva detto con chiarezza che non desiderava il mio corpo. E questo mi aveva mandato in tilt. Poi, con la sua fuga, avevo perso del tutto quel briciolo di razionalità che non mi aveva ancora permesso di fare una vera pazzia.

Abbandonai del tutto la razionalità quando seppi che aveva trovato dimora presso un bordello. Uno squallido bordello di uno squallido quartiere, frequentato da persone orribili che spesso maltrattavano le puttane solo per vederle piangere. E, la cosa ironica, era che aveva trovato proprio quello gestito da suo padre. Io mi ero dissociato da quello squallore e avevo chiesto le mie dame direttamente in casa. Ma quello che facevo io era diverso da quello che facevano gli altri uomini. Io adoravo vederle gemere seguendo i movimenti delle mie mani, bocca, corpo. Il mio orgasmo era secondario, la vera soddisfazione era vederle impazzire.

Io ero diverso.

E Geneviève non lo capiva.

Avevo preparato ogni cosa nel minimo dettaglio: ero andato a trovare Juan e Sara poco prima dell'arrivo di Katarina, poi avevo bendato Sara e lasciato la bocca libera a Juan. Un'ora dopo, quando lui aveva sentito le voci sull'uscio di casa, aveva invocato il nome di Geneviève e io mi ero mostrato sorpreso e sbrigativo nel lasciarla andare via. Tutto il resto andò secondo i piani: Katarina aveva raccontato cosa aveva sentito a Geneviève, e lei aveva deciso di tornare qui per cercare di liberare il suo amato. Ma avrebbe trovato me al suo ritorno e la avrei costretta a scegliermi perché avrei ucciso Juan davanti ai suoi occhi.

In quel modo avrebbe finalmente capito che ero io l'uomo con cui doveva stare. Non lui.
Non un ragazzino viziato.
Io, un conte.
Io, l'unico vero padrone del suo corpo.

Sarebbe andato tutto secondo i piani e avrei finalmente chiuso quella storia.

Sollevai Juan da una spalla. <<Alzati, ragazzino.>>

La catena al suo collo fece rumore. <<Non mi toccare!>> urlò scostandosi e riaccasciandosi in terra.

Lo guardai a fondo. <<Come credi che potrò medicare la tua ferita se non ti lasci aiutare?>>

Sputò sulle mie scarpe. <<Non voglio le tue cure.>>

Gli tirai un calcio nello stomaco e lo vidi soffocare urla di dolore, poi respirò a fatica tenendosi stretta la pancia e guardandomi dritto negli occhi.

Coraggioso, pensai.

<<Cos'altro vuoi da me?!>> guaì.

<<Geneviève sarà qui tra qualche giorno.>> risposi calmo. <<Voglio solo portarti in un posto più consono alla riconciliazione.>> al suono del suo nome, abbandonò l'espressione di odio.

<<Perché dovrebbe tornare qui?>>

Posai la lampada ad olio sul tavolino e la luce si sparse lungo il corridoio. <<Viene per salvarti. Non è magnifico?>>

Lui increspò gli occhi. <<Non sa che sono vivo.>>

Sara, accanto a lui, si schiarì la voce. <<Te lo avevo detto di non urlare. Quella prostituta ti ha sentito ed è andata a chiamarla. Ora condannerai anche lei a questa fine!>>

Juan mi guardò con sguardo torbido. <<Sei malato.>> disse digrignando i denti.

Sorrisi. <<Mi piace definirmi rivoluzionario.>> mi avvicinai di nuovo e gli presi la testa con una mano, bloccandolo contro il muro. <<Ora stammi a sentire, ragazzino. Lei sarà qui a giorni, e non permetterò che tu rovini tutto.>>

Non rispose, ma lessi nei suoi occhi puro odio e i segni di una rabbia pronta ad esplodere. Gli lasciai la testa e si lasciò bendare gli occhi e la bocca. Gli slegai il collare e la cavigliera, poi i polsi, ma li legai di nuovo con un elaborato nodo su una corda. Lo alzai di peso e caricai sulle spalle. Ero consapevole che non riuscisse a camminare da solo almeno per qualche metro, essendo stato per molto tempo solo seduto, ma lo stesso gli intimai di sbrigarsi a camminare sulle sue gambe.

Cosa non farei per te, mia Geneviève, pensai sostenendo il ragazzo che credeva di amare. Un giorno capirai tutti i sacrifici che ho fatto per te.

Raggiungemmo l'ultima stanza del labirinto che attraversava tutto il quartiere. Lo lasciai in un angolo senza acqua né cibo. Mi ricordai che l'ultima volta che aveva mangiato era stato il giorno prima, quindi per un altro giorno poteva restare a digiuno. Non avrebbe avuto le forze per apparire bello agli occhi di Geneviève. Gli slegai gli occhi, poi lo legai nuovamente dal collo e da una caviglia, lasciandogli i polsi chiusi nel nodo.

Tornai indietro e passai di fronte a Sara. Non disse niente e quasi mi dispiacque per quello che le stavo facendo passare.

<<Non guardarmi così. Lo sai che è per il tuo bene. Devi imparare la lezione.>>

Lei attirò le gambe al ventre facendo tintinnare le catene. <<Quale lezione? Mi hai rinchiusa e legata come un cane ormai da mesi!>> urlò piangendo. <<A me! Tua figlia!>>

<<Proprio perché sei mia figlia devi restare qui! Devi capire la gravità della situazione di cui hai preso parte. Senza di te, Juan non avrebbe mai portato via Geneviève e tutto questo non sarebbe mai accaduto. Sei tu la responsabile.>>

Si lasciò andare al pianto ed io pensai a come potesse essere possibile che avevo concepito una ragazzina così fragile e così diversa da me.

Ma come sempre, il pensiero di Geneviève sovrastò ogni altra cosa.

Mio amore, presto sarai mia.

Si, padrone?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora