.34. In fiamme.

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Barcellona, 
2 Gennaio 1809.

Erano ormai due settimane che lavoravo in quel bordello e non era così orribile come pensavo. Non ero io a subire le richieste degli uomini, quindi me ne stavo buona buona nella mia camera ad aspettare che qualcuno mi chiamasse per andare a pulire. Da quando c'ero io tutte le porte delle camere del piacere restavano rigorosamente chiuse e non c'era più la possibilità di tenerle aperte durante l'atto. All'inizio non ne capii il motivo, ma poi iniziai a pensare che fosse stata una volontà del capo.

Che avesse capito il mio disagio nel dover assistere involontariamente?

Per quanto riguarda il piano di sotto, non ci avrei messo più piede neanche per uscire a prendere dell'aria pulita. Preferivo l'aria viziata e l'odore dell'incenso allo squallore che avrei visto scendendo quelle scale. E soprattutto non avrei mai rischiato di essere vista dal padrone.

Bussarono alla mia porta al solito orario quella mattina. Risposi che sarei uscita subito e presi tutto l'occorrente.

Raggiunsi la camera che mi era stata indicata e la trovai totalmente disfatta: il letto rotondo pieno di grinze e le coperte rosse a terra in un angolo. Il tavolino rovesciato con degli alcolici ancora nei bicchieri anch'essi a terra lasciando così assorbire il liquido al pavimento di legno. Le tende chiare per metà scese come se qualcuno ci si fosse aggrappato e poi in seguito caduto.

Se non avessi saputo che tutto quello era stato causato da del sesso violento e creativo sicuramente avrei pensato che qualcuno era stato aggredito in quella stanza.

Sospirai rassegnata e iniziai con il rum nei bicchieri, ma non mi accorsi che uno era rotto e mi tagliai leggermente il dito quanto bastava a farlo sanguinare. Indietreggiai tenendomi la mano ferma con l'altra ma questa pressione non fece altro che aumentare il flusso di sangue ormai copioso e senza controllo.

Come poteva da un taglio così piccolo uscire così tanto sangue?

Presa com'ero non sentii nemmeno i passi di qualcuno alle mie spalle; me ne accorsi solo quando mi poggiò una mano sul fianco.

Sobbalzai spaventata e mi voltai con gli occhi sgranati. Era un uomo con una elegante camicia bianca, i capelli ricci raccolti in un codino e gli occhi più scuri che avessi mai visto. Era giovane, nessuna traccia di rughe o segni del tempo tranne che per una cicatrice sul sopracciglio destro che in qualche modo gli donava.

<<Mi dispiace, non volevo spaventarti.>> disse sottovoce.

Persino la voce era delicata così come il resto del suo aspetto semplice.

<<Non vi preoccupate.>> riuscii a rispondere dopo qualche secondo. <<Avete sbagliato stanza.>>

Lui si voltò e lesse il numero sulla porta. <<No, mi è stato detto di venire in questa camera. Forse sono solo un po' in anticipo.>>

Approfittai del momento di distrazione per legare un piccolo laccio di stoffa al dito che nel frattempo continuava a sanguinare, poi raccolsi le mie cose e feci per andare via.

<<Sono sicura che vi daranno un'altra stanza, questa non è pronta. Vado subito a chiedere...>>

Il ragazzo mi fermò con un sonoro "no" che mi fece arrestare.

Mi voltai e lo vidi paonazzo, visibilmente a disagio per ciò che aveva appena detto. <<Perdonami, non volevo essere così aggressivo e maleducato. Volevo dirti che io mi metterò in un angolo ad attendere che tu finisca di fare il tuo lavoro. Infondo sono io quello in anticipo.>>

C'era un non so che di nervoso nel suo tono, nei suoi modi, ma non lo diedi troppo a vedere.

Posai il secchio contenente tutti i prodotti per pulire e ricominciai a raccogliere da terra i vetri rotti e il rum dal legno. Sentivo il suo sguardo addosso, seduto sul letto disfatto e impaziente di poter parlare o fare quello per cui era venuto quella mattina.

Dopo qualche minuto di totale silenzio mi resi conto che la benda provvisoria che avevo fatto al dito si era inzuppata totalmente di rosso e che avrei dovuto cambiarla.

<<Ti fa male?>> mi chiese.

<<Non molto.>>

Si alzò dal letto con molta grazia. <<Posso vedere? Studio per diventare medico, forse posso aiutarti.>>

Annuii e lui si avvicinò con cautela, come se fossi un animale randagio. Tolse la benda delicatamente e scorse il taglio che iniziava dal polpastrello e finiva alla fine del dito.

Lo esaminò reggendo la mia mano con delicatezza. <<Sei fortunata, non credo che servano dei punti.>>

<<Grazie.>> risposi e avrei voluto tanto ritrarre la mano ma la sua era calda e morbida e non riuscii ad allontanarmi.

Il ragazzo sorrise. <<Non c'è di che, ...?>>

<<Soledad.>> risposi alla sua domanda implicita.

<<Io sono Theodor. Ma puoi chiamarmi Theo.>>

Theo. Non sembrava il nome di una persona che veniva in quei posti, ed era anche un futuro medico. Eppure eccolo la, in attesa di possedere una donna.

Theo lasciò la mia mano e, quando pensai che finalmente si sarebbe allontanato, allungò una mano sulla mia guancia e strofinò appena.

<<Hai del sangue qui.>> disse di nuovo sottovoce, come quando era entrato pochi minuti prima.

La sua mano calda contro la mia guancia fredda mi provocò un brivido che prese a correre lungo la spina dorsale e presto percepii le gote tingersi di rosa scuro.

Perché il mio corpo rispondeva sempre a movimenti e tocchi che il mio cervello voleva ignorare?

Allontanati, avrei voluto dire.

Prendimi, invece urlava il mio corpo in fiamme.

E lui non si scostò. Il tocco appena accennato sulla mia guancia si trasformò in una carezza delicata e presto l'altra sua mano raggiunse il mio fianco, avvicinando i nostri corpi ancora di più. Portai le mani sui suoi fianchi sottili, sulla camicia di cotone leggero e la mia mente prese a viaggiare verso mondi che avrei tanto voluto dimenticare. E invece eccoli lì, e più Theo mi guardava con quei suoi occhi profondi, più le mie gambe tremavano e l'inguine sfarfallava come se ci fosse un intero nido di vespe all'interno.

<<Sei così bella...>> sussurrò e si avvicinò ancora di più, finché le nostre labbra non si sfiorarono.

Mi baciò delicatamente, abbracciando con entrambe le mani il mio corpo in fiamme. Ed io mi aggrappai al suo avida di quel contatto che molto infondo al mio essere mi era mancato.

Si, padrone?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora