.29. Incenso e vergogna.

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Barcellona, 
16 Dicembre 1808.

Soledad.

Continuavo a ripetere questo nome sulle labbra per impararlo meglio, ma proprio non mi piaceva. Perché dovevo cambiare nome? Il mio non andava bene? Era quello di mia nonna, il nome più bello che avessi mai sentito.

Salii le scale di ferro a chiocciola lentamente cercando di non toccare la ringhiera lurida e arrugginita. Quando finalmente raggiunsi il piano di sopra mi strinsi nella coperta e rabbrividii per un soffio di vento entrato da chissà quale finestra aperta.

Quel piano era esattamente come lo immaginavo: un lungo corridoio con numerose porte e una grande finestra aperta alla fine. Cercai di farmi forza e iniziai a camminare, non sapendo esattamente dove andare. Alonso mi aveva detto che quando sarei giunta davanti alla porta del capo lo avrei capito, ma in quel momento mi chiesi se sarei riuscita a superare tutte quelle porte senza vomitare prima.

Perché molte di quelle stanze non avevano affatto una porta per escludere gli spettatori dalla camera da letto.

Avrei voluto camminare a sguardo basso e velocemente, ma la mia curiosità ebbe la meglio. Sollevai gli occhi e sbirciai all'interno di una camera: completamente tinta di rosso, priva di finestre e con degli attrezzi strani su un tavolino. Al centro, nudi su un letto rotondo enorme, tre persone si contorcevano e incastravano tra loro producendo versi strani e ansimando.

Mi sforzai di continuare a camminare, sebbene le mie guance erano ormai rosse come un pomodoro maturo.

Ne superai diverse chiuse prima di trovarne un'altra aperta. In questa le pareti erano tinte di oro ed era molto più grande della prima. Invece che un letto ce n'erano due molto vicini sempre rotondi. Quattro persone nude, due per ogni letto. Rimasi nascosta dietro la porta per qualche secondo prima di realizzare cosa stessero effettivamente facendo. Le donne, entrambe con il viso contro le coperte e il sedere sollevato, avevano i polsi legati dietro la schiena mentre gli uomini le penetravano da dietro. Se le scambiavano. Un po' a turno davano colpi forti ad entrambe e loro non facevano altro che urlare di piacere.

Ma era reale il loro piacere? E come poteva esserlo, legate e tenute in quelle posizioni?

<<Ehi bambola, che fai ti unisci a noi?>>

Scacciai i pensieri quando uno di quegli uomini mi vide e mi venne incontro ancora completamente nudo e in piena erezione.

Feci un passo indietro cercando di non fermare lo sguardo in quel posto. <<No, no.>> balbettai. <<Vado via.>>

Lui si passò la lingua sulle labbra e mi squadrò per bene. <<Peccato. Lui ti stava già pregustando.>> disse prendendosi il suo amico tra le mani e scuotendolo verso di me. <<È impaziente. Ti desidera. Ha capito che ti piace guardarlo. Immagina come ti piacerebbe sentirlo dentro di te.>>

Non seppi se in quel momento il mio viso era in fiamme o, al contrario, bianco come un cencio.

Scappai prima di venire trascinata dentro di forza e sottoposta a chissà quali cose orribili.

Avevo la nausea, non ce la facevo più. Il cuore mi batteva forte, mi sudavano le mani sebbene facesse freddo e corsi verso la fine del corridoio in cerca di aria.

Quando lo raggiunsi mi gettai contro le ante delle finestre e presi a respirare dell'aria pulita che non fosse contaminata con il tanfo di quel posto misto all'incenso. Come se bastasse a coprire quello schifo. Nel frattempo, le urla di piacere inondavano il corridoio e volevo solo coprirmi le orecchie e urlare fin quando tutti non avessero taciuto.

Tentai di calmare il respiro; allentai la coperta dalle spalle in cerca di aria ma lo stomaco stava facendo degli strani movimenti che non promettevano nulla di buono.

<<Ti serve aiuto?>> disse qualcuno alle mie spalle ed ebbi il terrore che si trattasse di un altro uomo nudo che mi invogliava a giocare con il suo affare.

Mi girai lentamente e scorsi il profilo di un uomo ben vestito, poi mi piegai sulle gambe e vomitai tutto quello che avevo mangiato nei due giorni precedenti.

Si, padrone?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora