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Capitolo 64

Avevo bisogno di andarmene. La mia mente era invasa da talmente tanti pensieri che non riuscivo nemmeno a contarli, la cosa migliore da fare in quel momento era andarmene via. Da casa mia e soprattutto dai miei genitori.

Non potevo sopportare il pensiero che loro dovessero sempre spingermi a fare della mia vita ciò che loro volessero. Era la mia vita e avevo ogni diritto di farne quello che volevocon essa; sia che fosse mandarla a puttane o diventare una persona di successo, sarebbe dipeso tutto da me e da quello che avrei deciso di fare.

Non avevo un sogno o qualcosa che davvero avrei voluto raggiungere. Stavo solo seguendo ciò che i miei genitori volevano per me e questo era sbagliato. Non potevo pensare a cosa avrei veramente voluto fare nella mia vita nel momento in cui avevo l'idea che essere condotto in un'altra direzione mi mandava in tilt il cervello.

Calciando terra e sassi, mi diressi verso Zinkil Park; era il parco più vicino e il più rilassante nel quartiere.

Nonostante fosse una buona mezz'ora a piedi, lo definivo il più vicino, avevo bisogno di tempo per me; camminare fino al parco, perdere tempo lì e poi un'altra mezz'ora a piedi fino a casa era quello di cui avevo bisogno più di tutto.

Sicuramente la mia mente sarebbe andata a ripescare i ricordi di Carter. Era fisicamente e mentalmente impossibile cercare di non pensare a lei. Dover pensare di averla persa mi portava un dolore lancinante. Come una puntura al cuore che non se ne andava. Sentivo come se avessi avuto aghi e spilli piantati profondamente nella pelle, spingevano sul mio cuore, e quest'ultimo minacciava di esplodermi nel petto.

Mi mancava Carter. Lei non era solo la mia ragazza, era anche la mia migliore amica. E l'ho persa per qualcosa di cui ero stato accusato. Ancora una volta mi era stata data una cattiva reputazione per qualcosa che non avevo fatto; qualcosa che non avevo mai fatto. Ed ecco che mi trovavo nuovamente catapultato a qualche anno prima.

Quando arrivai finalmente al parco, camminai verso la panchina sotto alla grande quercia con i rami e le foglie che scendevano basse, ma alti abbastanza da permettermi di vedere il parco giochi, come che fossero delle tende.

Nonostante fossi solo e avessi i rami che mi tenevano sotto l'ombra, come se mi dovessero proteggere dal sole, mi sentivo circondato. Sentivo un'aria negativa attorno a me e non riuscivo a scrollarla di dosso.

Tutto ciò a cui stavo pensando era che non importava quanto ci provassi, non sarei mai riuscito ad avvicinarmi a Carter per parlarle. Non sapevo che fare. Avrei potuto provare ad andare a casa sua adesso o in qualsiasi altro momento.

Ma i suoi genitori sicuramente sapevano cosa fosse successo: sicuramente Dylan li aveva già informati. Poi sapevo che Carter aveva bisogno di qualche giorno per calmarsi. Erano successe davvero molte cose che avevano colpito sia lei che me.

Non mi importava di avere del peso in più sulle spalle. Il peso era il girare delle voci su di me che mi portavano ad avere un'altra cattiva reputazione. In realtà era l'ultima delle mie preoccupazioni. Nonostante fosse triste, tornare ad avere a che fare con tutte queste cose ancora una volta faceva sembrare tutto quel casino come una cosa poco importante.

Con la testa abbassata, le mie dita si muovevano sui miei jeans quasi distrutto, ebbi la sensazione di avere davanti una presenza poco gradita. Volevo gridare di andarsene a chiunque fosse, ma non ebbi il tempo di parlare quando sentii qualcuno dire "Questo posto è occupato?"

Alzai lo sguardo e fui accolto da degli occhi familiari che però non avevo visto da tempo. Mi ci volle un momento per capire chi fosse davanti a me e sentii la gola seccarsi. Facevo fatica a proferire parola.

Brother's Best Friend ✽ hs [italian translation]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora