《Vorremmo ora tentare di ricordare altro? L'ultima volta ci siamo lasciati cercando di portare alla mente il babbo. Vorrei che riprovassi. 》
Lauren aveva preso una certa dimestichezza con la poltroncina reclinabile, tanto da evitare di farla abbassare a tutta velocità. Aveva giusto dosato il peso della schiena, scendendo con dolcezza.
Il dottor Colton, paziente e affettuoso, le aveva riconosciuto di essere molto astuta, una tipa piuttosto arguta. Molti altri pazienti non erano stati tanto furbi.《Di lui non ricordo niente.》confessò lei. L'idea di ricordare suo padre, in parte, la schifava. Era colui che l'aveva abbandonata, lasciata sola ad affrontare il mondo. Non poteva provare piacere nel pensare a lui.
《So che invece qualcosa c'è. Lasciati andare. Lascia che la tua mente comunichi. 》
Si introdusse il silenzio, oneroso sovrano, plumbeo artista di ogni seduta ipnotica. Se Lauren sceglieva di tacere, il tutto stava iniziando a funzionare.
È una giornata fredda e grigia.
Mamma è stesa nel letto, dice di non sentirsi troppo bene. Papà non presta molta attenzione al contesto, guarda la televisione e inveisce contro il telegiornale locale. Lo fa spesso, dice che è un buon modo per sfogarsi.
Lauren gli appare alle spalle, ha voglia di giocare con lui. Lo invita nella sua stanza, deve assolutamente fargli vedere una cosa. Il babbo la segue, ma distante e distratto. Lauren da un lato si sente grata, dall'altro percepisce che suo padre si sforza di amarla. Invece lei lo ama, lo ama così tanto.
Giunti nella cameretta, Lauren gli mostra la sua ultima creazione. Si siede al piano da poco regalatole e inizia a pigiare sui tasti. Quella piccola melodia l'ha creata lei, di suo pugno e ne va fiera. Papà si prodiga di applaudire al termine dell'esibizione.
La prende in braccio e la stringe. Dice di essere fiero di lei, un giorno sarà una grande pianista. La abbandona nella stanza, ma Lauren non è felice. Sebbene il babbo le abbia fatto i complimenti, qualcosa continua ad urlarle a Lauren che si tratta solo di una circostanza, di una frase fatta volta a sedare il continuo distrarre da parte della figlia. Qualcosa le dice che presto suo padre smetterà di sentirla suonare.Lauren rinvenne dalla trance. Aveva parlato, aveva ricordato ogni attimo di quel momento, non di meno risposto a tutte le domande di Victor.
E aveva pianto. Sì, Lauren aveva pianto. Se ne rese conto per via dell'umidiccio tra le dita, mani che aveva da poco portato sul viso per nascondere l'emotività. Non le apparteneva l'emotività, non le sarebbe appartenuta mai.《Molto, molto bene Lauren. Scavando nelle tue memorie, stiamo ottendendo grandi risultati. Pensi di poter suonare il piano, per me?》
La domanda la colse impreparata. Pensò che la cosa non c'entrasse niente con il resto della seduta. Eppure, sebbene la trovasse una richiesta stramba, si lasciò incuriosire ulteriormente.
《Quì c'è un piano?》
Il dottor Colton le prese la mano e la portò sino a ridosso dello strumento sul fondo dello studio.
《È sempre stato qui. Forse sarebbe un po' da spolverare, prima. Nessuno lo tocca da diverso tempo.》
Le dita di Lauren si posarono sui tasti. Li accarezzò come non li avesse mai toccati in vita sua, con rispetto. Pigiò appena, senza troppa decisione.
Nella stanza esplose il suono, l'eco di un amore che Lauren non aveva mai dimenticato davvero.
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Cold Winds [COMPLETA IN REVISIONE]
Romance"Lo sentiva tra la folla, il suo odore, e ogni sferzata di vento era un brivido di paura. Era il fetore della persona che più detestava al mondo quello che Lauren percepiva così distintamente. Ne era certa: l'avrebbe riconosciuto anche in mezzo a ce...