Capitolo 30: Mi manchi, lo sai?

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Sei solo una piccola bugiarda, un'ingrata!

Zio Jean accolse moglie e nipote sulla soglia, come fosse sempre stato lì, con l'unico fine di aspettarle.
Dal tono, a Lauren, sembrò che lo zio fosse davvero molto arrabbiato.

Come promesso, quest'ultima, contattò zia Beth perché la venisse a prendere allo studio di Colton, ma con almeno un'ora di ritardo rispetto alle aspettative. Zia Beth, in auto, non le disse niente di significativo, né in termini positivi, né negativi. Non le chiese nemmeno come fosse andata la seduta con Victor. La ignorò volutamente, come conoscesse già l'epilogo della faccenda.

In un primo momento, Lauren non pensò alle ripercussioni del suo gesto, ma le fu tutto chiaro solo una volta giunta a casa, dove, il dialogo con zio Jean, si tinse d'astio e rammarico.

《Ti rendi conto di quanti rischi corri a dirci cazzate? Ho chiamato Colton, non c'è stato nessun ritardo con la terapia. Dove sei stata in queste due ore?》le chiese l'uomo. In un primo momento non ottenne alcuna risposta. Lauren si ammutolì davanti alla rabbia dello zio. Per un momento ebbe paura di lui.

《Te lo chiedo di nuovo. Dove sei stata, Lauren? Ti conviene dirlo ora, se vuoi evitarti una bella punizione. 》

La situazione sarebbe presto degenerata. Il tutto lasciava presupporre una bella lavata di capo, se solo Lauren avesse deciso di non rispondere. Pensò le convenisse di più essere sincera.

《Con Stephen, da sua zia. Abbiamo bevuto una cioccolata in tazza, nulla più. 》alla fine, decise di confessarsi. Non sarebbe mai andata peggio di così, pensò, ormai il danno era stato fatto. Lauren aveva mentito agli zii, avrebbe accettato qualsiasi punizione le fosse stata imposta.

《Perché diavolo non ci hai avvertiti? Pensi che non te l'avremmo permesso?》

Una parte di Lauren pensò che sì, forse glielo avrebbero negato. Starsene zitta, fare di testa propria, le era sembrata la cosa migliore da fare. Non aveva messo in conto l'astuzia degli zii.

《Non credo che tutto ciò che mi riguarda sia affar vostro!》sbottò, stanca di essere trattata sempre come una bambina. Pretendeva la propria libertà, per quanto avesse potuto definirla tale.

Zio Jean si avvicinò con fare minaccioso. Tese una mano verso l'alto, con l'intenzione di darle uno schiaffo. Fu zia Beth a mettersi in mezzo, bloccando l'ira funesta del marito.

《Che cosa stai facendo, Jean? Pensi che a picchiarla risolveremo le cose? Abbassa questo braccio e torna in te. 》gli accarezzò il viso, rilassandone i lineamenti. La zia aveva sempre avuto un certo potere su Jean, lungo il corso di tutta la loro vita insieme, come coniugi.

《Lei non si rende conto di quanta fatica impieghiamo a capirla, giustificarla di continuo. Non ci riconosce nessuno sforzo, non lo fa mai!》

Beth si frappose tra i due, non solo con il corpo. Da sempre cercava di appianare le divergenze di famiglia, specialmente quando si trattava di Lauren. Sentiva di doverla difendere, sempre. Lei era la figlia di sua sorella, della sua amata sorella. Non avrebbe potuto fare altrimenti, se non stare accanto a quella giovane che tanto era stata sfortunata in vita.

《È solo una ragazzina, Jean. Come tutti, possiede proprie inclinazioni e sentimenti. Non possiamo tenerla sotto un'ampolla di vetro solo perché è una non vedente!》

Maria apparve sulla soglia, richiamata dagli schiamazzi dei genitori. Afferrò per un polso Lauren, con l'intenzione di portarla via.

《Se la discuteranno tra loro come sempre, andiamo nella mia stanza finché siamo in tempo!》

Lauren non se lo fece ripetere due volte e seguì la cugina sino al piano superiore. Pensò che la volesse salvare, come al solito, ma finì per sbagliarsi.

《Tu però devi imparare a giocartela un po' meglio. 》le disse Maria, non appena si trovarono chiuse nella stanza di quest'ultima.

《Non sono tenuta a dire ogni cosa. Posso avere qualcosa di mio, qualcosa che voglio tenere per me?》le sembrò lecito giustificarsi, ma capì ancor di più di non essere tenuta a farlo.

Scendere nei dettagli di quel discorso procurò, a Lauren, un certo fastidio. Si trattava pur sempre di Maria, ma, sebbene fossero più che banali cugine, ogni intromissione da parte sua le risultò, tutto d'un tratto, non gradita.

《Tu puoi avere tutti i segreti che vuoi, ma sai come sono fatti i miei genitori. Si preoccupano per te, non lo fanno con malizia. Dovresti essere felice che ci tengano così tanto, non lo fanno nemmeno nei miei confronti!》

《Ti da fastidio, non è così?》sbottò Lauren, intravedendo una punta d'invidia nella voce della cugina.

《Non mi da fastidio, scema. Dico solo che delle volte, anche tu, potresti essere un pochettino più grata per quello che fanno per te. 》

Per un momento, Lauren pensò che sarebbe stato meglio rimanere in salotto con gli zii. Maria era sempre stata una buona amica, una fedele confidente, ma le fu chiaro che, sebbene il coeso rapporto che da sempre le univa, essa stesse soffrendo di gelosia nei confronti dei genitori e delle attenzioni che andavano riversando sempre e comunque verso Lauren.

《Sei come loro, non vi smentite mai. 》fece per alzarsi. Non c'era più un motivo valido a trattenerla nella stanza della cugina. Anch'essa l'aveva delusa.

《Sei tu a non riconoscere gli sforzi di chi ti vuole bene. Adesso ti sei presa questa cotta per un ragazzo, pare tu non veda altro. 》

《Io non vedo proprio niente! Per di più, Maria, fammelo sto piacere. Smettila di chiamarmi scema!》

Lauren uscì dalla stanza, sbattendo la porta. Si diresse con decisione verso la propria camera da letto, senza provare alcun senso di colpa nei confronti della cugina. Pensò se la fosse meritata, quella porta in faccia.

Non che le capitasse spesso, ma, in quel contesto colmo di solitudine, non poté che finire col pensare a suo padre. Si chiese dove fosse, semmai pensasse a lei, qualche volta.
Lo maledì per averla abbandonata a sé stessa, in una famiglia che tanto andava giurando di amarla come una figlia, ma altrettanto distante dall'idea di amore che Lauren possedeva da sempre.
Agli antipodi con l'idea di genitori che essa avrebbe voluto per sé.

Si accomodò nel letto, stringendo a sé l'ultimo ricordo dei genitori, posseduto gelosamente da anni. Un pupazzo, un banale orsetto di peluche. Lo portò sul cuore e per un momento si sentì ancora una bambina, quando mamma era ancora viva, con papà accanto e tutti insieme andavano ancora a formare una famiglia apparentemente felice. Lo annusò, cercando una traccia del profumo di sua madre che, suo malgrado, non trovò.

Pensò a Stephen, al bene che li aveva uniti sin dal loro primo incontro.
Era l'unico con cui avrebbe voluto parlare in quel momento, l'unico che avrebbe voluto accanto.
L'unico che l'avrebbe capita, sempre.

Senza tener conto dei rischi, decise di chiamarlo. Era già fuggita ancora di casa, per incontrare Kevin. Non aveva più Maria al proprio fianco come complice, ma sarebbe riuscita comunque a evadere da quelle mura che parevano non amarla affatto. E lei, di amore, ne sentì un assoluto bisogno urgente.

"Sei mai scesa dalla finestra?" Le chiese Stephen, dall'altro capo del telefono.

Le aveva risposto subito, come non stesse attendendo altro. Si pronunciò preoccupato, vista la folle idea di Lauren di evadere da casa, ma, allo stesso modo, parecchio eccitato. Aveva altresì già voglia di vederla, come non avesse mai passato con lei il pomeriggio precedente.
Non c'era più nulla che Lauren avrebbe potuto per risolvere con gli zii, non per lo meno quella notte. Voleva solo stare insieme ad una persona che l'avrebbe capita e, Stephen, altro non era che quella persona.

"No, ma non mi spaventa più nulla, nemmeno questo. Vieni a prendermi, non posso più restare quì."




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