Episodio 35

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Passarono i giorni e i lavori di sotto continuarono finché tutti i lingotti d'oro stipati nella camera blindata non fossero diventati piccolissime pepite d'oro.
Ci vollero 2 giorni e finalmente avevamo in mano più di 5 milioni di euro.
Eravamo tutti stanchi morti, stressati, alterati praticamente volevamo solo uscire da lì e goderci i nostri soldi.

La polizia non si faceva più sentire da almeno 24 ore, nessun tentativo di attacco o negoziazione. Eravamo sollevati perché così potevamo lavorare senza intoppi ma anche un po' in ansia perché questo significava che poteva esserci un attacco a sorpresa.
Denver ed io continuavamo a lavorare separati. Non ancora riuscivo a perdonarlo per quello che mi ha detto.
Lui cercava in tutti i modi di risanare il rapporto o quanto meno riuscire a tenere una conversazione per più di 10 secondi ma io no, per il momento.

Le provava tutte, nominava anche Cincinnati

'Cosa ne sarà di lui se noi siamo separati?'
Adesso Cincinnati era l'ultimo dei miei problemi, il primo era uscire da questa trappola mortale.
Gli altri erano tranquilli io invece prevedevo il peggio, non mi fidavo della polizia e sopratutto della nuova ispettrice.
L'unica cosa buona di lei è che ha "barattato" Rio per alcuni dei nostri ostaggi e così la banda era di nuovo al completo.

Ormai l'oro da fondere stava per finire e tutti tranne io erano di sotto per lavorare molto più velocemente.
Avevo tutti gli ostaggi davanti a me, che mi guardavano terrorizzati. Mandai un bacio a Gandia e i suoi uomini che mi guardavano con un ghigno sulle labbra.
La noia si faceva sentire, guardare il portone di ingresso nel silenzio totale non era un bello spasso.
Decisi che l'unica soluzione era fumare e feci per accendere una sigaretta quando con un'enorme boato la porta di ingresso esplose facendomi volare al di là della stanza.

Le urla degli ostaggi e il fischio dell'esplosione mi rimbombavano nelle orecchie e la vista annebbiata non mi permisero di vedere il proiettile diretto al mio stomaco mentre stavo cercando di alzarmi.
Portarono via tutti gli ostaggi e gli uomini armati si fecero largo nella stanza sparando all'impazzata. Riuscii non so come a scappare e raggiungere l'ascensore che porta di sotto.
Chiuse le porte mi accasciai al muro e caddi a terra, stremata per la corsa e per lo sforzo immane che mi è costato una gran perdita di sangue.
Vidi il pavimento dell'ascensore macchiarsi di sangue e le forze venir meno. Il bip dell'ascensore mi svegliò e subito dopo mi ritrovai la faccia di Denver sconvolta che urlava il mio nome

"ALASKA! MI SENTI? ALASKA! ALASKA! AIUTO!" Mi prese in braccio e mi portò al centro della sala, gli altri erano sconvolti e si misero ad urlare anche loro.

"BLOCCATE L'ASCENSORE NON FATE SCENDERE QUEI FIGLI DI PUTTANA!" Urlò Tokyo a Rio che si affrettò di andare a bloccare l'ascensore così che i poliziotti non potessero scendere.
Tutti erano lì, intorno a me, erano tutti molto agitati e mi ripetevano di stare calma. Denver aveva la mia testa sulle sue gambe e mentre urlava come un dannato mi accarezzava i capelli con la mano tremante.
Io avevo solo un pensiero in testa, Cincinnati.
Iniziai a vedere tutto sfocato, Nairobi mi mise una flebo e continuava ad urlare agli altri ordini su cosa fare.
"Accidenti! Dobbiamo chiamare il professore!" Urlò Palermo e insieme a Bogotà andarono a contattarlo.
Ad un certo punto non riuscì a vedere più niente, forse me ne stavo andando per sempre o forse era l'effetto dell'anestetico.
"Sta perdendo troppo sangue! Dobbiamo fermargli L emorragia" disse Tokyo
"Il proiettile è ancora dentro e non so come farlo uscire, non sono un chirurgo" Nairobi era in preda al panico
Denver mi accarezzava ancora la guancia con la mano imbrattata del mio sangue e disse sottovoce
"Per favore non te ne andare, non mi abbandonare anche tu" aveva la voce distrutta dal pianto.
In quel momento tornarono Palermo e Bogotà con brutte notizie
"Il professore è stato scoperto e hanno preso Lisbona" disse Bogotà con il fiatone
"E quindi come facciamo noi? Sopra ci sta mezzo distretto di polizia e tutto l'esercito che ci stanno cercando e Alaska sta morendo!"
"Prima di tutto calmati, il professore ci ha spiegato che nella stanza blindata c'è un tunnel che riesce nel bosco, dove si trova lui ad aspettarci" disse Palermo
"E dimmi come facciamo a svuotarla da tutta l'acqua che si trova lì dentro?" Disse Tokyo sarcastica
"Non ne ho idea ma dobbiamo trovarla in fretta o Alaska non sopravviverà" continuò Palermo
Mentre gli altri pensavano a cosa fare Nairobi cercò di medicare il più possibile la ferita per farmi rimanere stabile.
"L'unico modo per riuscire a svuotare quella maledetta camera super blindata è aprire la botola e lasciar scorrere l'acqua anche se sarebbe un po' come un suicidio e andrebbe perso tutto" disse Bogotà
"Non me ne frega un cazzo dell'oro dobbiamo uscire di qui in fretta quindi apri quella cazzo di botola" urlò Denver che fino a quel momento era rimasto in silenzio, tremava.
"E allora facciamolo" disse Rio
Eravamo tutti pronti, Palermo era già in posizione per aprire la botola quando si sentì un boato provenire dall'ascensore e subito dopo le porte si aprirono.
"Faccia a terra! Faccia a terra!" I militari urlarono come dei dannati e puntarono i loro fucili su di noi.
Iniziarono a immobilizzare tutti ed ad ammanettarli finché un soldato non si avvicinò a Denver e a me
"Cosa succede qui? Separatevi" disse freddamente senza rendersi conto della garza piena di sangue
"Sei cieco forse? Gli avete sparato una cazzo di pallottola nello stomaco e sta morendo!" Urlò Denver perdendo la pazienza.
Il soldato rispose subito all'attacco strappandomi con forza dalle braccia di Denver per poi immobilizzandomi a terra, a pancia in giù e con il suo ginocchio sulla mia schiena.
Emisi più di un gemito di dolore, Denver esplose e gli spararono un sonnifero.
"Non riesco a respirare" disse con voce fioca, il dolore del colpo allo stomaco si aggiunse al peso del soldato.
Quando il generale diede l'ordine di uscire, il soldato si alzò per ammanettarmi e quando furono usciti tutti, anche Denver portato a peso morto da due soldati, mi urlò di alzarmi
"Non c'è la faccio" dissi sottovoce, a lui non piacque e così mi iniziò a dare calci e pugni.
Ero il suo giocattolo per sfogarsi dal lungo lavoro per trovarci. Dopo aver finito, mi prese per un braccio e mi trascinò fino all'ascensore lasciando una scia di sangue per terra.

Arrivati di sopra mi ammanettò insieme agli altri, dalla ferita usciva ancora molto sangue, Denver si era svegliato e posò subito lo sguardo su di me.
Ad un certo punto sentii una fitta molto forte al petto e subito dopo il buio, l'unico suono che riuscii a percepire prima del buio totale furono le urla di Denver e dei soldati.


Scusate per l'attesa infinita 💘

ALASKA || La Casa di CartaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora