INSIDIAM.

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Niccolò's pov.

Ero rimasto da solo con le mani strette. Ero come bloccato in uno stato di trance e l'unica emozione che mi accompagnasse era l'apatia. Cosa era stato? Che significato avrei dovuto attribuirgli? Mi sedetti sulla panchina e rimasi a fissare il suolo immobile e scuro con la consapevolezza che qualcosa da lì ai giorni che sarebbero giunti sarebbe cambiata. In preda ad ogni tipo di idea afferrai il cellulare, digitai il numero di Emanuele e lo chiamai.
« Cosa c'è? » chiese.
« Non lo so nemmeno io. Posso passare? »
« Cosa? «
« Posso passare da te? »
« Cosa è andato storto questa volta? »
« Posso o no? » mi tremò la voce.
« Sì, vieni. »
Riattaccai senza dargli troppe spiegazioni e iniziai ad incamminarmi verso casa sua con passi quasi felpati, come se per la vergogna volessi nascondermi anche da me stesso. L'unica cosa da cui sarei voluto sfuggire era il senso di colpa maledetto per via di quel Non Lo So  detto con troppa leggerezza. Non avevo mai avuto esperienze come questa, neppure con una ragazza. Fu questo il vero motivo per il quale ero così dannatamente titubante. Un tipo come Valerio sono sicuro fosse stato desiderato da molte ragazze a scuola ed io che l'avevo conquistato semplicemente essendo me stesso avrei dovuto gioire. Eppure una parte di me non era preparata a questo genere di cose. Iniziai a chiedermi pure che cosa mi fosse preso, perché non lo avessi spostato, perché avessi continuato a permettergli di prendermi la mano ed il fianco o perché avessi continuato il bacio. La risposta fu del tutto inesistente.
Camminai quella sera, tanto, troppo. Non mi ero allontanato di molto da casa, ma vista la mia lentezza nello scandire quei passi fu come se avessi passeggiato per ore. Non sapevo come avrei potuto spiegare ciò che era stato ad Emanuele. Il nostro rapporto era molto forte, però non avevo la certezza che avrebbe capito. Quando arrivai da lui gli scrissi un breve messaggio e gli intimai di  fare in fretta e che dovevamo fare quattro passi. Quattro passi. Quelli che se non avessi accettato di fare qualche ora prima, non avrebbero generato così tanto scompiglio. Lo aspettai seduto sul bordo del marciapiede rovinato e nel frattempo tenni la testa bassa poggiata sulle braccia che erano sostenute dalle ginocchia. Non indossai le cuffie perché volevo soltanto il silenzio come compagno dei miei pensieri. Il vento continuava ad essere caldo e costante. Mi scostava un tantino il tessuto dei pantaloncini che stava teso verso il basso e si faceva spazio tra le mie braccia e tra i miei capelli. Volevo scrivergli per chiedergli di tornare indietro e affrontarci, ma concepii che sarebbe stato inutile visto il modo in cui mi aveva lasciato lì. Emanuele scese giù e aprì il portone, mise piede fuori e mi si avvicinò lentamente con aria di chi sa che c'è qualcosa che non va.

« Nic? »
« Ciao. »
« Ciao? »
« Sì. »
« Che è successo? »
« Facciamo un giro. »
« Ma prometti di raccontarmi tutto. »
« Non è facile come sembra. »
« Cosa vuoi che sia » sminuì le mie parole.
« È una cosa delicata » lo ammonii.
« Scusa. »
Mi alzai ed iniziammo a camminare senza meta per le strade del quartiere silenzioso e deserto.
« C'entra Valerio, dico bene? »
« Dici bene. »
Continuammo a muoverci in direzione opposta a quella che avevo preso con Valerio e nessuno disse nulla. Dopo qualche minuto però mi decisi e parlai.
« Quello che sto per dirti ti sembrerà uno scherzo. » lo guardai « Valerio è venuto da me per parlare. »
« E...? »
« Emihabaciato » dissi tutto d'un fiato.
« Non ho capito niente. »
« Non ti credo. »
« Dico sul serio, hai parlato troppo velocemente. »
Mi fermai e guardai Emanuele in faccia. Era serio.
« Mi ha baciato. » e lui rise « Non sto scherzando. »
« Valerio. Lo stesso Valerio che stava con Sofia. »
« Non ho idea di chi sia questa Sofia. »
« Nic dai non scherzare. »
« Non sono mai stato più serio. »
« Non ti credo. È uno scherzo di cattivo gusto. »
« Perché mai dovrei scherzare su una cosa del genere? Per chi mi hai preso? » mi agitai.
« Dai, dimmi dove si è nascosto. »
« Ma di chi parli? »
« Di Valerio, ovvio. »
« Mi ha baciato e poi se n'è andato. »
« Valerio è etero. »
« Non  penso di poter dire lo stesso. »
« Non ti crederò mai. »
Mi voltai e mi allontanai.
« Niccolò! » mi urlò.
Non mi fermai. Ero profondamente offeso da quella sua mancanza di fiducia. Il mio migliore amico non si era fidato di me e credeva che io ne avessi inventata una così grossa per uno scherzo.
« Nic, aspetta! » urlò ancora.
« Buonanotte! » gli urlai di rimando.
Non avevo più voglia di sorbirmi altre risate. Quella sera era già stato un macigno il rifiuto di ascoltarmi da parte di Valerio e non ne avrei retto un secondo da parte di Emanuele.
Messaggio da Emanuele :
« Torna indietro. »
Messaggio ad Emanuele :
« No. »
Messaggio da Emanuele :
« Vengo a sfondarti il campanello se non mi dai retta. »
Messaggio ad Emanuele :
« A tuo rischio e pericolo. »
Messaggio da Emanuele :
« Dico sul serio, parliamone. »
Messaggio ad Emanuele :
« Ci ho appena provato e non hai fatto altro che ridermi in faccia tutto il tempo. »
Messaggio da Emanuele :
« Mi fa strano credere che Valerio, il ragazzo etero che una mia amica ha frequentato per mesi, ti abbia baciato. »
Messaggio ad Emanuele :
« Mi credi davvero così imbroglione? »
Messaggio da Emanuele :
« Torna qui e parliamone. »
Messaggio ad Emanuele :
« Buonanotte. »
Spensi lo schermo e mi diressi a casa, l'unico posto in cui forse un po' di pace mi sarebbe venuta incontro. Senza sapere che mi sbagliavo. La stanza silenziosa e buia mi inghiottì ed io non feci altro che scivolare lungo la parete adiacente al letto, lasciando che la testa mi si congiungesse con le ginocchia dure. Cominciai a credere che fossi io il problema. Che ciò che avessi provato con Valerio fosse sbagliato, finanche davvero un errore. Se si fosse saputo in giro? Se la versione della storia fosse poi stata storpiata a piacimento da colui che voleva metterla in giro? Paranoie su paranoie. Ogni tanto, tra un singhiozzo ed un altro, la stanza si illuminava per le luci delle poche macchine che passavano. Mi sollevai da terra con la poca voglia di farlo che ebbi, mi spogliai rimanendo con solo gli slip e mi spostai verso il letto dove sprofondai tra le lenzuola sottili e fresche. La finestra risultò essere piatta e di poche vedute. Nessuno più passava, i bambini erano del tutto scomparsi e quei fastidiosi schiamazzi si erano affievoliti in un silenzio tombale dal peso insostenibile. Avrei voluto semplicemente cadere in un sonno profondo e molto lungo così da spegnere per un po' il fulcro centrale d'ogni paranoia. Ma fui così preso dalle mie fisime che non ne ebbi neppure il tempo
di considerare questa opzione. Il telefono sul comodino, come se non bastasse, prese a vibrare ed io dovetti afferrarlo controvoglia. Fa abbastanza schifo sentirsi soli o non capiti, della serie che qualunque cosa la gente ti dica non ne troverai una a cui valga la pena credere per davvero. Avrei voluto essere più menefreghista ai tempi, una caratteristica del genere me la meritavo tutta, in particolar modo quando la stragrande maggioranza della gente che mi circondava non impiegava nemmeno una briciola del suo tempo a chiedermi come stesse andando la giornata. Non ho mai dato nulla per scontato, neppure un abbraccio che può risultare insignificante. Mi sarebbe tanto piaciuto correre dietro a Valerio quella sera, soprattutto quando mi aveva lasciato solo con me stesso. Il mio unico problema era che non avrei saputo cosa dire o fare. Suona così tanto banale? Non gli scrissi un messaggio un po' per orgoglio ed un po' per vergogna anche se forse avrei dovuto. Se non altro avevo deciso che avrei raccolto un po' del mio coraggio per andare a cercarlo e parlargli delle situazione riguardante il bacio di persona. Più pensavo a quel gesto, più mi facevo piccolo tra la poca luce nella stanza. La mattina seguente, durante gli ultimi sorsi ricchi di caffè, presi il telefono e scrissi ad Emanuele per chiedergli di vederci. Volevo mettere le cose in chiaro. Poiché fosse il mio migliore amico non poteva permettersi di non credermi. Mai. I messaggi non si consegnarono subito, rimasi per circa un ora a guardare lo schermo in attesa di risposta, la quale arrivò per pranzo. Qui mio fratello, notando l'assenza di mio padre, iniziò a fare domande ed io sempre più nervoso guardavo verso mamma che faceva di tutto per sviare le attenzioni verso quei quesiti così insistentemente curiosi.
« Mamma, pronto? » Matteo le fece cenno.
« Dimmi Matteo, cosa c'è? » chiese lei pacata.
Sapeva benissimo cosa le sarebbe successo. Sapeva anche che quel pasto sarebbe stato il più amaro di tutti quelli che aveva avuto il piacere di gustare durante la sua intera vita.
« Non noti l'assenza di qualcuno? » quello si accigliò.
Lei prese un boccone piccolo e lo mise sotto i denti.
« Sì . » disse piano.
« Dov'è papà? »
Continuavo a non staccarle gli occhi di dosso.
« Non c'è. »
« E dov'è? »
« L'ho cacciato » rispose appoggiando le posate sul piatto.
« C-cacciato? »
« Cacciato »
« Cosa? Perché? »
« Mi ha tradita, con un'altra. »
Matteo lasciò cadere le posate sulla tavola e non staccò gli occhi azzurri da quelli castani di mia madre.
« Sta scherzando. » si voltò verso di me con un sorriso amaro. Mi limitai a scuotere la testa e ad abbassare lo sguardo sul cibo che non avevo voglia di mangiare.
« E questa qui, chi è? »
« Non lo so. »
« Come l'hai scoperto? »
« Gli ho preso il telefono. »
« Uno come lui, che dice di non essere un esperto. »
« Quando si tratta di tradire siamo tutti fin troppo bravi. Adesso ascoltami, almeno provaci. »
Lui annuì e strinse i pugni nascondendoli lungo le gambe che erano lontane dalla vista di mia madre e tremavano dall'agitazione.
« Marta non lo sa ancora, per cui sta' calmo e non fare come al tuo solito. Capisco come ti senti. L'ho provato anche io ed il peggio deve ancora arrivare. »
« Peggio? Di cosa parli? »
« Dei processi e tutto ciò che un divorzio comporta. »
« Non ce la faccio a stare calmo » deglutì.
« Invece devi, per me. »
« No mamma, non posso promettertelo. »
Sapevo bene che Matteo, poiché fosse una testa calda, avrebbe infranto la promessa che mia madre stava cercando di instaurare con lui. Tanto valeva non provarci già dal principio. Non dissi nulla. Io avevo promesso a lei che sarebbe stata lei a fare tutto e mi avrebbe fatto sentire uno schifo intervenire. Lui tenne lo sguardo basso ancora e sapevo che, se l'avesse alzato e guardato mia madre, sarebbe scoppiato in un pianto nervoso. È successo solo una volta, quando Lara, la sua prima vera fidanzata, l'aveva lasciato dopo due lunghi anni.
« Mamma, va bene così » la interruppi « Ne discutiamo più tardi » aggiunsi velocemente.
Lei annuì e rimase a guardare mio fratello con lo sguardo basso e rosso di rabbia. Mi alzai e spostai la sedia accanto a lui. Gli rimasi accanto senza dire niente ed aspettai che fosse lui a fare qualcosa.

SO BADARE A ME STESSODove le storie prendono vita. Scoprilo ora