AGO FESTOS DIES.

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Niccolò's pov.

È successo tutto così in fretta che neppure ho avuto il tempo di pensarci su un secondo. Quella sera, una volta arrivati al policlinico non potemmo vedere Emanuele perché aveva avuto un'altra ricaduta durante la nostra assenza. Non c'era molto da fare per noi e non ci era concesso neppure aspettare per molto tempo lì. Anzi fu Lea stessa ad invitarci ad andare a risposare. Tuttavia mia madre era ancora tra quelle mura e mi chiamò per invitarmi a salire al secondo piano.  « Devo andare da lei » dissi a Valerio.
« Vai pure, io ti aspetto qui se vuoi » mi rispose dalla sedia su cui giaceva con gli occhi pesanti e circondati da un nero pallido che era segno della stanchezza. « P-puoi venire con me. »
« Sei sicuro? Non vorrei recare disturbo. »
« Sei il mio ragazzo. »
« E questo lo sappiamo in pochi. »
« Se sarà necessario, glielo dirò. » Mi congedai da Lea e Ludovica e mi diressi al piano superiore. Le luci erano bianche e fredde lungo tutto il corridoio e l'atmosfera era calma e silenziosa. Era come se dietro quella porta non ci fossero più i parenti preoccupati. Come se là fuori la vita si fosse fermata, come se fossimo morti. Mi sentivo più leggero a mano a mano che mi allontanavo dalla sala d'attesa ed avevo in corpo quell'angoscioso tormento che ti porti dietro quando fai qualcosa contro il tuo volere. « Sei visibilmente stanco. » Si voltò a guardarmi e scosse la testa. « È tutta questa situazione che mi uccide. »
« Ci ucciderà ancora prima che uccida lui. »
« Già » annuì. Lo fermai un attimo prendendolo in disparte e spingendolo verso il fondo di un corridoio un po' più buio di quello principale. « Ascoltami un secondo »gli tappai la bocca con la mano impedendo alle sue parole di contraddire le mie in un eterno ciclo di lotta per la supremazia « Ti conosco. Io lo so che tu non sei pronto. E capisco perfettamente che hai paura, tanta quanta ne ho io e non devi fare tutto questo per me. » Reclinò gli occhi indietro e con la sua mano spostò la mia dalle sue labbra. Rise. « Niccolò, sei così tenero. » Gli diedi un colpo deciso sulla spalla. « Comunque sia non importa » ingoiò una risata « Io l'ho già detto a mia madre e non importa che si sappia in giro, ecco perché non ho paura. »
Camminammo e quando fui al secondo piano chiamai mia madre. La vidi poi emergere dal corridoio mentre mi fece cenno in silenzio ed io continuai a camminare senza nemmeno rendermi conto che avessi ancora le mani incollate a lui. Teresa ci guardava ed aveva già capito tutto. Ancor prima che lo capissi io.
« Eccomi, cosa c'è? » le chiesi piano.
« Salve, Teresa » Valerio la salutò con lo stesso tono piatto con il quale avevano parlato durante tutta la cena a casa mia quella odiata sera. « Ciao, Valentino » rispose lei convinta. Li guardai e risi così forte da aver probabilmente disturbato tutto l'intero piano. « Cosa c'è da ridere? » mi ammonì lei.
« Si chiama Valerio, mamma. »
« Oh cielo, scusami caro! » Valerio imbarazzato si limitò a sorridere e a passarsi una mano tra i capelli lanosi.
« Daniela è qui. Le resta poco più di una settimana stando a ciò che dicono i medici. »Vi ricordate di lei? Sì, lo so, non le ho dato l'importanza che merita. « Anche lei? »
« Sì » rispose secca. Niente vie di mezzo, niente arcobaleni e glitter. « Non so c-che dire » quasi sussurrai. Se avevo dimenticato tutto il dolore dietro la porta d'attesa, adesso lo stavo riabbracciando come un vecchio amico. Valerio era silenzioso.
« Ti ho chiamato perché ha chiesto di te. »
« Sul serio? » Mi sentivo come se un macigno mi stesse premendo contro il petto. « Aspettami qui » mi voltai verso di lui. Non disse nulla. Semplicemente annuì. Mia madre mi prese la mano e mi portò con lei nella stanza di Daniela. Non c'erano fiori, non c'erano cestini colmi di cibo. Neppure regali minimi che potessero confortarla perché era sola. Suo marito mi guardava con il solito sguardo vitreo. Era freddo ma composto. I suoi occhi verdi al pari di quelli di un rettile erano attenti a seguirmi nei miei movimenti, tanto che mi metteva i brividi. « Ciao Daniela » le sorrisi con tutta la carica del mondo poiché volevo irradiare la stanza quella sera. Se non ero stato in grado di farlo con Emanuele, doveva valerne la pena farlo per qualcun altro. « Ciao Niccolò » mi rispose cercando di mettersi a sedere sul letto con scarso successo. Era visibilmente spossata e stanca dai trattamenti della chemio. « È inutile che io ti chieda come va, suppongo. »
« Tesoro, non preoccuparti » mi prese la mano. I suoi capelli erano ingrigiti durante tutto quel tempo in cui ero stato assente. La faccia non era più serena come l'avevo lasciata la prima volta ed il sorriso era per lei una fatica. Non potevo biasimarla d'altronde perché io non ho mai affrontato tutto quello che lei ed Emanuele stavano passando. « Credo che tu ti stia chiedendo come mai sei qui. »
« A dire il vero, mia madre mi ha detto che hai chiesto di me. Mi fa felice sapere che non ti sei scordata . »
« Come ci si può scordare di te? »
« Sono qui, dimmi tutto. »
« Vedi mio caro » si fermò un attimo per prendere un respiro che sembrava doloroso « Noi non abbiamo mai avuto dei nipoti o dei figli a cui donare qualcosa. È da sempre stato il nostro sogno. » Non capivo dove volesse andare a parare. « Tu mi sei piaciuto sin da subito. Sei un ragazzino con la testa sulle spalle, hai le idee chiare su ciò che vuoi essere e ciò che quasi sicuramente sarai. E perciò, confrontandomi con questo burbero qui, ho deciso di farti un regalo importante. Qualcosa per cui valga la pena ricordarsi di me. » Il macigno premeva ancora più forte sul mio petto e stavolta la sua intenzione era perforarlo con i sensi di colpa per non averle dato l'importanza che meritava. « Adesso sono in ansia » sorrisi nervoso.
« Non ce n'è bisogno. Spero tu sia felice. Non vuoi sapere di cosa si tratta? »
« Non voglio sembrare egoista ed approfittatore. »
« È qualcosa che parte dal mio cuore. Non lo penserei mai, nemmeno se me lo dicessi » il suo pollice soffice mi sfiorò le nocche.
« D'accordo, la smetto. »
« Abbiamo deciso di aiutarti per l'anno in America. Siamo sicuri che avrai tante soddisfazioni da regalare a tua madre e che lei ci soffre così tanto nel vedere i tuoi occhi brillare al solo pensiero. » Rimasi di pietra. Era difficile da credere. Mi voltai verso mia madre che sorrise con le lacrime agli occhi, poi ritornai con lo sguardo su Daniela e su suo marito. Mi guardavano tutti ed erano allegri. Ma di un'allegria che non era concepibile potesse trovare posto in una stanza di ospedale. « Non posso accettarlo » confermai a malincuore.
« Non è una richiesta » mi disse lei.
« È troppo. I-io non posso » continuai.
« Tu partirai Niccolò ed avrai il futuro più bello che qualcuno ti possa aver mai augurato. » Fremevo alla sola idea ma non potevo darlo a vedere . « A proposito, fai entrare quel giovanotto » mi chiese ed io non capii come potesse saperlo. Feci entrare Valerio in stanza, tutto imbarazzato, e gli presentai i presenti. Tutti a parte mia madre che lo conosceva già. Non era più sospettosa. Lo sapeva e lo aveva sempre saputo. « Una madre lo sa » fu la sua unica risposta. Era però come se mi fossi tolto un peso dalle spalle. « Non era come avevo pianificato » riuscii a malapena a dire. Senz'altro potevo essere contento che l'avessero presa bene ed un ultimo passo era cercare di riappacificare con mio fratello Matteo. Rimanemmo una buona mezz'ora lì, chiacchierammo di tutto quello che ci passava per la mente e scherzammo come mai avemmo fatto. Poi mi vibrò il cellulare in tasca e controllai chi potesse essere.

Messaggio da sconosciuto:
« Ciao Niccolò, mi spiace veramente disturbati nel tardo pomeriggio. La vicepreside, che credo ti abbia avvisato, mi ha dato il tuo numero per conoscere qualcuno e non sentirmi a disagio durante le lezioni. »
Messaggio a sconosciuto:
« Non sono stato avvisato, mi spiace. Con chi ho il piacere di chattare? »
Messaggio da sconosciuto:
« Oh sì scusa, sono il professor Costa. Ti ricordi di me? Ci siamo incontrati questa mattina. »
Messaggio a sconosciuto:
« Certo che mi ricordo. »
Messaggio da sconosciuto:
« Ecco, a tal proposito volevo chiederti se ti andasse di prendere anche soltanto un caffè per conoscerti meglio. Potresti magari anche parlarmi dell'ambiente scolastico e della classe in generale, non mi piace essere colto impreparato. »
Messaggio a sconosciuto:
« Adesso? »
Messaggio da sconosciuto:
« Quando vuoi. Sei impegnato al momento? »
Messaggio a sconosciuto:
« Sì, temo di sì. »
Messaggio da sconosciuto:
« Mi spiace averti disturbato. »
Messaggio a sconosciuto:
« Non si preoccupi. »
Messaggio da sconosciuto:
« Bene, fammi sapere se uno di questi giorni ci sarai. Mi farebbe piacere. »
Messaggio a sconosciuto:
« La aggiorno tra un po', d'accordo? »
Messaggio da sconosciuto:
« D'accordo, grazie! »
Non era la prima volta che la vicepreside mi sottoponesse ad esperienze come questa ed è per questo motivo che in quella scuola mi amavano. Non avevo mai mancato al mio dovere, neppure una volta, neanche sott'obbligo. Avevo gli occhi di Valerio su di me e quando alzai lo sguardo li incontrai. Mi coprii di quel verde tenue e dolce.
« Mi dispiace davvero tanto non poter rimanere al momento, ma vorrei controllare se ci sono novità per Emanuele. Ci vediamo domani Daniela. Stammi bene, mi raccomando! » le lanciai un occhiolino e lei fece lo stesso aprendosi in un meraviglioso sorriso. Insieme a Valerio mi congedai.
« Tutto bene? »
« Sì, stavo solo pensando. »
« A cosa? Se mi è concesso chiedere. »
« A noi. Ci penso spesso » disse.
« Come sta? Avete notizie? » domandai quando tornammo in sala d'attesa. Ludovica scosse la testa e mi chiese di avvicinarmi a lei. Valerio si mise a chiacchierare con Lea e suo marito che sussurravano cose che non capii. Non appena le fui vicino mi abbracciò lasciandomi inerme. Non sapevo se abbracciarla o lasciarle i suoi spazi. La sentivo piangere. Sentivo il suo fiato caldo sul mio collo ed i suoi singhiozzi che pur essendo silenziosi, sembravano essere urlati al mio orecchio. « Non ero pronta a questo. Fu allora che la strinsi. La strinsi così forte da toglierle il fiato, la strinsi come avrebbe fatto Emanuele. Con la sua stessa intensità.
« Nemmeno io. » I suoi capelli corti si riversarono sulle mie spalle mentre le sue dita mi sfioravano la schiena ricurva in avanti. Non c'era più un ammasso di voci, c'era silenzio. Il silenzio che ho odiato e che odierò sempre. La tasca vibrò di nuovo, ma la decisione l'avevo già presa, ancora prima di confermarla. Non l'avrei incontrato quella sera. Non era rispettoso nei confronti di coloro che stavano soffrendo come me.

Passò qualche giorno prima che potessimo vederlo del tutto. La sua faccia era cosparsa di chiazze violacee e nere e i contorni degli occhi erano diventati così marcati che le sue pupille parevano essersi rimpicciolite. Le sue braccia e le sue mani erano quelle più martoriate  dai segni della malattia. Era tanto emozionato nel vederci ma al contempo così stanco di dover lottare che non riusciva più neanche a parlare per la fatica che gli causava. Il suo sguardo parlava al posto suo. Quegli occhi azzurri erano sempre gonfi di lacrime e se fossero di gioia o di tristezza non lo sapremo mai perché la verità se l'è portata con sé. Le giornate spese a scuola senza di lui erano diventate tutte monotone e dal ritmo stressate. Ludovica dal canto suo non aveva accettato compagni di banco. Nemmeno tra le sue più fidate amiche. Aveva riservato quel posto soltanto a lui per quando si sarebbe ripreso. Per quando avrebbero finalmente potuto continuare felicemente la loro storia. Costa invece mi vedeva nei corridoi e con un qualsiasi pretesto si fermava a chiacchierare con me. Per la sua gioia accettai di uscire con lui per sorseggiare una tazza di cioccolata calda. Accadde lo stesso giorno del ballo scolastico che avevano indetto i rappresentati di istituto a cui noi avevamo deciso di non partecipare per rispetto di Emanuele.

Valerio's pov.

Oggi è il giorno del ballo e generalmente non ne salto uno ma questa volta sento che per rispetto nei suoi confronti devo. Emanuele sta steso sul letto. Si è ripreso e non da segni di cedimento da ore. « Voi dovete andare »continua a dire a ripetizione.
« Non andremo senza di te » ribatte Ludovica.
« No, non voglio essere il vostro ostacolo. »
« Non sei un ostacolo » mi aggiungo. Niccolò gli sta accanto e gli tiene la mano mentre lui lo sfotte perché spetterebbe a Ludovica.
« Dico sul serio! Andate a quel maledetto ballo. Staccate da tutto questo per un po', io sto bene. »
« Mai, senza di te » conferma Niccolò.
« Allora vi prometto che non metterete piede qui dentro né domani e né nei giorni a seguire! » Gioca d'astuzia, è bravo.
« A-n-d-a-t-e-c-i. »
« Va bene, ci andremo » afferma Ludovica.
« Badate a lei. Fatelo al posto mio » sorride.

SO BADARE A ME STESSODove le storie prendono vita. Scoprilo ora