FALSUS ARROGANS.

323 41 9
                                    

Niccolò's pov.

Non comprenderò mai le varietà di interessi che innescano la nascita di rapporti sociali. Non riesco a spiegarmi come da un Sei Insopportabile possa nascere un Sei Come Un Fratello Per Me. Tutti gli altri miei coetanei hanno già realizzato la metà dei loro obbiettivi, mentre io mi rigiro i pollici tra le lenzuola asettiche di questo letto e penso a quanto sottovalutiamo l' intensità che ci lega a questa vita. Ci sarà capitato, almeno una volta nella vita, di domandarci quale sia il nostro scopo preciso su questo pianeta ed altrettante volte di non saperci dare una risposta. Neppure io so argomentare, ma ho speso del tempo per pensare a cosa potessi fare per migliorare la mia esperienza e sono giunto ad una conclusione. La ricerca del modo perfetto di vivere la vita è la vita stessa. Non credete? Ho anche capito che a me non serve essere perfetto per tutti. Mi sento piuttosto come un pezzo di un puzzle di oltre duemila pezzi. Cioè non combacerò con tutti, però almeno ho la certezza che la mia presenza sia indispensabile per completare la figura. Pensateci per un secondo, che ve ne pare? Vi chiederete anche che per come ci siamo lasciati nel capitolo precedente io vi debba delle spiegazioni ed avete ragione. Questo discorso non è buttato qui a caso. Ho sempre saputo che Emanuele non sapeva tenermi il broncio per più di mezz'ora e difatti mi ha perdonato per quell'inconveniente.
« Capisco che hai agito mosso dall'impulsività ed avrei probabilmente fatto lo stesso se si fosse trattato di Ludovica. »
Il suo senso di tolleranza era alto, altissimo, e bastava soltanto non abusarne se non si voleva andare verso un punto di non ritorno.
« Grazie » è tutto quello che seppi rispondere « Sei pronto? »
« Non si vede? »
« Be', sì. »
« Andiamo » si tirò su il jeans ed afferrò le chiavi.
Mi alzai dal divano e mi stirai con una mano le pieghe della maglietta stropicciata.
« Non ti aiuterà » mi guardò « Tornerà al suo posto da sola. »
Aprì la porta. Io sgattaiolai fuori e rimasi poco distante dall'uscio in attesa che quel groviglio di ricci  castani se la chiudesse alle spalle.
« Quanto vorrei avere i ricci » gli dissi.
« Stai bene anche con quegli spaghetti. »
Scendemmo le scale saltellando come al nostro solito e quando arrivai al portone tirai la maniglia venendo investito dalla luce chiara del sole. Non era ancora il tramonto. Sarebbe stato perfetto andare in un parco nelle vicinanze e scrivere qualcosa. L'ispirazione si era invitata in quel pomeriggio all'insegna dell'imbarazzo.
« Dove ci vediamo? »
Lo guardai e feci spallucce.
« Come sarebbe a dire? »
« Ho dimenticato di chiederglielo. »
« Gli scrivo, tonto. »
Prese il telefono e con un rapido tocco dei polpastrelli sullo schermo gli chiese dove potessimo vederci. Io suggerii di incontrarci in un parco, sederci su una panchina e chiacchierare tranquillamente. Emanuele non si mostrò in disaccordo, piuttosto sembrava aver gradito la proposta e gliene parlò via messaggio. Camminammo a vuoto per una decina di minuti senza una via precisa, poi arrivò la sua risposta e ci dirigemmo nel parchetto più vicino.
« Secondo te come andrà? » domandai.
Emanuele mi guardò e rimase in silenzio.
« Ti preoccupa? »
« Un po', lo ammetto » farneticò brevemente.
« Cosa dovrei fare? »
« Sembrerò egoista a dirtelo. Fai finta di nulla. »
Come potevo riuscirci? Tutto quanto era fuori dal mio controllo.
« Suona come una missione suicida. »
« È una missione suicida, tutto questo lo è. »
« Grazie » buttai gli occhi al cielo.
« Non me la sento di darti delle false speranze, ecco. »
« So anche io che non c'è speranza. »
« E allora perché lo stai facendo? »
« Perché ho bisogno di sentirmi dire che è stato un errore. Una realtà mascherata da errore » mi voltai verso di lui.
« E se fosse stato veramente un errore? »
« Certo. È inciampato e le sue labbra hanno accidentalmente toccato le mie per oltre un minuto. »
« Non intendevo questo » si giustificò.
« So cosa intendevi, però adesso prova a capire cosa intendo io. »
« Ma io lo so, cioè almeno credo. »
Era tutto così vero. Gestire una situazione come questa sembra facile. Se ne fossi stato capace, gli sarei corso dietro quella notte, gli avrei stretto il fianco proprio come lui aveva fatto con me ed avrei continuato quel caldo bacio. Questa ricerca del mio orientamento sessuale è stata un travaglio.
« Nic, non potrò mai mettermi nei tuoi panni. »
« E non è confortante. »
« Posso farti una promessa però. »
« No Lele, niente promesse. »
« Fidati di me » mi fermò « Finché qualcosa non ci dividerà e staremo insieme, ti prometto che ti aiuterò. In qualunque cosa tu voglia. »
« Se mai questa promessa » ma mi bloccò di nuovo.
« Non sarà così. »
Quelle parole mi sembrarono lame. E non perché facessero male, ma perché mi avevano trafitto in pieno squarciando la mia pelle. In qualche modo, nella maniera più semplice e silenziosa, mi avevano rafforzato. Finalmente avrei potuto avvalermi della facoltà di affrontare tutto con la consapevolezza di non essere solo. Camminammo fino a quando non giungemmo a destinazione. Qui Valerio non era c'era ancora anche se sapevo che non si sarebbe di certo tirato indietro.
« Laggiù c'è una panchina, andiamo »Emanuele me la indicò.
Prendemmo posto e rimanemmo a guardare i pischelli giocare a calcio. Schiamazzarono da morire, con un tono così alto che li avrebbero uditi anche per strada. Come mai ci metti tanto, pensai.
Messaggio da Valerio :
« Dove sei? »
Messaggio a Valerio :
« Al parco, te? »
Messaggio da Valerio :
« Sono per strada. »
Messaggio a Valerio :
« Bene. »
Messaggio da Valerio :
« C'è gente? »
Messaggio a Valerio :
« Soltanto dei bambini. »
Messaggio da Valerio :
« Capisco. Che state facendo? »
Messaggio a Valerio :
« Ti stiamo aspettando, da un quarto d'ora ormai. »

« Chi era? » mi chiese Emanuele.
« Mia sorella Marta. »
Magari non avrei dovuto nasconderglielo. Non mi andava però di metterlo in mezzo più di quanto già non avessi fatto. Era una cosa che io e Valerio dovevamo risolvere insieme, da soli.
« Tutto bene? »
« Sì, certo. »
Mi guardò e non disse nulla, si limitò semplicemente ad annuire silenzioso per poi guardare il pallone che passava da un piede all'altro. Quei bambini erano affiatati, giocavano con un entusiasmo così semplice e innocente. Come se a loro bastasse poco per essere felici. Ricordai di quando mi sentivo così anche io. Quando ancora, prima dell'adolescenza, non avevo inibizioni e mi divertivo a fare nuove conoscenze.
« Eccolo finalmente »  mormorò Emanuele.
« Ciao ragazzi, scusatemi » passandosi una mano tra i capelli ricci ramati parlò.
« Si può sapere dove sei stato? » domandò Emanuele.
« Ho avuto un imprevisto »  gli rispose quello.
« Valerio » richiamai la loro attenzione « Ti devo parlare. »
« Certo, andiamo » mi disse.
Ci incamminammo lontano dalla panchina e ad ogni passo cercavo di cavare fuori dal mio petto il coraggio. Lui stava in silenzio.
« Riguarda l'altra sera. »
« Immaginavo » inarcò un mezzo sorriso.
« Bene, meglio così. Avrai avuto del tempo per preparare il tuo discorso. »
« Non mi serve prepararmi il discorso. »
Nonostante stessi recitando il ruolo dell'arrogante, non sembravo dargli poi tanto fastidio.
« Il bacio » dissi con il respiro tremolante « Per me non è stato un errore e non me ne pento. Lo rifarei. »
Non disse nulla, mi fece continuare.
« Se così non fosse stato, avrei fatto di tutto pur di dimenticarmene. »
« Non mi è sembrato così la scorsa notte. »
« Ti ho già spiegato che non so nemmeno io cosa voglio dalla vita. »
« Ma un altro bacio lo vorresti. »
« Pensi che se non mi fosse piaciuto lo avrei continuato? Ti sembro così stupido? È questa l'idea che hai di me? » domandai.
« Niccolò, io non so cosa ti vacilla in testa. Sei un fottuto cubo di rubik ed ogni volta che sembro aver  messo a posto un lato, tutti gli altri sono scomposti. »
« Sono un cubo di rubik. »
« Non lo capisco. »
« Certo che non capisci, non ti impegni. »
« Hai mai provato a metterti nei miei panni? Pensi che per un ragazzo come me, circondato da un sacco di ragazze che gli si buttano addosso manco fosse un vestito di Dior, sia facile identificarsi in un ben definito orientamento sessuale? » mi domandò.
"Si, ci ho provato. »
« Niccolò! » si passò una mano in faccia « Non sei stato un errore. »
« E cosa è stato? »
« Non lo so, ma voglio scoprirlo insieme a te. Ti fidi di me? » mi prese la mano.
Era incredibilmente calda.
Tornammo insieme verso Emanuele che quando ci vide, ci mise un po' a realizzare che fosse tutto tornato come prima.
« Tutto bene? » gli domandai.
« Tutto bene » rispose esaudente.
I ricci per via del caldo umido gli si erano gonfiati facendolo sembrare un cespuglio castano chiaro. Tuttavia sembrò non farci caso. Era impegnato a parlare con Valerio che sembrava essere d'un tratto più sereno.
mMi sono trasferito a casa mia » gli disse.
« A corso Trieste? »
« Sì, mia madre sarà qui tra qualche giorno. »
« Tua madre è un tesoro. »
« Viaggia spesso? » mi intromisi.
« Troppo spesso. Te l'avevo detto. Non ricordi? » si fermò « È una stilista, strano che tu non lo sappia » la sua iride si espanse.
« Non ne avevo idea » strinsi le spalle.
« Che cosa abbiamo in progetto di fare? » Emanuele cambiò discorso.
« Non so, facciamo un giro e poi a casa. »rispose Valerio.
Io annuii e camminai  accanto a loro. Emanuele si era messo da parte. Ci aveva lasciato lo spazio che non gli avevo richiesto e ad essere sincero mi piacque.
« Senti Nic » mi disse Valerio « Stasera sono da solo a casa e un po' mi scoccia. Ti andrebbe di venire da me per dormire? »
Lo guardai incredulo e poi volsi uno sguardo ad Emanuele che fece spallucce. E non sapevo se fosse la cosa migliore da fare visti i nostri trascorsi. Mi parve avventato.
« D-dovrei chiedere » risposi balbettando.
« Mi farebbe piacere. »
Dormire con lui? Dopo tutto quello che era successo? Imbarazzante. Chiamai mia madre e le spiegai tutto. Domandai se per lei, vista la situazione, non fosse un problema e  mi rispose che mi avrebbe fatto bene staccare un po' da quel contesto.
« Allora? Ci sei? » domandò.
« Ci sono, ma c'è un piccolo problema. »
« Sarebbe? »
« Non ho i vestiti e lo spazzolino. ».
« Per i vestiti possiamo porre rimedio » ridacchiò « Ti presto i miei, ti entreranno di certo. »
« Te vuoi cenare con noi? Ti  chiederei di dormire ma non credo di avere spazio » si volse ad Emanuele.
« Non posso, è il compleanno di mia nonna Laura. »
Annuì.

SO BADARE A ME STESSODove le storie prendono vita. Scoprilo ora