ABALIENO ALIQUEM AD ALIQUA RE.

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Niccolo's pov.

Era così rilassato che mi rendeva calmo soltanto osservarlo. Mi piaceva sapere che fosse con me. Credevo che sarei stato per sempre al sicuro con lui accanto. I suoi lineamenti erano sereni mentre guardava le scale dal basso verso l'alto. Aveva un braccio dietro la testa e con la mia guancia attaccata al suo petto. Potevo percepirne il battito ed il suo tipico odore di albicocca ancheggiare sospeso nell'aria. I bicipiti formavano una leggera curva. Il suo corpo non pensavo mai fosse imperfetto è più lo guardavo, più immaginavo di percorrerci sopra sentirei ancora nuovi. Avrei voluto essere più indifferente, più disinteressato ed avrei dovuto parlare a me stesso con più rispetto. Trattare il mio corpo nel modo in cui meritava di essere trattato. E mi sento così tanto succube del peso che continuo a portarmi addosso che sono convinto che sia quasi colpa mia. Mentre il sole oltrepassava le finestre di casa di Valerio io pensavo a quanto sarebbe stato bello mollare tutto e partire insieme a lui. Avevo bisogno di poche cose a quel tempo ed ero così superficiale che da vero idiota quale ero, ho abbassato la guardia. Noi adolescenti siamo così incoerenti che amiamo credere che gli opposti si attraggano, quando poi affermiamo invece che solo chi ha qualcosa in comune da condividere con noi può rubarci il cuore. Siamo così acerbi da permettere a qualcuno di calpestarci per amore.  Io l'ho calpestato Valerio. Non sono una persona migliore come predico di essere. Non sono il Niccolò del liceo linguistico quanto piuttosto un impudente ragazzo apatico che cerca di sorreggere un peso che sa già non essere in grado di sostenere.
« Dovremmo farlo più spesso » sorrise.
« Concordo con te » sbadigliai mentre lo stomaco mi brontolò per la fame. Non aveva neppure iniziato a cucinarli quegli spaghetti tanto promessi.
« Sei d'accordo che se ti lasci andare più spesso, anche tu apprezzi quelle cose sconosciute? »
« Il sesso non mi è poi tanto sconosciuto » gli sfiorai con l'indice la cavità dello sterno e tracciai la sottile linea sporgente che marcava il suo petto.
« Quello che so è che hai fame » si eresse in avanti e la mia mano  scivolò verso il basso addome.
« Stai per preparare quegli spaghetti? »
« Puoi contarci amore mio! »
« Vuoi cucinarli nudo? »
« Pourquoi-pas? »
« Copriti, scostumato » mi alzai e gli passai i boxer.
« Dovresti coprirti anche tu » mi diede una pacca sul sedere. Poi mi spostai verso il divano, afferrai i miei ed anche la felpa che era a terra. Mi vestii, diedi una sistemata alla landa desolata di cuscini sul divano e mi spostai ad osservarlo alle prese con la pasta.
« È un impulso che non puoi reprimere » affermò girando con una paletta di legno la salsa profumata.
« Che intendi? » mi grattai la nuca.
« Sono tutto tuo, non vado da nessuna parte » mi guardò e si strinse il grembiule dal collo al bacino coperto delle mutande.

Quel pomeriggio riuscimmo a mangiare ed avevo scoperto un'altra qualità di lui. Sapeva cucinare veramente bene. Ci si era impegnato così tanto per farli a regola d'arte! Durante il tempo che ci rimaneva prima che il luna park aprisse i battenti, sistemammo casa sua che era a soqquadro e ridemmo come due matti quando inciampai sulla tovaglia da tavola che stavo portando nello sgabuzzino. Lui si impegnava come se fosse una questione di vita o di morte a grattare via, con il lato rigido della spugnetta, le incrostazioni di sugo dalla padella. Grattava così energicamente che i suoi boccoli dorati ondeggiavano avanti ed indietro lungo la sua testa. Alcuni erano così lunghi che si erano sciolti lungo i lati della fronte, ma non gli davano fastidio. Ero uno dei pochi, se non l'unico, ad avere il privilegio di scombinarglieli. Mi sembra essere passato un secolo. Mi sembra che il mondo abbia corso così tanto da non riuscire più a raggiungerlo. Non è vero che la vita è una stazione, perché se perdi un treno questo non ritorna e la destinazione diventa sempre più lontana. Non è vero quello che si sente dire nelle canzoni. Nulla è perfetto e nulla è per sempre.
« Non ti facevo un tipo da montagne russe. »
« Fondamentalmente non lo sono » mi voltai.
« Quindi oggi niente adrenalina?" »
« Puoi scommetterci. Voglio provarci. »
« Cosa vuoi provare? »
« Voglio provare quella sensazione di essere in cima al mondo per qualche secondo e poi di colpo giù. Non che io non l'abbia già sperimentato nella vita di tutti i giorni, ma credo che così possa essere quasi sicuramente piacevole » spostai lo sguardo.
« Ti senti ancora così? »
« In alto e di colpo in basso? No. »
« Come mai? » domandò.
« Penso che sia merito tuo » sorrisi e poggiai la mia testa sulla sua spalla larga.
« In questo caso, sono lusingato. » Non vedevo i suoi occhi arrabbiati da un sacco di tempo. Era stranamente sempre felice. Aveva dimenticato gli scheletri nell'armadio o aveva preferito fare finta che non fossero mai esistiti, immagino. Ero veramente preso da lui, dal suo odore, dal suo timbro di voce che era musica per le mie orecchie. Avevo preferito non dirgli che la ruota panoramica mi terrorizzava perché ero più che determinato a farmici un giro sopra insieme a lui. Sarebbe stato romantico.
« Mi dispiace per oggi » lo guardai.
« Sta' tranquillo » sorrise dolcemente formando una piccola curvatura sul suo volto. Non gli importava davvero che mi stessi scusando. Per lui era già tutto risolto. La sua mano toccò la mia ed una serie di brividi, come se un paio di cubetti di ghiaccio mi scivolassero lungo la colonna vertebrale, mi invasero ogni centimetro di pelle sotto alla felpa. Sentivo i bozzoli che avevo nello stomaco schiudersi per dare vita a delle bellissime farfalle.
« Questo pomeriggio ci servirà » affermai. Lui per rafforzare la mia affermazione incerta annuì e sorrise per poi darmi un bacio veloce sulla guancia. Dopodiché mi sistemò il colletto della felpa affinché fosse diritto ed il cappuccio.
« Saresti un buon padre. »
« Padre? Io? » Ed io annuii. Con la punta del suo naso sfiorò il mio e poi sorrise. « È quasi l'ora, tra poco andiamo al luna park » si ricompose leccandomi con la punta della lingua le labbra.
« Dove stai andando? » gli chiesi deluso.
« Vado a cambiarmi, è ovvio » fece spallucce.
Mi alzai e lo seguii mentre lui cercò il più possibile di fingersi disinteressato alle mie provocazioni. Girovagava per la sua stanza danzando da un armadio ad un altro in cerca dei vestiti più adatti e quando li trovò, si spostò davanti allo specchio.
« Dobbiamo solo andare al luna park. » Si voltò a guardarmi, scorse un secondo di silenzio e poi cominciammo a ridere così rumorosamente che probabilmente i vicini ci avranno sentiti.
« Che ne dici? Vuoi guardarmi mentre mi spoglio? »
« Non sarebbe la prima volta. »
« Perciò sei un pervertito » disse iniziando a sfilarsi la felpa pian piano mostrandosi di spalle.
« Cosa c'è? Non vuoi più che ti guardi? »
« È nella mia natura essere narcisista » si fermò voltandosi ed iniziando a sfiorare i suoi boxer. Con delicatezza poi li abbassò e dopodiché me li lanciò addosso.
« Vedi? Non ti temo » disse avvicinandosi. Li spostai con il piede e mi incamminai verso di lui fino a quando non gli stavo praticamente di fronte. Era impossibile pensare di stargli lontano. Come se fosse una calamita per me e stavo attratto tra lui e qualcosa di brutto. La cosa divertente è che neanche me ne stavo rendendo conto.
« Guarda, hai un po' di salsa sul bordo del labbro. » Mi guardò ed arrossì. Era imbarazzante per lui « Nemmeno Narciso è perfetto. » Reclinai la testa di lato e con un bacio umido gliela tolsi da lì. Sembra stupido ma era l'unico passo azzardato che avevo fatto in quei mesi.
« Dovrei sporcarmi più spesso. » Mi afferrò per i fianchi avvicinandomi a lui. Era più alto di me e quando gli stavo vicino sembrava raddoppiare. Sembrava che stessi accanto ad un grattacielo, ma in un certo senso piuttosto che sentirmi mancare per le vertigini, mi sentivo protetto come tra le braccia di mia madre.

SO BADARE A ME STESSODove le storie prendono vita. Scoprilo ora