PUNCTUM FRACTIONIS.

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Niccolò's pov.

Nonostante fossi parecchio arrabbiato con lui, solo sapere che mi guardasse con il suo sguardo misto alla rabbia e alla tristezza mi faceva sentire stranamente in colpa. Ma la verità è che quelle parole mi accesero nel petto quasi una sorta di rancore che più passava il tempo e più aumentava.
« Nic » disse Emanuele « Secondo me dovreste parlare. L'ultima volta il silenzio non vi ha portati da nessuna parte. »
« Ed adesso le parole ci hanno portato a questo. »
Valerio nel frattempo si era fermato a fumare una sigaretta a qualche metro di distanza da noi. Era nervoso, come la sera del bacio.
« Dico sul serio. Non voleva dire quello che ha detto »
« E tu come puoi saperlo? Non sai nemmeno di cosa stessimo parlando. »
Mi spinse e Valerio mi guardò con un lieve bagliore che gli guizzò negli occhi.
« Perché mi guardi così? »
« Perché questo è il mio sguardo! » serrò i denti « Credi davvero che tu per me sia soltanto una prova? »
« È quello che hai detto poco fa! »
« Ma erano soltanto parole, parole stupide. »
Lo guardai fisso negli occhi e lui si avvicinò piano. Parve provasse timore. Ma si avvicinò comunque ed io indietreggiai. Pensai che volesse mollarmi un pugno. Ma poco tempo i miei piedi non furono più a terra perché mi aveva caricato sulle spalle.
« Mettimi giù. »
Se Valerio avesse voluto farmi del male, avrebbe potuto farlo tranquillamente e in maniera indisturbata. Non sembrò darmi ascolto. E continuò con nonchalance a camminare nella direzione opposta alla mia mentre io barcollavo sulla sua schiena.
« Valerio, ti ho detto di mettermi giù! »
Oltrepassammo Emanuele. Non avevo idea di dove mi stesse portando perché stava praticamente mirando dritto. Provai a divincolarmi ma fu inutile vista la stretta delle sue braccia sulle mie gambe che era molto forte. Era imbarazzante stare appeso a penzoloni. Sbuffai e cercai di spostare il ciuffo che tracotante mi aveva coperto la fronte e gli occhi impedendomi di vedere bene.
« Dove stiamo andando almeno? » domandai.
« Dai miei amici. »
« Non azzardarti a farmi questo! »
« Ti avevo detto di non mettermi alla prova. »
Aprì le braccia e scivolai a terra. Lo guardai con aria infastidita e lui sorrise compiaciuto. Quando tentai di allontanarmi, mi tirò a se stringendomi per i polsi.
« Facciamo pace? »
« Non lo so. »
« Quindi non mi perdoni? »
« Ho altra scelta? »
Ricordo che avessi il timore di essere per lui soltanto un modo diverso di trascorrere il tempo. Per quanto poco eravamo stati insieme, io ci tenevo a Valerio. Non volevo che finisse.

« Di che parlate? » si avvicinò a me e ad Emanuele. Era tornato sorridente.
« Di Londra. » risposi.
« Quasi mi dispiace che tu parta. »
« Starò via per poco. »
« Non importa. Mi mancherai. »
« E perché mai? »
« Perché io e te siamo quasi più che amici. E mi sto affezionando, sai? »
Emanuele alzò entrambe le sopracciglia verso di me come se fossi l'unico a non aver capito le parole di Valerio. Ero confuso.
« Che c'è? » domandò.
« Siamo quasi più che amici? »
Lui annuì.
« Pensavo. » ma rimasi in silenzio.
Mi guardò serio e tacque anche lui.
« A cosa pensavi? »
« Pensavo che fossimo una coppia. »
« Sono passate poco meno di due settimane. »
« E? »
« Non è presto per dirlo? »
« Non dopo ciò che c'è stato. »
« Forse corriamo troppo. »
Si limitò ad abbassare lo sguardo.
« Dovremmo andare più lentamente? »
Mi guardò come se avesse avuto voglia di dirlo lui per primo.
« Già. » sospirò « Niccolò. »
Puntai i miei occhi sui suoi.
« Non abbiamo mai ufficializzato nulla. »
« Non credevo fosse necessario. Dopo tutto ciò che abbiamo passato insieme. »
Lui mi guardò e serrò la mascella.
« È proprio questo il punto » ringhiò « Non abbiamo deciso un bel niente. Non abbiamo deciso di essere una coppia. Non abbiamo deciso chi siamo l'uno per l'altro! »
Poi si voltò verso Emanuele e non disse nulla, ma cercò di avvicinarsi per non so quale scopo ed io lo spinsi via con tutta la forza che avevo in corpo.
« No. Stammi lontano. »

Invitai Emanuele a cena da me. Il tempo era volato. Si erano fatte più o meno le sette e mezza ed era necessario che si iniziasse a mettere qualcosa in pentola. Facemmo un piatto di pasta alla carbonara da veri romani e quando ci sedemmo a tavola scherzammo come se nulla fosse successo quel pomeriggio.
« Ed Arturo? È partito per lavoro? » Emanuele domandò di mio padre.
Ci guardammo tra di noi e rimanemmo zitti. Nessuno aveva voglia di parlarne ma allo stesso tempo non potevamo tacere. Ne parliamo dopo, gli dissi.
« È proprio questo il punto! Non abbiamo deciso un bel niente. Non abbiamo deciso di essere una coppia. Non abbiamo deciso chi siamo l'uno per l'altro. » La frase mi devastava ed era tornata prima che Emanuele se ne andasse. Tutto okay, domando. Tutto okay, risposi.
« Notte Nic » mi diede un bacio sulla guancia.
« Notte. »

SO BADARE A ME STESSODove le storie prendono vita. Scoprilo ora