Capitolo 25

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Parcheggio l'auto di Easton proprio fuori quella che per il momento considero la mia casa, non vedendo la macchina dei miei nonni.

«Vieni.» Faccio segno a Easton che siamo arrivati e insieme scendiamo. Ne approfitto per prendere anche la mia valigia, che però lascio all'ingresso appena entro.

Conduco Easton fino al bagno per medicarlo. Fino a ieri avevamo l'alcol disinfettante e dei cerotti, che dovrebbero aiutare a non far infezione alle ferite di Easton.

«Ho del disinfettante.» Gli inizio a dire mentre saliamo le scale. Reprimo l'impulso di stringerlo a me, perché con quella faccia ferita mi fa una gran tenerezza. «Anche del cotone e dei cerotti. Probabilmente anche della garza e-»

«Willow, sto bene, sul serio.» Mi interrompe, cercando di fare un sorriso che assomiglia più a una smorfia.

Annuisco, ma mentalmente continuo a elencare tutte le medicine che abbiamo e che gli possono servire. Non ho mai assistito a una rissa, né medicato un ragazzo ferito. Dio, a Boston nessuno ha mai fatto a botte per me!

Con un po' di timore, appena arrivati al primo piano, gli prendo il polso e lo conduco fino al bagno. Mi dondolo sui talloni prima di parlare. «Qui è il bagno. Ti conviene prima sciacquarti la faccia e poi mi chiami e ti medico.»

«Willow-» Sta per obiettare, lo noto dalla fronte corrucciata e il tono di rimprovero.

«Easton.» Ribatto con la stessa voce dura, inarcando pure un sopracciglio.

Si arrende con un sorriso e entra nel bagno, mentre io aspetto fuori. Passano cinque minuti abbondanti prima di vedere la porta riaprisi.

Easton ha un aspetto decisamente migliore: il sangue secco non c'è più, solo quello che esce ancora dalle ferite, però adesso sono molto più evidenti i lividi e l'occhio gonfio e viola.

Senza dire niente, lo sorpasso e mi alzo sulle punte per aprire lo sportello delle medicine e prendere ciò che mi serve. Lo sguardo di Easton mi segue ad ogni movimento, lo so perché sento la pelle bruciare, come se stessi vicino al fuoco.

Mi schiarisco la voce e prendo l'alcol disinfettante, l'ovatta, i cerotti e una garza, nel caso si sia ferito anche dietro la testa. Fischietto una melodia per spezzare il silenzio, che trovo imbarazzante.

Voglio dire, il ragazzo che mi piace ha fatto a rissa per me e adesso siamo nel mio bagno, mentre mi guarda perché lo devo medicare. Come dovrei reagire?

«Siediti lì, sullo sgabello.» La nonna ha uno sgabello bianco davanti lo specchio, dove si trucca. A me non piace, quindi non l'ho mai trovata una cosa utile -truccarsi, intendo-, ma oggi questo sgabello serve a qualcosa.

Easton obbedisce, senza fiatare. Sono sorpresa anche io dal mio tono autoritario, ma al tempo stesso dolce. Non so proprio cosa mi sta prendendo.

Prendo un po' di ovatta e la intingo nell'alcol, poi mi avvicino a Easton, mordendomi il labbro. Gli farà male. Tanto, tanto male. «Brucerà un pochino.»

Easton inarca un sopracciglio. Evidentemente non è la prima volta. «Un pochino?»

«Un pochino tanto.» Alzo gli occhi al cielo, trattenendo una risata nervosa. Easton si mette più composto e fa segno di procedere.

Quando poggio l'ovatta sul suo viso fa una smorfia di dolore. Smetto subito di tamponargli il viso. «Scusa.»

«Non è colpa tua, ma di questo stupido alcol.» Easton mette una specie di broncio, ma deve smettere subito per il labbro spaccato.

Mi scappa una risata. «In realtà è colpa di Henry.»

Lui fa segno di sì e per il resto del tempo non spicciamo più una parola. Io gli disinfetto prima la ferita sulla fronte, poi il labbro e lo zigomo e metto una crema anti lividi. Cerco qualcosa tra le medicine per le botte vicino agli occhi e non smetto di cercare finché non la trovo.

Conosco mia nonna e so che in casa abbiamo mezza farmacia. È tanto vipera quanto ansiosa. Mi ricordo che quando ero piccola e i nonni mi venivano a trovare a Boston io amavo il pattinaggio. Vivevo con i pattini e mi reputavo brava, così quando venivano li trascinavo sempre per strada a vedermi pattinare. Mentre mamma e papà mi lasciavano in libertà, la nonna mi costringeva a mettere gomitiere, polsiere, ginocchiere e andava in giro con un kit di pronto soccorso.

Sono caduta davanti a loro una sola volta e mi hanno portato all'ospedale per un ginocchio sbucciato. La nonna era convinta che mi dovessero amputare la gamba.

Mentre ricordo i tempi in cui ero bambina, mi sento sempre più a disagio. Non so di che cosa parlare con Easton. Di scuola? Della rissa? Dovrei dirgli che nonostante l'occhio viola e il naso insanguinato è il ragazzo più bello che abbia mai conosciuto? No, di certo non quest'ultima frase.

Infondo gli piace un'altra ragazza, e nonostante mi piaccia da morire vorrei conservare la nostra amicizia.

L'imbarazzo mi ha sempre portato a fare cose stupide. Ne è la dimostrazione la parlantina che mi è venuta sulle scale. Chi, oltre me, inizierebbe ad elencare tutte le medicine che ha in casa?

E le parole mi sfuggono di bocca prima che me ne possa rendere conto. «Non mi sembravi un ragazzo da rissa.»

«Perché, ci sono ragazzi da rissa e ragazzi da non rissa?»

«Beh... si?» Mi esce come una domanda, che lo fa sorridere.

Lentamente mi accarezza una guancia. «Willow, nessuno è un ragazzo da rissa. Semplicemente alcune volte si incontra una persona per cui vale la pena farsi dare un pugno sul naso.»

«Mi sento male al pensiero che io sia la causa per cui tu hai fatto a botte, Easton.»

«Io no.» Adesso la sua mano è più giù e traccia il contorno delle mie labbra. «Per te lo farei mille volte ancora.»

Voglio baciarlo. È l'unica cosa che desidero, in questo momento. Così mi avvicino un po' e lo fa anche Easton.

Le nostre labbra si stanno per toccare. Chiudo gli occhi per godermi meglio il momento è poi... poi sento la voce di Vivian. «Cosa ci fa un ragazzo nel nostro bagno?»

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-sil 💗

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