Capitolo 1

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So cosa vi starete chiedendo.
Come ci sei finita a quattro ore di aereo lontana da casa, con tua sorella minore che piagnucola che le manca la mamma?

É una bella domanda che mi sto ponendo anche io, da quando mia madre mi ha detto: «Andrai un po' dai nonni con Vivian.»

La verità è che mamma e papà stanno attraversando un momento difficile, hanno rischiato di divorziare più volte, ed hanno pensato che ritornare ad essere solo loro due per un po' in casa avrebbe fatto bene.
Io non sono molto d'accordo.

Io e Vivian non disturbiamo molto. Io esco, o meglio, uscivo, con i miei amici e Vivian ha sei anni. Si mette a giocare in camera sua tutto il pomeriggio, non pretende mai di avere un po' di compagnia.

Ed è così che sono finita in un taxi a Portland, diretta verso casa dei genitori di mio padre.
Sei ore di aereo per arrivare a casa non sono nulla, no?

È così che mi ha rincuorato mio padre quando ho iniziato a piangere e gridare, dicendo che non volevo andarmene. Ha semplicemente detto: «Sei ore di aereo e sei di nuovo qui. Ci sono traslochi peggiori.»

Non vedo i nonni da circa tre anni, Vivian non si ricorda neanche di loro. Immagino che per loro venire fino a Boston sia un grande sforzo, quasi quanto lo è per me essere qui.

Il tassista ci annuncia dopo qualche minuto che siamo arrivate.
La casa è sempre uguale.

È a due piani ma modesta, in legno, gli alberi del cortile di dietro spuntano oltre il tetto.
Mi chiedo quale sarà la mia camera e quale sarà quella di Vivian.

Pago e saluto il tassista, che mi sorride amichevolmente quando gli lascio la mancia. Prendo Vivian per mano e le nostre valigie -anche se con un po' di difficoltà- con l'altra.

Mio nonno non poteva venire a prenderci perché la macchina è dal meccanico, così mi sono arrangiata da sola.

«Vivian, per l'amor del cielo smettila di piangere.» Stringo un po' più forte la mano di mia sorella mentre bussiamo al campanello.

Appena vedrò mamma e papà gli ucciderò con le mie stesse mani. Come hanno pensato che potessi gestire in aereo una bambina di sei anni, quando io a stento ne ho diciassette?

«Willow!» Mia nonna apre la porta e non ho neanche il tempo di salutarla, che mi ritrovo tra le sue braccia.

È sempre la stessa. Ha sempre i capelli grigi e raccolti in una crocchia, i vestiti color pastello, di bassa statura e magra. Le righe sono aumentate, ma dimostra ancora meno anni di quanti ne ha in realtà.

«Ciao nonna.» Cerco di sorridere, ma non ci riesco. Tutto quello che voglio è andare a casa, stare con le mie amiche e Cole.

Cole... ci mancava così poco che ci mettessimo insieme. Siamo usciti per due settimane e, la sera in cui mi ha detto che provava qualcosa per me, è stata la stessa sera di quando mamma mi ha detto che mi sarei trasferita qui.

«Sei cresciuta tantissimo.» Mi sorride dolcemente, poi porta lo sguardo sulla mia sorellina. «Vivian, bambina mia. Quanto ti sei fatta bella!»

Mia sorella le sorride e l'abbraccia, gli occhi ancora rossi dal pianto.

«Il nonno?» Conoscendolo sarebbe dovuto già essere qui. Mi ricordo che quando ero piccola mi portava sempre a pesca con lui, quando andava.

«Stavo facendo i biscotti e non avevo l'olio giusto, così l'ho spedito al supermercato.» Mia nonna ride. La sua voce è molto simile a quella di mia zia, fa quasi impressione.
«Adesso venite, vi mostro la camera.»

Cerco di ingoiare insieme alla saliva il brutto presentimento che mi si presenta quando dice la camera, e trascino le valigie fin dentro casa.

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